La rete finanziaria globale del terrorismo
islamico non si esaurisce nelle casse
di Al Quaeda e dello sceicco arabo.
Si tratta di un sistema ben più complesso che gira
tra la finanza islamica e quella occidentale. Ecco
alcune delle ipotesi su cui stanno lavorando
gli investigatori. Dalle speculazioni di Borsa prima
dell'11 settembre, al traffico di diamanti,
passando per il commercio mondiale di miele
Nel pacchetto di misure antiterrorismo varato dopo gli attentati di Londra di questa estate una parte rilevante viene dedicata agli aspetti finanziari ed economici. Si tratta infatti di tentare di individuare e colpire le reali fonti di finanziamento del terrorismo islamico e dare la possibilità di intervenire sui conti correnti, sui flussi di denaro, nonché sui beni, ipotizzando confische come per quelle dei mafiosi.
Tutto questo in teoria. In pratica le cose sono molto più complicate perché non è poi così chiaro il terreno su cui ci si dovrà muovere. Come si finanziano gli attentatori? Che cosa c'era dietro l'attacco alle Torri Gemelle di New York che è stato preparato per mesi all'ombra della Borsa più importante del mondo? Chi ha finanziato gli attentatori di Londra? Ovviamente è difficile dare una risposta diretta a ognuna di queste domande. Se ci fosse già una riposta chiara, le autorità di Polizia e la magistratura avrebbero già tutto l'intero quadro.
Quello che si può fare dunque è tentare un'analisi sommaria del fenomeno. Per prima cosa è anche utile ricordare che gli investigatori di tutto il mondo si stanno movendo su varie piste, soprattutto dopo gli attentati di Londra. Nelle semplificazioni giornalistiche si tende a descrivere il terrorismo internazionale di matrice islamica come una grande rete i cui fili partirebbero da Osama bin Laden e da Al Quaeda. In realtà la situazione è molto più complessa. Ci sono centinaia di gruppi e gruppetti che spesso si autorganizzano. Alcuni osservatori hanno perfino escluso un ruolo prioritario dello sceicco saudita.
Nel suo libro sulla vera storia di Al Quaeda, il giornalista irlandese esperto di Medio oriente, Jason Burke, ridimensiona molto il ruolo di Osama bin Laden. Nella sua descrizione, Burke inserisce lo sceicco arabo in una rete di finanziatori molto più complessa. La "base", ovvero il metodo Al Quaeda esportato in tutti i paesi, sarebbe solo una parte di un ombrello. Sul Sole 24 ore si è parlato addirittura di Al Quaeda come "un marchio globale", una specie di simbolo o di marchio da prendere in franchising sotto il quale nascondere i vari gruppi di estremisti e integralisti a livello locale.
Non esiste solo una organizzazione terroristica e quindi una solo "cassa" da cui provengono i soldi per acquistare l'esplosivo necessario per gli attentati, i soldi per mantenere i terroristi che si preparano agli attacchi come è successo negli Usa prima delle Torri Gemelle. Per gli investigatori si tratta quindi di ricostruire sia i filoni di finanziamento di Al Quaeda, sia gli innumerevoli rivoli che scorrono nell'area molto vasta dell'integralismo, anche perché a differenza di quello che avveniva per il terrorismo tradizionale (anche quello italiano) in questo caso non ci si finanzia con le rapine in banca e nelle casse delle istituzioni. I filoni principali sono invece il riciclaggio del denaro e le operazioni finanziarie vere e proprie.
La finanza islamica, meccanismo entro cui sono inevitabilmente circolati anche i soldi per gli attentati terroristici, ha comunque una storia abbastanza recente. Il Corano, infatti, vieta l'usura e i tassi di interesse sui prestiti. Una vera tradizione bancaria non esiste nei paesi islamici e la storia degli istituti più importanti è appunto recente, basti pensare che la Banca islamica di sviluppo è nata a Gedda nella metà degli anni Settanta sulla scia della crescita esponenziale del prezzo del petrolio. Solo nel 1975 è nata poi la Dubai Islamic Bank.
Nel mondo islamico c'è stato un grande lavoro anche dal punto di vista teologico e politico per modificare progressivamente il rapporto con il denaro. Maometto praticava il commercio, ma la finanza pura è sempre stata vietata. Lo scambio possibile era tra oggetti e tra oggetti e moneta. La riba, ovvero l'aumento del valore, l'interesse usuraio, è sempre stata vietata.
