Dei diversi aspetti riguardanti il rapporto questure e immigrazione, ritengo utile soffermarmi su quello della mancata formazione specifica del personale che lavora presso gli Uffici immigrazione.
In questo settore la preparazione è spesso affidata al singolo che, con l’esperienza, magari in affiancamento ad altri colleghi più anziani, acquisisce un modo di agire armonico rispetto alle sue personali convinzioni ed all’ambiente di lavoro dove opera. Invece, per svolgere questa attività, occorrerebbe una selezione preventiva (molti ci vanno per le più svariate ragioni, ma senza sapere molto del perché esistano i flussi migratori o su altri piccoli problemi come, per esempio, lo squilibrio Nord-Sud del mondo ecc.).
Occorre, poi, una preparazione specifica perché ci si incontra con culture, religioni, lingue, pelli... diverse. Non è più pensabile affrontare tutto ciò senza un minimo di preparazione o, peggio, in chiave repressiva o di semplice applicazione delle leggi.
Questo vuol dire anche abituarsi a lavorare in collaborazione con le altre istituzioni (pubbliche o del volontariato) che operano nel settore ed abbandonare atteggiamenti di sufficienza verso chi vede le cose da altri punti di vista (ed anche in questi ambiti esistono formazioni specifiche, basta crederci, volerle fare ed avere anche i fondi per farlo, cosa che di questi tempi non è affatto scontata, anche in relazione al contratto, al riordino delle carriere nonché al reperimento delle minimali risorse ecc.).
Anche la creazione di uno sportello della questura per gli immigrati pone questioni che devono vedere soluzioni che possano risolvere i problemi degli immigrati. Perché non si propone che vi siano dei mediatori interculturali o altri che possano aiutare veramente gli immigrati a sistemare i loro documenti? A volte, i poveretti, per una semplice informazione devono attendere ore ed ore e poi, alla fine, debbono tornare.
Altre volte, per il semplice fatto che manca una carta, hanno atteso ore per nulla... anche questa forma di organizzazione, programmazione e informazione può aiutare molto a superare le difficoltà. In questo caso, i poliziotti che lavorano allo sportello, devono essere aiutati a non passare da rompi scatole e, per tanto, è consigliabile che vengano prese soluzioni reali per le documentazioni varie e per un progetto strutturale funzionale; credo sia importante altrimenti continueremo, ancora, così. Il problema è anche organizzativo.
Credo che il sindacato della Polizia, oltre a formare con logiche nonviolente (e sono anche verbali), per fare relazioni autentiche e vere possa proporre degli esposti per migliorare le condizioni legali degli immigrati. Chi lavora all’immigrazione conosce la legge esecutiva e sa ciò che può funzionare o no, perché non ribattere a tono con quelle modalità di legge che complicano e non aiutano a risolvere i problemi? Non possiamo rimanere indifferenti a dei provvedimenti che violano la logica più importante di questo mondo. Trovo che questo sia importante. Informazione: se molte persone considerano gli agenti di Polizia dei rompi scatole o degli abusivisti di potere penso si debba informare in modo appropriato sulle direttive che vengono date ogni volta che si deve intervenire in qualcosa. Mi spiego: quali direttive abbiamo noi nei confronti degli immigrati clandestini? Come dobbiamo agire? Quali criteri seguire?
Fare conoscere la nostra realtà, quella che allontana la possibilità di una legge civile di difesa. Non parlo di difesa popolare non violenta perché siamo anni luce distante, ma potremmo seriamente considerare la cosa, come la Polizia deve continuare a considerarsi un Corpo di difesa e non di attacco; di mantenimento non della sicurezza, ma del senso civile del bene comune e come farlo in modo non violento anche con i più esagitati? Non ho ricette preconfezionate, so solo che sono tanti gli interrogativi e che si potrebbero, magari:
- creare reti di accoglienza e di intermediari atte a facilitare le incomprensioni e le soluzioni;
- organizzare Corsi di formazione sull’interculturalità che il sindacato può organizzare;
- formulare delle riflessioni che possono iniziare a girare all’interno del sindacato e del Corpo di Polizia.
Difesa del migrante e straniero: preoccupano le situazioni che possono mettere in difficoltà lo straniero rispetto a chi gli promette, assicura e, magari sfruttando determinate situazioni, lo costringe a farsi dare del denaro, prostituirsi, ecc. per ottenere un permesso, un falso permesso o quant’altro. Si deve vigilare in modo attento anche tra gli stessi stranieri, uffici e associazioni affinché non si sfruttino le persone anche a fronte del normale disbrigo di pratiche. Occorre maggiore trasparenza, richiesta di controlli e attenzione da parte di tutti.
Cultura: spesso il calcolo politico, la nostra stessa cultura oppure, per fare degli esempi, la paura del diverso, creano difficoltà e producono mentalità - anche diffuse - che tendono a considerare lo straniero ed il diverso persone ostili; non si può pensare che questo fenomeno non riguardi anche gli operatori della Polizia.
Anche le condizioni di lavoro degli Uffici immigrazione, spesso oberati di pratiche per mesi e mesi, non offrono le condizioni migliori per approcci diversi o migliori. Da qui la necessità di giungere ad un ordinato e dignitoso lavoro da parte del personale degli uffici in questione.
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