Il commissario Soneri, l’investigatore creato da Valerio Varesi, torna con una indagine che ridesta fantasmi del passato
Quinta indagine del commissario Soneri, l’investigatore che nasce dall’immaginazione di Valerio Varesi (“L’affittacamere” - Frassinelli ed. - pagg. 270 - e 14,50).
Si avvicina Natale e Soneri, mentre sta per lasciare il suo ufficio della Squadra Mobile, pensa al periodo di ferie che lo attende. In realtà il Natale gli provoca un velo di malinconia che viene spazzata via, come per effetto di una tempesta, quando scopre il cadavere di Ghitta. La donna, proprietaria di una pensione, è stata uccisa nella stessa maniera con cui vengono uccisi i maiali.
Soneri, all’interno della locanda, si trova travolto dai ricordi; era proprio nella pensione di Ghitta che il commissario alloggiava quando era un giovane universitario, e lì ha conosciuto Ada, la moglie morta già da alcuni anni.
E’ così che Soneri si trova a dovere affrontare due indagini parallele, trovare il colpevole dell’omicidio di Ghitta e capire il ruolo che la donna ha avuto nel passato di sua moglie.
L’indagine ufficiale e il percorso nella memoria.
Già con “Il fiume delle nebbie” Varesi ha fatto i conti con il passato, un passato collettivo come quello della resistenza. Con “L’affittacamere” l’autore spiega gli aspetti più intimi del suo personaggio, la vita interiore del commissario si manifesta proprio attraverso il ricordo.
Soneri è un uomo essenziale, nelle sue indagini si concentra sulla ricerca del particolare, avvantaggiato dal suo carattere riflessivo. E’ questa caratteristica, insieme alla capacità dell’autore di creare atmosfere, che avvicina Soneri a Maigret. Soneri, a differenza del suo collega francese, si avvale di abili collaboratori necessari nell’indispensabile lavoro di squadra per la soluzione di un delitto. Questi personaggi, incontrati anche nei precedenti romanzi, sono ben delineati.
Sarà la soluzione dell’indagine ufficiale che porterà Soneri a conoscere quella parte del passato di Ada, a lui sconosciuta; questa scoperta sarà causa, per il commissario, di conflitti intimi.
Attraverso queste difficoltà private, il protagonista si scopre essere un uomo che affronta con caparbietà quello che la vita gli riserva. Ha accanto Angela, una donna indipendente, estroversa, carica di passioni, a volte dura nel mettere Soneri di fronte ai propri fantasmi.
La nebbia, caratteristica dei romanzi di Varesi, ha un ruolo fondamentale. Non crea soltanto la giusta atmosfera per l’ambientazione di un giallo, è anche la nebbia che avvolge la nostra mente, quella che, una volta dissolta, ci permette di vedere con chiarezza dentro noi stessi.
E’ con queste parole che Soneri conclude la propria indagine: “Non siamo nulla… E’ il nulla che ci lasciamo alle spalle: idee, politica, ricordi, amori… Tutto sparito. Nebbia. Come quella che ci sta addosso per tanti mesi”.
Non si può quindi considerare “L’affittacamere” un giallo in senso stretto, sarebbe un limite. E’ un romanzo a tutto tondo, che contiene una trama gialla. La qualità della scrittura è raffinata e sciolta, capace di trasmettere al
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“C’è molto di me stesso”
Quattro dei tuoi romanzi (“Bersaglio, l’oblio”; “Il cineclub del mistero”; “Il fiume delle nebbie” e “L’affittacamere”) sono diventati altrettanti sceneggiati che verranno trasmessi prossimamente dalla Rai; il commissario Soneri viene interpretato da Luca Barbareschi, quali sono le paure che agitano un autore di fronte alla trasposizione televisiva dei propri romanzi?
Prima di tutto la paura che il personaggio, nella sua traduzione televisiva, assuma una statura tale, in termini di popolarità e di impressione nella memoria collettiva, tale da schiacciare il personaggio raccontato nei libri. Ciò in conseguenza della sproporzione tra la diffusione del mezzo televisivo e quella dei libri.
In secondo luogo temo che le atmosfere e il personaggio stesso possano uscire stravolti e modificati. Siccome si tratta di due componenti fondamentali, mi preme molto.
Sei un giornalista di “Repubblica” e, in quanto tale, la tua scrittura deve essere efficace e di effetto; quanto la trasformi scrivendo i tuoi romanzi?
Nel giornalismo prevale sempre la comunicatività del linguaggio, la sua capacità di rappresentare più fedelmente possibile la realtà. A questo tutto si piega, anche l’eventuale qualità di scrittura in senso estetico. Differente è l’impiego letterario della lingua pur necessaria a raccontare una storia e a essa in qualche modo funzionale. In un testo letterario la forma è anche contenuto.
Cosa vorresti raccontare ai lettori del tuo personaggio, il commissario Soneri?
Che è un personaggio in cui c’è molto di me stesso e per questo è vero. Forse richiede un po’ di tempo per abituarsi a lui come capita con le persone non facili, ma alla fine non è, credo, un incontro spiacevole.
Sul piano letterario, direi che appartiene alla tradizione dei personaggi-commissari della tradizione italiana o latina in generale. Penso ad alcuni protagonisti della letteratura francese o spagnola. Tra gli investigatori di casa nostra, un modello a cui tende Soneri è il don Ciccio Ingravallo di Carlo Emilio Gadda, l’indimenticato protagonista di “Quer pasticciaccio brutto de’ via Merulana”. Come lui è introverso, un po’ ipocondriaco, timido e a volte imbranato all’apparenza. Ma “coi bernoccoli metafisici” per interpretare la realtà.
(Intervista a cura di Simona Mammano)
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