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Aprile-Maggio/2005 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Vaticano
Lo stile di Benedetto XVI
di Ettore Gerardi

Il nuovo Papa si presenta ai fedeli con un grande bagaglio culturale. Sarà il Pontefice delle sorprese


Non c’è dubbio: il primo impatto con la folla di Papa Benedetto XVI èstato positivo. E’ apparso alla loggia centrale della Basilica vaticana subito dopo la sua elezione al soglio di Pietro: non indossava neanche uno degli abiti bianchi già confezionati, come è d’uso, in tre taglie standard. Tutti, infatti, hanno potuto vedere le maniche nere di un pullover che appariva sotto la mantellina rossa.
Si è presentato a quella loggia ai credenti ed ai curiosi sorridente. Ha dato la benedizione a tutti, ma l’ha fatta precedere a seguire da ampi gesti di saluto, come amico ad amici. Poi, la domenica successiva, sorridente, è passato tra la folla, in auto scoperta: questa volta, dopo il rito per l’inizio del Pontificato faceva larghi gesti di benedizione, come si conviene ad un Papa. Nel pomeriggio di domenica ha incontrato il fratello, anziano sacerdote musicista, non in una sala del Palazzo Vaticano, ma nella casa del rione Borgo, nella quale abita da una ventina di anni.
Vari organi di stampa hanno ripetuto il vecchio cliché dell’ecclesiasta rigido, duro, nella tradizione dei cardinali che si sono susseguiti al Sant’Uffizio. Hanno rilanciato la definizione di “panzer-kardinal”. Ma chi lo conosceva, chi ha avuto la possibilità di incontrarlo non poteva ritenerlo un giudice severo ed arcigno, sempre pronto a firmare condanne. Qualche condanna l’ha firmata quando proprio non era possibile evitarla ma, negli oltre vent’anni che è stato nella Congregazione per la dottrina della fede, a poco a poco ha instaurato un clima nuovo: condannare l’errore, ma cercare di salvare l’errante. Di qui più che le doncanne da pubblicare sull’Osservatore Romano o sugli Acta Apostolicae Sedis ha preferito colloquiare con gli indiziati, quasi a dire loro: “Non è la Chiesa che ti condanna, sei tu che condanni te stesso, perché professi idee che non sono in consonanza con la dottrina, con la tradizione e anche col Concilio”.
E’ un uomo che ha tenuto sempre presente la sua missione di prete, di vescovo e di cardinale. Sarebbe lungo ripercorrere le tappe della sua vita. Basterà ricordare che quando ebbe la porpora, per sottolineare ormai la sua appartenenza alla diocesi del Papa, gli fu affidato il titolo di una parrocchia romana di periferia, Santa Maria Consolatrice: ha preso quel titolo sul serio ed è diventato un Padre sollecito verso i parrocchiani, specialmente i più umili e i più poveri. Ora laggiù, tutti lo aspettano: è il Papa di tutti, ma prima di tutti, di loro.
Si è dunque presentato sorridente e gentile, ma anche come un Padre. E così si piega perché ha usato, nella Via Crucis e nel discorso ai cardinali, prima dell’ingresso in Conclave, parole severe su certe situazioni nella Chiesa: ha parlato proprio come un Padre che vuole vedere i figli camminare sulla retta via. Ma subito, ha avuto anche parole di riconoscimento e di incoraggiamento quando, nel giorno dell’inaugurazione del suo pontificato, dall’altare in piazza San Pietro ha esclamato: “La Chiesa è viva”, con quel che segue, ai giovani ha ripetuto le parole che furono di Papa Wojtyla: “Non appate paura”. A tutti, da Padre sollecito ha ripetuto parole che non si possono dimenticare: “Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia, come ultima misura, solo il proprio io e le sue voglie”.
Bisogna tenere presenti queste parole, perché saranno alla base della sua azione pastorale. Una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, vuol dire anche portare idee giuste nella realtà umana: la pace, i poveri, il diritto del lavoro, delle donne, e così via. Tutto lascia pensare che Papa Benedetto XVI darà delle sorprese. La prima già c’è stata quando ha voluto mettere da parte ogni autoritarismo e, con estrema umiltà, ha parlato del suo compito immenso e difficile ed ha chiesto il consiglio e l’aiuto di tutti, in un colloquio aperto appunto a tutti. E in ciò porta avanti la via indicata e aperta da Papa Waojtyla.

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