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giugno/2005 - Articoli e Inchieste
Elicotteri
Una Specialità con tanti rischi
di Fabrizio Alessandrini della Polizia di Stato

La caduta del velivolo a Pescara, con tre
poliziotti morti, ripropone il tema
della sicurezza dei mezzi e la loro gestione

Faccio lo specialista a Pratica di Mare da una manciata di anni e, fortunatamente, ancora non mi ero dovuto confrontare con la tragica realtà della perdita traumatica di un collega, evento già vissuto dagli anziani negli anni passati. Dopo il primo incidente sono rimasto sorpreso; sorpreso nel conoscere che non siamo immuni da incidenti, noi del Servizio Aereo della Polizia di Stato. Fino a quel momento la routine di questo lavoro mi aveva inglobato e non mi ero chiesto ancora cosa fosse la sicurezza volo. La morte di Gualtiero Gessa mi ha colpito come un ceffone in faccia che mi risvegliava dal sonno in cui ero precipitato. Il successivo evento luttuoso di Milano mi ha gettato nello sconforto, anche se non conoscevo personalmente il collega deceduto, ho cominciato a realizzare che qualcosa era tragicamente cambiato e ho cominciato a pormi i primi dubbi. La tragedia di Pescara (3 morti) mi ha definitivamente schiacciato, risvegliato la coscienza. Il coinvolgimento emotivo stavolta mi ha travolto, schiacciato sotto un peso enorme.
Conoscevo personalmente Fabrizio e Maurizio (Fabrizio molto bene in veste di compagno di viaggio tutte le mattine nei 40 km che la nostra “navetta” macina per arrivare a Pratica di Mare da Roma). Mi sto devastando il cervello con domande a cui non trovo risposta. Prima di tutto perché è successo tutto questo? Perché questi eventi ci hanno assalito e “macinato” in così poco tempo? Sono un fatalista ed ho sempre creduto alla catena degli eventi, ma francamente in questo frangente ho perso la mia sicurezza e fiducia nelle statistiche. Allora cosa succede? Perché improvvisamente tutto è cambiato? Il mio cervello non riesce a dare risposte e, certamente, dare risposte non è il mio compito. Persone sopra di noi sono deputate e pagate per fare questo. Il mio compito è lavorare bene con coscienza ed in tranquillità per evitare che eventi simili possano accadere di nuovo. Ma come si fa a lavorare con il giusto distacco dalla tragedia che è caduta addosso a tutti noi? Ecco che allora ho pensato che l’unica risposta che ognuno di noi può dare è quella di guardarsi dentro e chiedersi in quale modo, nel nostro piccolo, possiamo aiutare questa Specialità che tutti amiamo o abbiamo amato.
E’ difficile fare questo ma ci sto provando, sto scavando alla ricerca di piccole cose che nel quotidiano si possono migliorare. Ognuno di noi dovrebbe fare questo. A tutti i livelli dell’organizzazione. Sarebbe triste sapere che dalla base ci si rimette in discussione ed ai vertici no.
Se tra 2 mesi la routine ci avrà riassorbito e stritolato nell’indolenza, nella passività, nell’immobilismo, i nostri 5 colleghi saranno morti due volte.
Sarebbe bello sapere che questa analisi in questo momento sia all’attenzione dei pensieri di tutti noi, dal prefetto all’ultimo agente che fa parte di questo baraccone; sarebbe oltremodo triste scoprirsi soli in questi pensieri. Ora però abbiamo bisogno di una sola cosa: abbiamo bisogno di sapere. Abbiamo bisogno di sapere se la nostra incolumità è oltremodo in pericolo oltre alla “normale” esposizione che questo lavoro comporta.
Abbiamo bisogno di sapere se si è deciso di investire su questa Specialità oppure se siamo destinati ad un declino costante ed inarrestabile. Se così fosse, qualcuno abbia il coraggio di dircelo apertamente in modo da permettere ad ognuno di noi una serena valutazione sulla opportunità o meno di continuare a fare questo lavoro che forse in passato è stato meraviglioso ma che ora sicuramente non lo è più.

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