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settembre/2005 - Articoli e Inchieste
Mafia cinese
L'Europa terreno fertile
di Ugo Rodorigo

La Triade del Sol Levante,
originariamente a carattere xenofobo,
si è ramificata in varie attività illegali,
ed è sbarcata ormai nel nostro Continente
grazie anche ai supporti della criminalità
dell’Est. In Italia sono accertate
le connessioni con le organizzazioni locali,
in particolare con la Camorra


“Dragone cinese”. Con questo nome, che evoca fantasie di romanzieri, viene denominata impropriamente l’organizzazione criminale cinese che ormai si espende in quasi tutti il mondo, Italia compresa.
Infatti, gli ultimi rapporti della Dia, del Ros dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e di varie questure parlano chiaro: la mafia cinese è ormai nel nostro Paese una realtà radicata, ben collegata, dedita soprattutto al traffico di clandestini, della droga e alla “protezione”, duttile, spietata e pericolosa, che opera nelle comunità cinesi ma ha cominciato - questo preoccupa gli inquirenti - a collaborare con la malavita organizzata di casa nostra. Anche nel ruolo subalterno di esattori per conto della camorra campana, ruolo che le gang cinesi riescono a interpretare in modo convincente. Già vent’anni fa Giovanni Falcone e Paolo Borsellino documentarono, sulla via della droga, il legame Thailandia-Roma-Palermo, gestito per la mafia italiana da Rosario Riccobono e per quella cinese dal boss Chung Chi Fu.
Negli Stati Uniti, dove vivono almeno quattro milioni di cinesi (come scrive Mario Margiocco sul “Sole 24 ore”), sono circa 15 anni che l’Immigration and naturalization servie e il Fbi seguono con attenzione la mafia cinese, considerata di gran lunga la più pericolosa fra le varie organizzazioni malavitose asiatiche, “al primo posto per casi, complessità degli stessi e impatto sulla società americana”, dice un rapporto preparato da Ning-Ning Mahlmann del Fbi. Secondo il più accreditato esperto americano sulla malavita cinese, si tratta di una criminalità radicata (l’immigrazione cinese è vecchia negli Usa di 120 anni), ma con relativamente pochi legami con la politica locale, con forti legami con la Cina soprattutto, data la pressione migratoria che continua a crescere e che ha portato ormai, in meno di 10 anni, la “tariffa” chiesta dalle varie gang mafiose per far entrare i clandestini negli Usa a 60mila dollari.
“In alcune province cinesi una famiglia che non ha nessuno negli Stati Uniti e non riceve dollari è in disgrazia, senza futuro, e semplicemente non esiste”, dice Chin, autore di una ricerca che sulla scorta di oltre 300 interviste ha ricostruito questo contemporaneo viaggio della speranza assai ppiù duro e terribile di quelli della grande emigrazione transatlantica europea di un secolo fa. Per l’Europa la tariffa varia da paese a paese, ma in genere le gang che portano alcune migliaia di cinesi ogni mese nell’area Ue pretendono assai meno, 20-30mila dollari. Nessuno sa quanti sono i cinesi in Europa, un milione vertamente e due probabilmente, e almeno 100mila in Italia secondo stime della Caritas, “assolutamente riduttive” ha detto il generale Nicolò Pollari, direttore del Sismi, il servizio informazioni militare italiano.
“La leadership delle gang criminali che collaborano nei vari stadi dell’immigrazione clandestina è a Pechino - sostiene un criminologo polacco - quella della mafia cinese è una subcultura difficile da penetrare, ci dice questo esperto che ha studiato anche il ruolo dei paesi dell’Est nei persorsi dell’immigrazione clandestina gestita dalla malavita cinese. I membri non hanno fedina penale e possono nascondere le loro vere attività dietro normali occupazioni commerciali”. Lo studioso polacco osserva come l’organizzazione sia suddivisa in cellule che operano in modo autonomo, ciascuna con un compito preciso, ad esempio il passaggio di una particolare frontiera per i clandestini, gestiti poi da altri. I documenti falsi utilizzati sono sudcoreani, perché non richiedono il visto. E poi pirateria elettronica, traffico di armi, la prostituzione fino a poro tempo fa strettamente limitata al gruppo etnico cinese, la droga, il traffico di animali e vegetali protetti. C’è la mafia cinese dietro la flotta dei battelli da pesca indonesiani che ogni anno catturano 800mila squali nelle acque australiane, con la pinna di squalo venduta in Cina fino a 600 dollari australiani al chilo.
Già otto anni addietro la Polizia rumena riteneva che fossero presenti in Romania 300 organizzazioni malavitose cinesi, alcune delle quali già “attive” negli ultimi anni del regime comunista, lì come altrove nell’ex area sovietica, “aiutate” a suo tempo dalla corruzione delle Polizie del decadente impero. A Budapest i cinesi erano probabilmente 30mila e si arrivò a una stima di 100mila nella Belgrado di Milosevic, ponte per l’Italia, via Montenegro, Zagabria e Trieste.
I gruppi criminali cinesi sono transnazionali nel senso più letterale del termine. Secondo il francese Roger Faligot, autore di un libro sulla penetrazione della mafia cinese in Europa, fra i vari gruppi della diaspora criminale il più forte in Europa è quello formato da adepti della subcultura teochow: “Organizzati sulla base di stretti legami e con grande lealtà reciproca, tutti i teochow del mondo sono tenuti insieme oggi da un dialetto comune e da una comune origine da sette villaggi nell’area della città di Swatow”, nello Shantou, una delle aree economiche speciali dal 1979 e nell’Ottocento porto franco del traffico occidentale.
