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Aprile-Maggio/2005 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Storia
L'opera di Benedetto da Norcia
di Carlo Rodorigo

Il cardinale Josph Ratzinger, ora vescovo di Roma e Papa della Chiesa Universale Cattolica, ha scelto il nome di Benedetto XVI. Un rifarsi come successore di Benedetto XV, papa dal 1914 al 1922, grande sostenitore di un sogno di pace durante la Prima Guerra Mondiale e la successiva ricostruzione.
Ma anche un rifarsi a quel Benedetto da Norcia patrono d’Europa. Non si sa con esattezza quando sia nato il fondatore dell’Ordine monastico dei Benedettini, ma si sa che nel 529 lui e i suoi adepti raggiunsero Montecassino, quella vetta sulla quale sorgeva un tempio pagano, sostituito in breve tempo da un monumento della cristianità: l’abbazia di Montecassino celbre in tutto il mondo e da dove partì il “movimento benedettino”.
I monaci, allora, avevano il compito di trascrivere testi sacri e puntavano sul lavoro intellettuale.
In breve tempo Benedetto da Norcia iniziò la sua opera d’apostolato che avrebbe dato tanti frutti.
L’Italia era funestata da guerre, epidemie e carestie, don Benedetto capì che in tale situazione l’uomo facilmente rivolge gli occhi al cielo e in questo contesto studiò i 73 articoli della nuova regola concepiti in modo da rinnegare ogni eccesso e rendere la vita più tollerabile.
Nel monastero da lui fondato a Montecassino potevano accedere tutti, ricchi, poveri, contadini, servi, romani e barbari che, se forniti di vocazione religiosa, entravano nella comunità dividendo lavoro e beni. In quel periodo l’organizzazione statale era inesistente e, con la sua regola, san Benedetto insegnò come una comunità potesse vivere in modo pienamente autosufficiente.
La Chiesa di allora si era arricchita di nuovi beni poiché molti proprietari, per sottrarsi alle guerre, si erano affidati alla protezione della Chiesa di Roma.
I monaci seguivano la “regola”, secondo la quale dovevano lavorare almeno 5 ore durante l’autunno e l’inverno, 7 od 8 ore in primavera ed estate. Il compito principale era l’attività agricola che i monaci affrontavano personalmente come buon esempio, ma il monastero comprendeva anche piccoli laboratori dove venivano fabbricati oggetti di uso comune che venivano venduti anche all’esterno.
Ogni monastero si presentava come un piccolo Stato. C’erano stalle, magazzini, granai, cantine, tutto ciò che occorreva per assicurare quanto era necessario per vivere.
Quando il monaco non lavorava manualmente, pregava; quando non pregava, studiava o scriveva. Nel monastero poteva trovare riparo gente che voleva fuggire dal caos per trovare una società con un capo, lavorare e leggere.
Dopo il dominio dei barbari con le loro prepotenze e slealtà, le popolazioni italiane rivalutavano i veri valori con concetti nuovi. Nell’alto Medio Evo furono i monasteri le uniche organizzazioni funzionanti e se elemosine, lasciti ed eredità vennero affidati ai monasteri, niente venne sottratto alla circolazione, ma alla distruzione.
Dalla piccola città di Norcia, dove Benedetto era nato, gemello di santa Scolastica, partì per Roma a 17 anni, dove studiò come d’uso agli appartenenti al suo rango. Deluso dal tracollo di una grande civiltà e dalla malvagità umana, desiderò vivere in solitudine ritirandosi nella valle di Subiaco per tre anni, poi lasciò l’eremo arrivando a Vicovaro presso un monastero di cui divenne “superiore”.
La vita monastica come esperienza di vita comunitaria non lo soddisfece per l’indisciplina che vi regnava. Si recò in vetta alla montagna di Montecassino e sostituì le antiche divinità con un monumento alla cristianità, la “regola” di san Benedetto.
Attraverso l’opera dei Benedettini sono giunti fino a noi i sacri testi della religione, l’opera di trascrizione degli ammanuensi, la decorazione e la rilegatura erano opere dei monaci che dobbiamo considerare a pieno diritto i depositari della cultura, tramandandoci in tal modo preziosi testi della latinità pagana e delle grandi opere del passato.
Nel profondo silenzio dei monasteri si realizzava la difesa della civiltà, aiutando la sopravvivenza di opere di grande valore.
Il nuovo papa ha scelto il nome di Benedetto XVI anche perché condivide, con Benedetto da Norcia, il valore dello sviluppo sociale, rispettoso della dignità d’ogni essere.

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