Lo sport classico è definito come socializzazione, confronto, valorizzazione dei limiti individuali, educazione allo scambio, anche se non si può negare che nello sport vi sia contrapposizione di individui. Tra queste due facce che cosa deve prevalere senza che i giovani siano “devastati” nell’attività sportiva?
Lo sport, specialmente nel momento della crescita, deve essere praticato come gioco (e non con la prospettiva di sfrenata competitività), con entusiamso e con il rispetto di sé stessi, degli altri e delle regole.
Lo sport consapevole non dovrebbe iniziare prima dei 15 anni, cioè quando il ragazzo abbia il potere di decidere cosa può chiedere al proprio corpo. Il gioco è educazione alla democrazia e così lo sport deve essere libertà e gioia.
Non dimentichiamo che lo sport dovrebbe rinforzare il corpo, ma oggi con violenza, doping ed altro, lo stanno distruggendo. Parlando di sport si parla di farmaci (a volte letali) che fanno cadere i valori del mondo sportivo. Sono interessati a questi devastanti… “aiuti” non soltanto i professionisti dello sport per ragioni prevalentemente economiche, ma anche i dilettanti, ragazzi giovanissimi che con il consenso dei genitori usano sostanze dopanti per raggiungere una meta: diventare campione.
Non è raro il caso che questi giovani finiscano in ospedale; e così un genitore che favorisce la pratica dello sport per il figlio, sperando di proteggerlo dalla droga di strada o della discoteca, trovi la rovina nei raduni sportivi. Sono gli stessi studenti della scuola media a dichiarare di aver consumato creatina ed altre sostanze per meglio affrontare gli sforzi atletici. Ricordiamo che stiamo parlando di ragazzini di 12 anni. Gli stessi ragazzi sono consenzienti all’uso di sostanze proibite pur di arrivare in alto. Ma questa è la piaga nascosta dello sport.
Evidente, invece, è la violenza negli stadi. Il rifoso, alterato dal fatto che l’unione fa la forza, si organizza in gruppi per “combattere” contro l’avversario ed allora si evidenziano veri e propri scontri tra i giovani tifosi. La violenza è dentro allo sport e riporta in campo quello che vediamo nella vita dei nostri giorni. L’uno cerca di sopraffare l’altro per una vittoria prestabilita e preorganizzata. Come nella società attuale, anche nello sport quello che conta è il successo, il denaro e quindi dobbiamo ammettere che è diventato un affare e il denaro è la meta assoluta. Ormai sono morti e sepolti i valori che dovrebbero essere alla base dello sport che cancella tutto per raggiungere una sola meta: il denaro.
Nella società di oggi vale chi ha successo, una società materialista e capitalista che valorizza il successo dell’individuo scalzando la solidarietà e i valori umani. I genitori che vogliono un figlio campione ad ogni costo, lo seguono da un campo all’altro, da una palestra all’altra per forgiare quel campione (che campione non è) chiudendo un occhio e non alzando un dito quando fanno la loro apparizione le sostanze dopanti. Solo così, a volte, cercano di raggiungere quel successo che fu a loro negato come ex giovani.
C’è poi quella violenza che deriva dalle critiche dei dirigenti che attribuiscono a complotti l’insuccesso delle loro squadre, la violenza causata dai processi degli esperti in materia, i giocatori che si combattono sul campo stimolando i propri sostenitori ad affrontarsi e che poi, guarda caso, finiscono la serata a “tarallucci e vino” tutti insieme.
Non si vedono rimedi tangibili a questo clima e siamo sempre in attesa di nuovi eventi. Le misure antiultras prese dal ministero dell’Interno non hanno cambiato l’approcciod ella gente allo sport. Lo sforzo giusto sarebbe di creare una cultura sportiva, lo sport come strumento per stimolare la relazione tra persone. La competizione non deve essere segnata da trucchi e violenza. Ritornare al vero significato della sfida, ma per migliorare le prestazioni rispettando le tecniche, le regole e le capacità fisiche naturali degli atleti senza inganni, soppesando i limiti naturali e cancellando doping e violenza.
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