Chi ha indagato sulla mafia cinese afferma che non esiste una vera cupola, né in patria né all’estero. Esistono legami con le “triadi”, antiche organizzazioni parapolitiche che hanno a Hong Kong la centrale; ne sono state censite 57, con solo 15 o 20 attive in attività criminali. I businessmen spesso molto noti che guidano le triadi “pulite” sono però snodi di informazioni e contatti e non c’è dubbio che Hong Kong, altre città della diaspora cinese nell’Asia del sud-ovest dove vivono circa 30 milioni di cinesi, Shanghai, Pechino e Taipe, restano al cuore di un sistema malavitoso (le autorità di Pechino enfatizzano il ruolo di Taiwan, ma la corruzione della Cina popolare ha rilanciato molto negli ultimi 10 anni la malavita organizzata) nel quale circolano informazioni, contatti, cointeressenze. Queste ramificazioni si trovano ormai su tutti i continenti perché la malavita organizzata mette radici ovunque esista una consistente comunità cinese.
I gruppi cinesi sono risultati estremamente efficienti nel creare strutture multinazionali informali e flessibili, spesso legate con legittimi interessi d’affari; nello sfruttare abilmente i punti deboli dei vari sistemi di ordine pubblico nei paesi ospiti; e nell’obbligare i membri delle comunità cinesi di vari paesi a collaborare ad esempio nel sostegno agli immigrati illegali.
Dunque, come accennavamo, la minaccia della mafia cinese in Italia è alta. E il direttore del Sismi, Nicolò Pollari, di recente ha dichiarato che la mafia cinese ha “stabilito connessioni con la camorra in Campania svolgendo una sorta di incarico nel controllare il territorio e riscuotere il pizzo per conto dei clan locali”. Si ipotizzano anche accordi con Cosa nostra. Poi ci sono le attività “tradizionali”: commercio di droga, di tabacco e di merci contraffatte, riciclaggio - la Finanza ha scoperto a Milano perfino una banca clandestina - e soprattutto il molto redditizio traffico di immigrati, fino al reato di riduzione in schiavitù. Un recende dossier del Comando generale della Guardia di Finanza sottolinea come “le comunità cinesi in Italia sono sempre più interessate” alla contraffazione, legandola “allo sfruttamento della manodopera, spesso di immigrati connazionali clandestini, al sommerso d’impresa e all’evasione fiscale”.
Ma anche le altre Forze dell’ordine sono molto più impegnate di una volta su questo fronte. Gli uomini sello Sco - il Servizio centrale operativo della Polizia ora inserito della Dac, la Direzione centrale anticrimine, guidata dal prefetto Nicola Cavaliere - con il progetto “Panda” hanno fatto controlli sulle attività commerciali cinesi e negli ultimi due anni hanno sequestrato 66 esercizi commerciali e denunciato 234persone per sfruttamento della manodopera e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La Polizia tiene d’occhio anche i cinesi che frequentano i casinò, per accertare contatti con altri criminali in questi ambienti.
Il Ros dei Carabinieri si è concentrato su immigrazione clandestina e tratta di esseri umani accertando che la criminalità organizzata cinese in Italia è il punto finale di una rete transnazionale con le caratteristiche di una vera e propria holding criminale, in grado di organizzare con la massima efficienza il viaggio dei disperati dalla Cina nel nostro Paese. Gli immigrati provengono soprattutto dalle aree dello Zhejiang e del Fujian, due regioni del sud-est asiatico dove le “teste di eserpente” - gli appartenenti alle strutture malavitose - si presentano come gli unici operatori in grado di aiutare chi vuole raggiungere i parenti in Occidente. Il presso per questo viaggio molto particolare ammonta a circa 10-12mila euro, prevede rotte diverse e finisce spesso con l’interessato che, giunto a destinazione, si ritrova in Italia ridotto in schiavitù perché il prezzo pattuito, nel frattempo, è stato aumentato.
Complicato indagare e soprattutto capire una lingua difficile, tanto che proprio l’ultima operazione è stata possibile anche grazie a un ufficiale dell’Arma di madrelingua cinese e all’opportunità - assolutamente inedita - di parlare con un “pentito” cinese. Tra gli investigatori, insomma, cresce la consapevolezza che oltre Cosa nostra occorre guardare con molta attenzione a questa nuova mafia, pericolosa e in espansione come altre etnie criminali diffuse in Italia: soprattutto albanesi, ma anche rumeni, nigeriani, russi, ucraini. Il carattere di “mafia” è ormai riconosciuto alle organizzazioni cinesi anche dalle pronunce della magistratura. Rimane invece disaccorto, tra gli inquirenti, sui possibili legami in Italia delle triadi, le potentissime lobby para-criminali presenti nella Repubblica popolare cinese.
In realtà i contatti già esistono, secondo il Sismi. Alcuni esperti di intelligence sono scettici e ricordano che l’unico elemento certo è lo scambio di killer cinesi tra Italia e Francia, dove le triadi ci sono di sicuro e prosperano. Ma a proposito di triadi, vediamone un po’ la storia.
Si tratta di società semisegrete sorte tre secoli addietro allo scopo di autodifesa politica, diffuse praticamente ovunque esista una comunità cinese, create sulla base di origini comuni, con famiglie provenienti dagli stessi villaggi. Dunque all’inizio la mafia cinese non era altro che una emanazione del nazionalismo in lotta contro la penetrazione straniera. Oggi invece esiste solo per conquistare potere e denaro.
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Le cifre in Italia