Oltre a questo, c'è anche da ricordare che nella tradizione islamica ha un ruolo centrale la solidarietà e l'equa ripartizione. Un filone molto delicato che gli investigatori stanno dunque seguendo è anche quello delle elemosine e comunque delle elargizioni che i più ricchi fanno ai più poveri. Le stesse banche sono spinte, sempre secondo i dettami del Corano, a lottare contro la povertà e l'esclusione sociale. E' questa base teorica che ha permesso poi il rapido sviluppo della finanza associativa nel mondo islamico. Si è passati così nel giro di pochi anni dalla mancanza di tradizione bancaria a un rapido sviluppo di istituti che adottano principi di avanguardia nella gestione del credito.
E le stesse banche islamiche, dopo la crisi della fine degli anni Ottanta, sono state anche protagoniste di grande espansione e scandali finanziari, come nel caso della Bcci, Bank of Credit and Commerc International. Il potere economico nel frattempo si è spostato e mentre all'inizio la rete finanziaria islamica era dominata dalle monarchie petrolifere del Golfo, ora riflettono della diversità del mondo islamico. Centrale, anche per l'Islam, è diventata la finanza dei fondi di investimento e delle assicurazioni, che inevitabilmente devono sporcarsi le mani con la speculazione.
Ecco quindi un primo punto di contatto con il discorso che qui vi interessa. Molti analisti hanno fatto notare che prima dell'attacco alle Torri Gemelle ci sarebbero stati degli strani movimenti di titoli a Wall Street. Marc Chesney, professore dell'Università di Zurigo e presidente del Centro studi sul Riciclaggio e la Corruzione avrebbe dimostrato che gli attentati dell'11 settembre 2001 sono stati preceduti da movimenti speculativi di grande ampiezza. C'è stato, sempre secondo il professor Chesney, un uso criminale degli strumenti finanziari derivati.
Prima degli attentati di New York cè chi ha usato l'insider trading e utilizzato le put optino, ovvero le opzioni di vendita sui titoli derivati che permettono di vendere a un prezzo prefissato un certo numero di titoli entro una certa data. Ebbene è stato dimostrato che qualcuno ha operato una spregiudicata operazione sui titoli di American Airlines, United Airlines, Morgan Stanley e Merril Linch. Sono state comprate azioni a 18 dollari il 17 settembre per rivenderle subito dopo a 30 con scadenza a fine ottobre. Il rendimento che è stato calcolato su questa operazione ammonta al 380% in sette giorni. Il professor Chesney sostiene che con un investimento di 237.500 dollari sono entrati in cassa 1,14 milioni di dollari. Ma in quale casse sono andati tutti questi soldi? L'individuazione degli "operatori" è risultata e risulta molto difficile anche perché il denaro era di provenienza lecita.
E qui si apre un altro capitolo. Il finanziamento del terrorismo islamico si nasconde spesso proprio dietro le attività economiche lecite. Invece di organizzare rapine in banca, i terroristi islamici preferiscono fare affari e utilizzare la vasta rete dell'aiuto ai poveri. Nelle indagini giudiziarie di questi anni sono emerse figure di snodo, come il costruttore saudita Yassin Qadi, messo sotto inchiesta dal procuratore capo di Tirana nel 2002. Come si legge in un articolo della rivista Gnosis, rivista ufficiale del Sisde, Qadi sarebbe una delle figure tipo: imprenditore e presidente della Blessed Relief una organizzazione umanitaria sospettata di essere stata utilizzata come copertura da Al Quaeda.
Nello stesso articolo si nega l'esistenza di una misteriosa cassa di bin Laden magari custodita nella grotte dell'Afghanistan. I soldi sono investiti nelle azioni delle multinazionali. Le azioni delle più importanti multinazionali sarebbero dunque nei portafogli di esponenti della finanza islamica fondamentalista. Sempre nell'articolo pubblicato sul numero 3 di Gnosis vengono citati i casi di Motorola, At&T, Boeing e di molte altre aziende produttrici di armamenti che in parte sarebbero nelle mani degli sceicchi del terrore. Altri filoni di inchiesta riguardano poi il giro dei diamanti della Sierra Leone con cui Al Quaeda ha finanziato molte delle sue attività. Anche il miele è presente nella lista delle attività economiche vicine al terrorismo. Si tratta di un prodotto che circola liberamente in Medio Oriente, viene prodotto in grandi quantità e permette - con il suo forte odore - di camuffare altre merci meno lecite come le droghe.
Sia Al Quaeda, sia la Jihad egiziana si finanzierebbero dunque anche attraverso il miele. In Sudan lo stesso bin Laden possedeva un'azienda agricola, la Blessed Fruits. L'arcaico terrorismo integralista è dunque modernissimo. Dall'agricoltura alle azioni di Wall Street.
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