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Luglio-Agosto/2005 - Laboratorio
Dialogo della scorsa estate
di Massimiliano Valdannini - Segr. Prov. Siulp - Roma

Il sindacato a seconda delle necessità assume, diverse connotazioni. A volte amico ed altre no, a volte è utile e per altrettante deleterio.
A volte assume il ruolo di confessore ma a tratti può risultare ciarliero.
A volte costruttivo ma anche inconcludente. Comunque, in ogni caso, è bene che il sindacato esista, perché laddove non è presente come presidio democratico potrebbero radicarsi palesi violazioni.
Sotto il sol leone siamo abituati a ogni genere di esternazioni, ma mai avremmo creduto ad un dialogo intercorso tra un dirigente ed un “suo” dipendente, e che ci apprestiamo a rendervene partecipi. In questo caso il sindacato ha assunto il ruolo di confessore e contestuale cassa di risonanza per un palese arbitrio e una dimostrata insensibilità di taluni dirigenti, che credono di poter disporre a proprio piacimento della vita e della dignità di un qualunque “suo” dipendente.
Il dialogo avvenuto tra quel dirigente e il “suo” dipendente, ci è stato così raccondato: “Cari colleghi, quella che sto per raccontarvi non è una storia inventata ma vera, profondamente vera e incredibile”.
Domanda del collega: “Mi scusi signor dirigente ma oggi fa particolarmente caldo. Vi è possibilità di rispettare il regolamento della Guardia d’onore e rientrare all’interno dell’androne del palazzo, in modo da non far vedere un poliziotto in alta uniforme (berretto, giacca, cravatta, pantalone e cordigliera varia con sciabola, stivaletti di cuoio) grondante di sudore con evidenti tracce dello stesso sul pantalone?”
Risposta del dirigente: “Per caso lei è un vampiro che al sole si degrada?”
Collega: “Veramente no, ma oggi in particolare c’è un sole davvero forte (32 gradi per dovere di cronaca) che picchia, tanto più che sulla piazza ci sono i sampietrini che fanno da pietra ollare e il marmo bianco alle spalle riflette ancor tremendamente il caldo”.
Dirigente: “Non mi interessa, dovete stare al sole fino a quando lo dico io”.
Collega: “Ma ora non...”
Dirigente: “Non mi interessa!”
Collega: “Ma mi sembra pu po’ disumano se non illegittimo...”
Dirigente: Non mi interessa”.
Collega: “Ma il regolamento...”
Dirigente: “Non mi interessa”.
Collega: “Ma...”
Dirigente: “Non mi interessa! Se voi non avete le capacità di fare il servizio potete andarvene, anzi proporrò di sostituirvi con i Carabinieri”.
Se tutto ciò fosse una gag fantozziana oseremmo dire a questo dirigente “Come è umano Lei!”
Stando all’incredibile racconto, abbiamo creduto immediatamente di avere a che fare con un comandante di fregata britannico dell’800, che a suo insindacabile giudizio poteva condannare chiunque alla pena dell’albero, consistente nel far rimanere per giornate intere sul pennone più alto della nave il malcapitato di turno, ma non con un alto dirigente della Polizia di Stato.
Tutto ciò non è accaduto all’ombra delle piramidi in epoca faraonica, tanto meno sulle navi negriere e neanche a bordo di una fregata ottocentesca di Sua Maestà, ma è avvenuto ai giorni nostri, in uno dei Palazzi più nobili della nostra Repubblica. I poliziotti non sono né schiavi impegnati a costruire piramidi, tanto meno vogatori da tenere alla catena e neanche uomini da condannare alla solina sul pennone più alto del Palazzo.
I poliziotti sono esseri umani nonché lavoratori con diritti e doveri da assolvere e a cui rispondere, ed in base a tutto ciò devono essere trattati e considerati. Siamo fermi sostenitori che nella Repubblica italiana siano ancora validi i dettami della nostra Carta Costituzionale enunciati nei Principi fondamentali e nella successiva Parte Prima titolo I, II e III.
Ognuno deve adempiere al proprio mandato secondo regolamenti, diritti, doveri, coscienza e responsabilità. Questo Palazzo non gode certo di extraterritorialità rispetto a tutto ciò.
Forse per molti all’interno della nostra Amministrazione il 1981 è considerato un anno come tanti altri. Sarebbe invece auspicabile fare un ripasso su cosa accadde in quel lontano 1° aprile del 1981 nel nostro Parlamento. Ma ancor prima della legge 121/81 siamo qui per ricordare, che anche l’Italia è tra le nazioni che hanno sottoscritto la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, proclamata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Quindi in Italia non siamo proprio all’anno zero, come molti vorrebbero che invece fosse.
La scelta di aver lanciato la minaccia di sostituire il personale della Compagnia d’Onore con gli omologhi dell’Arma dei Carabinieri credendo, forse, di far scattare antiche e nuove rivalità è sicuramente caduta nel vuoto. La provocazione non è stata minimamente raccolta o presa in considerazione, benché l’ipotesi di un avvicendamento nei servizi non scatenerebbe di certo un dramma.
La vecchia politica di contrapporre non funziona, almeno con noi. Sarebbe invece un dramma (questo sì veramente serio) se qualcuno decidesse di sostituire l’attuale modello dirigenziale del noto Palazzo, con un Generale dei Carabinieri (e vedrete che prima o poi accadrà). Allora sì che assisteremo a delle vere e proprie crisi!
La rivalità esistente tra le due agenzie di Polizia a carattere nazionale non alberga di certo tra i ruoli esecutivi di base o intermedi. La rivalità non è di certo una prerogativa e non è tanto meno nel Dna della base dei lavoratori delle due agenzie di Polizia a carattere nazionale, non fosse altro che sono accomunati a lottare contro le mille difficoltà del vissuto quotidiano lavorativo, e non di certo proiettati alla conquista di situazioni prestigiose. Ne siamo talmente sicuri al punto tale di avere la certezza di non essere smentiti.
Ricordiamo che non viviamo in un regime totalitario, fortunatamente, nella nostra nazione vige ancora una Democrazia voluta e nata fortemente dai nostri “padri costituzionalisti”, e gli uomini (per una serie di norme nazionali ed internazionali) devono essere considerati tali, e non una proprietà privata della dirigenza di turno.
Ci auguriamo che tutto ciò sia dovuto all’improvvisa ondata di caldo che ha colpito Roma, e che alla fine la ragione abbia il sopravvento su tutto ciò che di negativo l’essere umano sa esprimere in certe situazioni.

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