Dopo un breve periodo di esposizione organizzata dal Comune, si è chiusa a Roma una mostra “Nell’occhio di Escher”, dove abbiamo potuto ammirare le opere più importanti del grande incisore olandese, conosciuto per la sua ricerca matematica nell’ordine di ogni cosa, sia piccola che grande.
Maurits Cornelis Escher, artista grafico nato nel 1898 a Leenwanarden, piccolo centro agricolo dei Paesi Bassi, da una famiglia benestante, ebbe rapporti con l’Italia molto stretti. Suo padre preferì indirizzarlo agli studi letterari (come i suoi quattro fratelli) alla musica e all’arte. Ma colui che scoprì il talento del giovane Escher fu Jessurum de Mesquita, grande artista che risvegliò in lui particolari tecniche grafiche. Escher abbandonò gli studi di architettura per seguire le lezioni di arti grafiche ed apprendere la tecnica del suo maestro.
Nel 1921, dopo l’abbandono degli regolari di architettura, si chiuse in un isolamento assoluto, meditando sul legame unico della vita e la morte. Fu in questo periodo che visitò Firenze, una città che risvegliò in lui l’orgoglio di poter “camminare dove erano vissute persone importanti”.
In Italia conoscerà sua moglie di nazionalità svizzera. Nel nostro Paese rinasce in lui la pace interiore e il desiderio di viaggiare per conoscere tutto quanto offre il paesaggio mediterraneo.
Tutto osserva e ammira: i borghi antichi, le colline, le acque dai riflessi incantevoli; studia il rapporto tra le cose, l’armonia e l’equilibrio dei paesi italiani. Si trovò a guardare il mondo da prospettive particolari, riproducendo con schizzi, “graffiati”, quanto colpiva la sua sensibilità.
Nel 1923 visitò la costa amalfitana e poi Siena, quindi Roma. Escher si sta avvicinando a grandi passi al successo. Si isola nel suo studio per rendere immagini e studia le emozioni avute durante i suoi viaggi. Gli studi sulla natura sono il soggetto delle sue rappresentazioni; nascono così le meravigliose stampe e la sperimentazione di varie tecniche grafiche.
Nel 1924 lo troviamo ancora a Roma dove, dopo due anni, partecipa con successo alla mostra promossa dall’Associazione Romana degli incisori, tenuta a Palazzo Venezia. Entra a pieno titolo nel mondo dell’arte e degli incisori italiani da cui apprende la vecchia tecnica della xilografia che poi adotterà nelle sue opere.
In quegli anni fioriscono le arti figurative, la poesia ermetica, l’idealismo gentiliano e proprio nel quartiere Monteverde di Roma si formano circoli antroposofici per la ricerca fenomenologica da dove Escher troverà l’origine di una passione per questa nuova cultura.
Lo ritroviamo a Tuscania, Viterbo, Napoli, Salerno, poi in Abruzzo, in Calabria e in Sicilia. Da questi viaggi nasceranno opere indimenticabili e una grande quantità di schizzi dai quali nasceranno le sue incisioni. Studia i volumi delle piccole case strette intorno alle chiese circondate da un cerchio di montagne.
A roma produce la sua prima litografia attuando quanto osservato, ogni piccolo dettaglio della realtà, di una scenografia fantastica. Continua a visitare altri paesi; nel 1935 si trasferisce in Svizzera, ma quei paesaggi amorfi e freddi, senza umanità, non gli fanno dimenticare il mondo romano.
L’inverno sulle montagne svizzere lo riporta all’apatia e alla tristezza.
Soltanto dopo la guerra, nel 1946, riprende i suoi studi e lavora con nuove idee e nuove tecniche. Nel 1951 due notevoli riviste, “Life” e “Time”, lo presentano al mondo internazionale. Anche Amsterdam si accorge di lui e organizza una mostra delle sue memorabili opere.
Ormai lavora e viaggia per presentare le sue opere, tiene conferenze anche se il suo fisico è sempre più fragile e bisognoso di cure. Quando i problemi di salute si fanno più pressanti, si rifugia nella casa di anziani artisti “Fondazione Rosa Spier” a Loren, dove il 27 marzo 1972 muore.
Quello che affascina in questo incisore romantico è l’infinito: “L’uomo è incapace di immaginare che, al di là delle stelle, nel cielo termini lo spazio, oltre il quale: il nulla”.
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