Cosa ci preoccupa
Egregio Direttore,
ho letto su “la Repubblica” del 3 luglio la dichiarazione del Procuratore capo di Genova che indaga sulla Dssa: “... L’indagine della Digos è stata svolta in maniera approfondita e con efficienza. Semmai può essere un sintomo di malessere che ci porta ad aumentare l’attenzione nei controlli anche all’interno delle Forze di polizia, che pure hanno gli anticorpi per eliminare queste deviazioni”.
Sempre su quel quotidiano, alla pagina a fianco, in un editoriale che traccia un’epoca tutta italiana di eversione, depistaggi e golpe, si legge: “... Ma è anche vero che proprio il rito a volte impazzisce, scappa di mano alla routine furbastra dei suoi stregoni, è saturo di imbrogli, depistaggi e megalomanie, invoca il sangue: vedi le uccisioni della Uno bianca, che dopo tutto era una banda con poliziotti in servizio”. Mi manca ancora una parte per le riflessioni che intendo fare e che ho trovato sul “Corriere della Sera” dello stesso giorno, sempre in relazione all’indagine sulla Dssa, ovvero una dichiarazione in cui l’avvocato e parlamentare Taormina avrebbe detto: “... Non desta meraviglia che la magistratura, che ha incriminato la Polizia per aver affrontato l’orda dei black-bloc, oggi inquisisca o arresti chi dovrebbe essere ringraziato...”.
Tre distinti passaggi, un unico inquietante tema: perché operatori di Polizia sentono il bisogno di aderire ad organizzazioni quali la Dssa, per quale motivo arrivano al punto di formare una banda così famigerata come quella bolognese e, ancora, perché devono creare false prove per irrompere in una scuola durante un G8?
Lascio ad altri le considerazioni di natura politica che la situazione sicuramente impone sulla vicenda appena aperta, per soffermarmi su un unico aspetto: vogliamo veramente affrontare senza reticenze e con onestà intellettuale il problema che vede operatori di una istituzione altamente professionale e di così delicate funzioni quale la Polizia di Stato, coinvolti in azioni illegali di vario genere e livello? Non è possibile prevenire questo? Come si può fare affinché ciò non abbia a ripetersi? E ancora, perché è accaduto? Domande forse non facili alle cui risposte, si è mai seriamente lavorato?
Non sarà che, in qualche caso, dei responsabili hanno colpevolmente oppure dolosamente mancato nei doveri propri di controllo e di vigilanza a garanzia dei diritti dei cittadini? O è piuttosto possibile che si sia trattato di singoli casi o di situazioni scappate di mano, per la loro assoluta imprevedibilità? Vi convince? Per convincere la società civile sarebbe necessaria la presenza di una classe dirigente avvertita come in grado di garantire un serio controllo interno in grado di assicurare il non verificarsi di simili deviazioni istituzionali; una classe dirigente misurata e valutata su obiettivi e dinamiche chiare e concrete alle quali condizionare l’accesso alle qualifiche superiori. Ma veramente possiamo pensare di disporre oggi di una simile dimensione strutturale e organizzativa? Secondo voi cosa ci deve preoccupare?
Grazie e cordiali saluti.
Daniele Tissone del Silp-Cgil - Savona
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Gli assistenti sociali
Gentile Direttore,
la legge 121/81 aveva previsto la figura professionale dell’assistente sociale; attualmente però figurano solo due assistenti sociali che espletano servizio presso il Centro psicotecnico. La legge citata prevede, peraltro, che l’organico sia di 28 unità. Il concorso in argomento è atteso da anni, in particolare dai colleghi laureati in Psicologia. Attraverso il vostro giornale abbiamo appreso che il Comitato dei poliziotti laureati, ha preso diverse iniziative a favore dei poliziotti laureati, ma ha dimenticato i laureati in Psicologia e Biologia. I sindacati di Polizia per la verità hanno fatto qualcosa, ma troppo poco, per questa categoria di personale che, come ha pubblicato “Polizia Moderna”, dal 1986 rappresenta una percentuale molto elevata, come confermano le statistiche (si veda l’ultimo concorso per vice ispettore, dove risultano laureati oltre i due terzi dei partecipanti).
L’augurio è che con il tempo l’Amministrazione sappia valorizzare meglio il personale laureato, di modo che i laureati in Lingue potranno essere impiegati sempre di più nelle organizzazioni internazionali, i laureati in Economia e commercio nelle Squadre Mobili per l’attività di indagini patrimoniali verso quei soggetti collusi con la mafia. I laureati in Psicologia con appositi corsi organizzati dall’Amministrazione potrebbero essere utilizzati nelle Squadre Mobili e comunque nell’attività investigativa. I colleghi interessati potranno far sentire la loro voce scrivendo su “Polizia e Democrazia” o chiamare ai numeri 339 1931931 - 320 7643855.
Cordiali saluti
Massimo Rossi - Teramo
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L’altra Gladio
Egregio Direttore,
sono passati oltre 5 anni da quando ho denunciato a tutte le autorità l’esistenza di un’altra Staybehind (Gladio) che operava armata all’estero (la Sbym - Stav Behind Marina), organizzazione che era sfuggita alla conoscenza del governo e alle indagini della magistratura (Mastelloni e Casson). Ai gladiatori di questa organizzazione sono state mosse accuse di falsità che ora risultano archiviate dalla magistratura, anzi Arconte è stato considerato parte offesa.
E’ stato perfino accusato di avere falsamente affermato di possedere dei diplomi di abilitazione che egli ora invece può esibire a dimostrare la falsità delle accuse mossegli. Dunque esisteva un’altra componente di Gladio che operava “dietro i confini” (Stay Behind - stare dietro i confini) all’estero. La riconquistata credibilità delle affermazioni dei gladiatori Arconte e Cangedda dopo l’archiviazione da parte della magistratura delle accuse, ora ripropongono la questione del preavviso a via Fani e, quindi, il fatto che probabilmente Moro e la scorta si potevano salvare e ripropone altresì la segnalazione di “Gradoli Strasse” fatta da Cangedda e non ascoltata, mentre si dette retta al tavolo a tre gambe di Bologna che deviò le indagini sul paese di Gradoli.
Il Presidente del Consiglio, da cui dipendono i Servizi segreti, deve ora svolgere le indagini sulle false accuse mosse ai gladiatori per 5 anni e così deve fare il Copaco che ha il controllo sui Servizi segreti. L’opera di screditamento dei gladiatori, mancante di qualsiasi prova, è riuscita a bloccare per 5 anni la ricerca della verità su fatti di eccezionale gravità per la nostra Repubblica, così come è l’esistenza di una componente di Stay Behind Sb/M non resa nota in Parlamento e la questione del mancato preavviso a via Fani, mentre una componente istituzionale era già allertata dal 2 marzo e aveva inviato un emissario a Beirut per fare intervenire il colonnello Giovannone.
Cordiali saluti
Falco Accame - Roma
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