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Gennaio-Febbraio/2014 - Immagini e Cultura
Andy Warhol è a Roma
di Claudio Ianniello

Andy Warhol è a Roma. Finalmente nella Capitale una straordinaria esposizione monografica sull’artista, il cui nome evoca nell’immaginario collettivo comune alcune tra le opere più rappresentative degli Stati Uniti dagli anni ‘60 agli ‘80. Dal 18 aprile al 28 settembre 2014, al Museo Fondazione Roma -Palazzo Cipolla- si potrà assistere alla mostra -WARHOL-, promossa dalla Fondazione Roma, dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale della Città di Roma e dal Comune di Milano Cultura, e organizzata da Arthemisia Group e da 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, con la cura di Peter Brant e Francesco Bonami.
Dalla più grande e importante collezione privata esistente delle opere di Warhol, quella di Peter Brant, sono arrivate a via del Corso, a Roma, 150 opere inestimabili: quadri, disegni, foto, sculture e soprattutto serigrafie che rimandano all’America dei consumi, delle luci, dei divi del cinema e dello spettacolo. L’occasione è di particolare interesse. Scrive infatti Francesco Bonami nel suo saggio in catalogo (edito da 24 ORE Cultura): “la mostra è un’occasione rarissima per il pubblico di poter vedere uno dei gruppi di opere più importanti dell’artista americano, raccolto non da un semplice, per quanto appassionato, collezionista ma da un personaggio, Peter Brant, intimo amico di Warhol con il quale ha condiviso gli anni artisticamente e culturalmente più vivaci della New York degli anni ‘60 e ‘70”. La figlia di Peter, Allison Brant, presente all’inaugurazione della mostra, oggi è a capo della Fondazione Brant, ed è la fortunata proprietaria delle opere esposte. “Papà ha collezionato da quando aveva 21 anni, e ora ne ha 66, ha conosciuto Warhol dopo il 1968 e da allora sono diventati amici”. Ecco perché la collezione che si può ammirare a Palazzo Cipolla è qualcosa fuori dal comune, perché raccoglie opere che Peter Brant ha potuto collezionare anche in virtù di un rapporto privilegiatissimo con Andy Warhol, e che testimoniano un po’ tutta la produzione dell’artista. Le opere parlano dell’America popolare, quella che entrava nelle case attraverso la televisione, attraverso le pubblicità, e del consumo di massa di oggetti e cibi prodotti in serie, sempre uguali a se stessi e, per questo, assolutamente “irrinunciabili”. E allora, entrando nelle sale espositive, inizia un excursus a partire dagli anni ‘50, quando Warhol debutta nella commercial art e lavora come illustratore per riviste prestigiose (da Harper’s Bazaar al sofisticato New Yorker), e poi come disegnatore pubblicitario, per finire con gli anni ‘80, con un immenso Camouflage del 1986, stesso anno in cui rese omaggio a Leonardo Da Vinci con Last Supper, che, ironia della sorte, fu la sua ultima produzione (morì infatti nel 1987). Nel mezzo, tutti i più grandi e noti capolavori. Tra cui l'indiscussa icona della Pop Art, la Campbell’s Soup, (la prima opera acquistata da Peter Brant, nel 1967). La Campebll’s Soup sarà uno degli emblemi dell’opera di Warhol. Una banale lattina di zuppa, venduta in serie nei supermarket, che dalle cucine di ogni americano assurgerà agli onori dell’Arte, venendo esposta nei grandi musei di arte contemporanea di tutto il mondo. A proposito della lattina di zuppa riprodotta molteplici volte, Warhol dirà: “Ho mangiato la zuppa Campbell per vent’anni, sempre la stessa, sempre lo stesso pranzo (...) ho riprodotto ciò che conoscevo bene”. Presenti in mostra anche i Disaster Series (Warhol coltivò un forte rapporto di attrazione e repulsione per la morte). Poi ci sono i dipinti dei francobolli, come S&H Green Stamps (1962), fatti con stampini ripetuti più volte sulla carta e, dello stesso anno, i Red Elvis. E ancora il grandioso 192 One Dollar Bills e, non potevano mancare, due splendide Marilyn: Warhol trasformò l’immagine dell’attrice in un oggetto da “consumare”, in un’icona popolare e semplice, accessibile a tutti. La pittrice Dorothy Podber, amica di Warhol, nel 1964 entrò nello studio dell'artista, a Manhattan, e sparò un colpo di pistola ad una serie di Marylin poggiate una sopra l’altra, colpendo la prima, e di conseguenza tutte le altre 3, in fronte, nel mezzo degli occhi. Warhol colse l’occasione per rendere quelle opere colpite dal proiettile le sue opere più famose. Presente quindi alla mostra anche una di queste quattro Shot Marilyn del 1964. Così come pure sono presenti altre super icone di Warhol: le Brillo Box i primi Flowers (1964). E anche i Mao del 1972, e le Ladies and Gentlemen, la serie dedicata alle drag queens di New York. E ancora un gran numero di Skulls, i teschi che dal 1976 in poi si moltiplicano nel suo lavoro, e poi le eccentriche bottigliette di Coca-Cola in una cassa: "Puoi vedere la Coca-Cola in TV e puoi sapere che il Presidente beve Coca, Liz Taylor beve Coca, e tu pensi proprio che anche tu puoi bere Coca.. tutte le Coca sono uguali e tutte le Coca sono buone", diceva con democratica ironia l'artista. Un’intera sala è dedicata inoltre alle polaroid che Warhol scattava di continuo, e che ritraggono personaggi del jet set, quasi tutti suoi amici. L'inventore della Pop Art amava la fotografia: "Io porto la mia macchina fotografica ovunque vada. Avere un nuovo rullino da sviluppare mi dà una buona ragione per svegliarmi la mattina". Questi e molti altri capolavori “dell’arte in serie” sono presenti nella mostra. Andy Warhol è stato un artista tout court, che ha rivolto la sua attenzione ai miti e ai linguaggi della middle class americana, riproducendo solo ciò che ben conosceva. Ha saputo trasformare in arte i totem dell’immaginario generale americano, rifuggendo la celebrazione dell’artista come creatore, interprete e demiurgo: le sue opere sono comprensibili senza alcuna esegesi. Diceva infatti l’artista: “Non ti preoccupare, non c’è niente che riguarda l’arte che uno non possa capire”. Arte di massa, riprodotta in serie così come avviene nel processo industriale, fruibile da chiunque perché immediato è il rimando ad immagini riconoscibili, già note al grande pubblico, prese in prestito dalla società. Warhol, un artista che ha trasformato in icone la Coca Cola come Elvis Presley, la Campbell’s Soup come Marilyn Monroe, il biglietto del dollaro come Jackie Kennedy. L’esposizione di Roma, già reduce dal successo della tappa milanese a Palazzo Reale (dove è stata visitata da 225mila persone), ben racconta tutto il percorso professionale dell’eclettico artista americano.

Info : http://www.warholroma.it/

credits foto
Andy Warhol
Blue Shot Marilyn
1964
Collezione Brant Foundation
© The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA
© The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc.
by SIAE 2014

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