Novità positiva nella gestione del rapimento
di Giuliana Sgrena: un certo tipo di giornalismo
è entrato in sintonia con le Forze di polizia
Uno dei fattori culturali venuti in luce nell’ambito dei fatti relativi al rapimento e liberazione di Giuliana Sgrena e la conseguente tragica scomparsa di Nicola Calipari, è un incontro e una inedita sintonia tra un gruppo di giornalisti, nello specifico i giornalisti del “manifesto”, e settori dell’intelligence e delle Forze di polizia in genere.
Una reciproca considerazione e legittimazione dei ruoli, che per la cultura laica del nostro Paese rappresenta una visibile e straordinaria novità positiva.
Nonostante quello che in futuro dovremo aspettarci di negativo dalla ricostruzione di questa storia, non dovrà mai venire meno il giudizio sulle persone, sul rigore e l’etica professionale dimostrata dai due maggiori protagonisti della vicenda, che giorno dopo giorno si tenta di far passare come soggetti perlomeno imprudenti.
Questo forte e comune senso di appartenenza e di identità comunitaria che si è determinata nella vicenda in cui la burocrazia “sicuritaria” ha saputo interpretare nell’azione i toni e i sentimenti della stragrande maggioranza dei cittadini, al di fuori anche della mediazione di circostanza degli apparati della politica, che in gran parte sono apparsi come messi di fronte ai fatti.
L’identità comunitaria riscontrata nell’ambito degli ambienti dell’informazione e della sicurezza rappresenta un fecondo rivolo della nuova storia repubblicana e non è frutto di aspetti congiunturali e casuali, ma il risultato di quell’incontro di culture complesse e di esercizi di reciproco ascolto e di laicità culturale e professionale al di fuori delle emotività del Paese.
I cittadini hanno potuto riscontrare anche nel momento del ricordo e del dolore elementi culturali che travalicavano le ritualità di circostanza e l’abusato ruolo totemistico delle forze di sicurezza per raccogliere un segnale di concreta erogazione di un diritto, quello alla sicurezza, che proprio per la sua delicata caratteristica necessita di una riappropriazione collettiva che, per propria natura, deve essere il frutto di una condivisione culturale generale.
Un fatto di cronaca dal simbolismo “inclusivo” di valori come quelli di pace e mediazione ed “escludente” di termini come quelli di guerra e ricatto, una partecipazione “civica” delle Forze di polizia che in qualche maniera dovrebbe riavvicinare alle istituzioni sicuritarie quella gran massa di giovani ancora perplessi dalle storie di “cultura separata” che aveva trovato un suo protagonismo nelle pagine della cronaca del G8 di Genova.
È proprio l’obiettivo culturale dell’integrazione comunitaria di quelli che una volta venivano definiti “corpi separati” in cui si riscontra il punto più “alto” della storia.
Non si può altresì fare a meno di collocare il caso del dott. Calipari all’interno delle sensibilità civili di Funzionario della Polizia di Stato, riformata dalla legge 121/81, anche se paradossalmente questi valori civili e contaminanti sono diventati patrimonio collettivo nell’ambito di una operazione del servizio segreto militare.
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