1995/2005: dieci anni di vita di un giornale sono tanti, soprattutto se addizionati a quelli precedenti di Nuova Polizia e di Ordine Pubblico con Franco Fedeli docet. Appunto partendo da questo amico di lotta e di coerenza democratica, vorrei ragionare un momento su quanto è accaduto e sta accadendo, di tutto e di più, senza che alcune gravi anomalie e alterazioni, al limite della Costituzione, creino sconcerto nell’opinione pubblica, oramai in maggioranza accatastata sugli avvenimenti dei serial televisivi che aggiungano nebbia copiosa ai cervelli collegati.
Parto dai fatti di Genova, specificatamente dagli atti perpetrati all’interno del Reparto di Bolzaneto. Nella logica attesa del verdetto della magistratura, che mi auguro faccia pienissima luce sui fatti emersi, in un paese normale, qualora si accertassero violenze o peggio emergessero in sede di condanna, gli eventuali agenti, rei di dette prevaricazioni, sarebbero condannati ed espulsi per indegnità dal Corpo di appartenenza e, ancor più, sarebbero responsabili i dirigenti che non hanno al momento proceduto a bloccare eventuali atti violenti.
Sono molto pessimista e ho notato già lo scaricabarile fatto sull’assalto alla Diaz dove, ancora oggi, non si sono acclarate neanche le responsabilità di chi ha dato l’ordine di attaccare i manifestanti colà dormienti, e neanche si sono accertate le generalità del dirigente che ha dato l’ordine di entrare in detto loco. Infatti, appare incredibile il fatto che i massimi responsabili ministeriali, a tutt’oggi, non sono stati capaci di dare i dati anagrafici di detto personaggio, la dice lunga sulla questione. Non vorrei che, come al solito, volino per le arie le basse qualifiche.
Appare altresì incredibile e inverosimile che venga espulso dal Corpo Matteo Federici, reo di aver pronunciato parole, democratiche e costituzionali, corrette circa la possibilità di partecipare correttamente a manifestazioni pubbliche anche se appartenenti alle Forze di polizia, mentre comportamenti allucinanti vengono dimenticati nel limbo. Ecco il tempo che è passato; se dovesse passare questa anomalia senza che venga fatta giustizia, secondo me farebbe rinchiudere i principi della legge 121/81 in un buio cassetto.
Non penso che il sindacato, in questa occasione, abbia fatto tutto e di più per fare rientrare in Polizia Matteo Federici e, se il ricorso al Tar avrà esito negativo, penso che sia doveroso fare una manifestazione nazionale per dare aiuto al ragazzo in questione. Nei miei limpidi ricordi vi sono, ben allineate, le manifestazioni per vari alti dirigenti colpiti dal ministero dell’Interno con trasferimenti, ad esempio per Forleo o per Blasco.
Mi chiedo: vale solo per le alte qualifiche manifestare? Il valore intrinseco della parola diritto vale per tutti o soltanto per la qualifica che si riveste? Secondo il mio modesto pensiero, se tutto il sindacato non otterrà il rientro del giovane colpito alle spalle, sarà sconfitto un concetto primario, che era insito nei principi di lotta per avere la giusta e obbligatoria azione di riconoscimento costituzionale, allorquando eravamo un Movimento carbonaro.
Con questo principio elementare, ma basilare, mi voglio collegare ed unire ai concetti di Di Francesco, amico e collega dei tempi passati, appunto, per affermare e sottolineare con forza i concetti che sto sottolineando. Se un episodio del genere fosse accaduto anni addietro, si sarebbe subìto supinamente questo grave atto di ingiustizia? Io penso di no e affermo che appunto perché gli equilibri politici sono cambiati, possono accadere dette anomalie, perché tutto sommato conviene così. Di Francesco con forza sottolinea il dovere di trovare linee comuni sui valori essenziali, che non disperdano le conquiste fatte per giungere alla legge 121/81, e quale occasione maggiore di questa situazione kafkiana sarebbe opportuno concretare per dare una giusta legittimazione a questi principi?
Non si era mai visto che le auto della Polizia rimanessero senza benzina per mancanza di soldi e che gli agenti della questura di Verona intendano acquistarsi il giubotto anti-proiettile più leggero per difendersi in servizio. Ma i rappresentanti del sindacato, che sono negli organi di scelta ministeriale per le dotazioni di servizio, dove erano e cosa concretamente hanno fatto per migliorare le condizioni di impiego del personale?
Altra domanda che deve avere una risposta: i questori provenienti dagli alti vertici del sindacato hanno effettivamente posto in essere quella rivoluzione culturale e quella azione di cambiamento necessaria per cambiare una mentalità retrograda?
Io penso proprio di no, anche nel sentire i colleghi che hanno notato un allineamento con i vecchi questori. Nessun segno di cambiamento concreto e questo è molto grave perché, di fatto, si sono cancellati i principi di cui sopra e se dette persone non lo hanno fatto, figurarsi gli altri loro colleghi.
Ho sempre dentro di me l’ottimismo della volontà, ma quello che è accaduto in questi ultimi dieci anni non mi soddisfa come ex poliziotto, ma soprattutto come cittadino di uno Stato che permette comportamenti inaccettabili. Mi piacerebbe udire una risposta a questa mia missiva dai vecchi colleghi di cordata, ma soprattutto da Di Francesco che ha una memoria storica precisa come la mia.
Che fare? Normalissima e facile risposta: basterebbe soltanto mettere in atto la volontà che era stata messa in campo quando, ancora con le stellette cucite sulla divisa, marciavamo il 1° maggio con i lavoratori per avere i giusti diritti, perché il nostro dovere lo mettevamo in atto con coerenza e linearità.
A proposito, per ancor meglio capire i tempi democratici che stiamo vivendo vi allieto con la seguente delizia: da circa un anno, come avevo ben sottolineato in un articolo precedente con lettera aperta al Capo della Polizia, sto inviando lettere sul caso Federici al Capo e alla sua Segreteria. Oggi ho fatto partire la sesta lettera, visto che le precedenti cinque lettere non hanno avuto una minima risposta. Vi sembra, ci sembra, una cosa normale e accettabile subire detto ineducato comportamento da chi dovrebbe per primo accettare una normale dialettica democratica? Io continuerò la mia scalata ai vetri inviando lettere sino a che mi sarà data risposta. Professionalità e soprattutto managerialità si chiedevano ai massimi vertici, siamo proprio sicuri che ciò sia accaduto? Perché in caso contrario saremmo ancora oggi al punto di partenza.
Mi sarebbe piaciuto molto parlare, riflettere e combattere su questi argomenti con tre amici che non sono più con noi, ma li voglio ricordare soprattutto per il loro esempio di vita e di dignità: Franco Fedeli, Riccardo Ambrosini e Angelo Giacobelli.
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