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giugno/2005 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Cultura
Per non dimenticare
di Ugo Rodorigo

Ai giovani dell Terzo Millennio, Dante Alighieri non dice niente e così agli esami di maturità dei licei quest’anno i candidati hanno voltato le spalle alla Divina Commedia. Forse non hanno recepito l’attualità del suo messaggio: “Tu proverai sì come sa di sale/ lo pane altrui/e come è duro colle/lo scendere e ‘l salir per le altrui scale”.
La scelta di Dante è stata apprezzata da un esiguo numero di candidati, per questo poeta considerato “padre” della lingua italiana con Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca.
Si sono chiuse le celebrazioni per il settimo centenario della nascita del Petrarca, nato ad Arquà presso Padova nel 1304, e morto nel 1374. Un viaggiatore instancabile, Petrarca, per alimentare le sue esperienze letterarie che fecero di lui uno degli iniziatori dell’Umanesimo. Nel tempo in cui il Petrarca visse, fiorirono rigogliose l’arte, la scienza, la musica, la cultura.
Figlio di un ambizioso notaio fu mandato a studiare Diritto all’Università di Bologna, ma alla morte del padre abbandonò i Codici per andare dove lo conduceva il cuore, seguendo la sua passione innata: la poesia, i classici latini. Ma la sua fortuna letteraria arrivò con il “volgare”, la nuova lingua italiana che adoperò per esprimere il suo intimo.
I nobili del tempo lo ammirarono, lo corteggiarono, lo sostennero con cospicui doni: case e denaro.
Molti privilegi ed onori non impedirono al Petrarca di abbandonare Padova, dove risiedeva. Il poeta partecipò anche al Concilio indetto dal cardinale Guido de Boulogne.
Spingendo il suo interesse politico inviò una lettera all’imperatore Carlo IV, residente a Praga, per invitarlo a scendere in Italia per partecipare alla restaurazione dell’Impero ed intervenire come portatore di pacificazione e stabilità.
Petrarca non amava le guerre che i nobili del tempo scatenavano continuamente per espandere il loro dominio. Sempre in giro per l’Italia, sollecitato dalla sua irrequietezza, principi e prelati ricorrevano a lui per negoziati politici. Nel 1361 tornò a Padova, ma a causa della peste si trasferì a Venezia dove rimase sette anni. La Serenissima mise a sua disposizione un palazzo sulla Riva degli Schiavoni in cambio del lascito della sua ricca biblioteca. Fu poi chiamato da Francesco da Carrara perché il poeta fosse al suo fianco quando andò a rendere omaggio all’imperatore Carlo IV.
Il Petrarca era da tutti riconosciuto come uno dei maggiori poeti italiani, protagonista del rinnovamento di pensiero e di costume da cui ebbe origine la società rinascimentale.
Il suo ingegno raffinato e brillante gli procurò l’amicizia delle maggiori personalità del suo tempo.
Nell’aprile 1327 vide nella chiesa di santa Chiara una gentildonna che lasciò in lui una profonda impressione, anche se viene da pensare ad una figurazione puramente letteraria, tipica dei “stilnovisti”; comunque sia Laura fu per il Petrarca l’ispiratrice del “Canzoniere”. Per questo amore, anche se pura finzione letteraria, il poeta viaggiò in cerca di oblio, visitando la Francia, le Fiandre, la Germania oltre che l’Italia.
Egli fu l’uomo nuovo europeo che, attraverso questi viaggi, rinnovava ed arricchiva la sua cultura.
L’8 aprile del 1341, a Roma, sul Campidoglio, davanti ad una folla immensa, il senatore Orso dell’Anguillara gli pose sul capo la corona d’alloro.
Ma anche i giganti muoiono. Durante un viaggio verso Roma, nel 1367 cadde in stato di declino fisico. Aveva dato tutto sé stesso alla cultura, alla politica, ora aveva bisogno di riposo. Sollecitato dal Boccaccio, suo amico, si ritirò in una casa fattasi costruire ad Arquà, una casa piccola, cinta da alberi d’olivo e da vigneti dove, anche se malato, si sentiva pienamente tranquillo. Non più confusione, preoccupazione, ma serenità davanti alle colline circostanti. Lì passava il suo tempo a leggere e scrivere.
Nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1374, mentre vegliava nel suo piccolo studio, improvvisamente morì. Lasciava opere poetiche e saggi in latino e in volgare.
Poche sono le rime politiche, in genere molto efficaci nel condannare i mali d’Italia e la corruzione, i conflitti tra l’esigenza morale e la libertà, tra fede religiosa e amore mondano.
Alla morte del Petrarca crebbe l’ammirazione per lui: Padova divenne il centro di diffusione delle sue opere, richieste da intellettuali italiani ed europei. I poeti del Quattrocento e del Cinquecento, indubbiamente furono da lui fortemente influenzati.
Da allora il Petrarca si è imposto come modello e non soltanto in Italia, un modello antico ma ancora attuale e da non dimenticare.

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