Nello scorso anno i cinesi denunciati in Italia sono stati 4.102; 417 quelli fermati o arrestati; 1.035 quelli rimpatriati. Nei primi mesi del 2005 ne sono stati allontanati 394. Le segnalazioni di cittadini cinesi per il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina sono state 671, seguite da 581 per il reato di ricettazione, 160 per contrabbando. Effettuati 22 arresti per omicidio colontario.
Secondo i dati del Comando generale della Guardia di Finanza, nel 2004 sono stati rilevati tra le imprese cinesi quasi 9 milioni di euro di redditi non dichiarati e più di 7 milioni in deduzioni che non potevano essere effettuate, oltre a circa tre milioni di Iva dovuta. Già nel 2005, inoltre, le Fiamme Gialle hanno rilevato più di 4 milioni di Iva dovuta - tra verifiche generali e parziali - e redditinon dichiarati che già superano i 13 milioni di reddito.
Da tenere presente che nel nostro Paese, nell’anno 1982, i cinesi erano poco più di duemila. A dieci anni di distanza (siamo nel 1992) erano oltre ventimila. Oggi (i dati si riferisono ad un anno fa) i cittadini cinesi, regolarmente soggiornanti in Italia, sono circa centomila. Molto difficile stimare invece la presenza dei cinesi clandestini: secondo il Sismi i numeri ufficiali sono “assolutamente riduttivi”, rispetto a una realtà definita “fuori controllo”.
Le vie seguite per giungere in Italia sono diverse. C’è per esempio l’asse Pechino-Mosca-Amman-Istambul-Atene o Patrasso verso Ancona, Roma e Napoli. Ma anche Malta, attraverso una rotta da sud, è diventata punto di smistamento per entrare nel nostro Paese.
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La “Triade”

Il nome Triade (che fa riferimento a tre concetti base del pensiero cinese tradizionale, il Cielo, la Terra e l’Uomo) è stato dato in Occidente a una società segreta, fondata in Cina nel secolo XVII con lo scopo di rovesciare la dinastia mancese Qing, e divenuta oggi un’organizzazione criminale, la cosiddetta “mafia cinese”, che ha le sue basi a Hong Kong e nell’isola di Taiwan, ma è diffusa - con ampie ramificazioni, le triadi - anche in Europa e negli Stati Uniti d’America. Le sue attività principali sono il traffico di droga, il gioco d’azzardo e lo sfruttamento della prostituzione.

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Scoperti laboratori clandestini

La Direzione centrale della Polizia criminale e la Direzione investigativa antimafia hanno avviato un progetto operativo in ambito nazionale, con attività di monitoraggio preventivo di attività imprenditoriali, per il contrasto alla criminalità organizzata di matrice cinese, dedita al traffico di clandestini da impiegare come manodopera illegale in opifici, laboratori tessili, di pelletteria, di oggettistica ed in altre attività commerciali riconducibili a cittadini cinopopolari.
L’iniziativa si propone l’obiettivo di individuare le infiltrazioni della criminalità organizzata cinese nel tessuto economico nazionale, colpendo proprio quelle atticità illecite che rappresentano una primaria fonte di guadagno per la struttura delinquenziale, attraverso lo sfruttamento “in nero” di migranti illegali, costretti a lavorare in condizioni precarie. L’attività preliminare ha consentito di selezionare circa 100 siti, ubicati in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sardegna e Campania, ove le organizzazioni criminali cinesi potrebbero impiegare manodopera clandestina.
Il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e la Direzione investigativa antimafia lo scorso anno avviarono la fase conclusiva dell’operazione, convenzionalmente denominata “Zhong Guo”. L’attività operativa sul territorio fu affidata alle Squadre Mobili ed ai Centri operativi Dia, che agirono in collaborazione con i Reparti Precenzione crimine, con la Polizia Scientifica e con gli Uffici Immigrazione delle questure interessate; i controlli ai siti selezionati furono effettuati d’intesa con le Asl, gli Ispettorati del larovo ed i Comandi della Polizia Municipale.










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