La riduzione delle tasse introdotta dalla legge Finanziaria 2005 è stata presentata e pubblicizzata dal governo come una manovra a sostegno di tutte le famiglie e del rilancio dei consumi. Invece risultano fortemente avvantaggiati solo i contribuenti con redditi alti, ed in modo particolare quelli senza familiari a carico. Infatti le nuove deduzioni cosiddetta “family area” previste per carichi di famiglia, in sostituzione delle vecchie detrazioni d’imposta, vengono applicate con lo stesso criterio della “no tax area”, cioè in misura decrescente fino ad azzerarsi intorno ai 80.000 - 90.000 euro annui, a differenza delle detrazioni che, sebbene in misura ridotta, venivano corrisposte senza limiti di reddito. Per questo motivo, nel caso in cui entrambi i coniugi siano possessori di reddito, risulterà più conveniente attribuire la deduzione per i figli o altri familiari a carico nella misura del 100% al coniuge con reddito più basso.
Si fa l’esempio di due contribuenti, entrambi con un reddito complessivo annuo di 90.450,00 euro: il primo, senza carichi di famiglia, ottiene alla manovra un beneficio mensile di 112,00 euro, mentre il secondo, con coniuge e tre figli a carico di cui uno minore di tre anni, risulta penalizzato di un importo pari a 5,00 euro mensili. Tale differenza, però, può essere recuperata in sede di dichiarazione dei redditi, in virtù della cosiddetta “clausola di salvaguardia” prevista dall’art. 1, comma 352, della legge 311/2004 (Finanziaria 2005).
I soggetti con redditi medio-bassi, poi, ottengono benefici irrisori, mentre quelli con reddito annuo inferiore a 19.000,00 euro e senza familiari a carico, addirittura nessuno beneficio. Alcuni esponenti politici, come è noto, hanno giustificato questa situazione con il fatto che tali contribuenti hanno già usufruito di sgravi fiscali con il primo modulo di riduzione delle tasse, previsto dalla legge 289/2002, a decorrere dal 1° gennaio 2003. La portata di questa esigua riduzione è nota a tutti in quanto è stata pubblicizzata, a suo tempo, dai media.
Inoltre non è stata sanata la sperequazione di trattamento tra contribuenti in quiescenza e contribuenti in attività di servizio, introdotta dall’art. 2 della legge 289/2002 (Finanziaria 2003), che ha previsto la cosiddetta “no tax area” pari a 7.000 euro per i pensionati e 7.500 per i lavoratori.
Infine quest’ultima manovra fiscale penalizza ulteriormente i redditi medio-bassi anche per quanto riguarda il sistema di tassazione dell’indennità di fine servizio. Come si ricorderà a decorrere dal 1° gennaio 2003 la prima aliquota Irpef del 18% fino a 10.329,14 euro (20.000.000 delle vecchie lire) è stata sostituita con l’aliquota del 23% fino a 15.000,00 euro (legge 289/2002). Il legislatore in tale occasione non ha previsto alcun correttivo per impedire che quei lavoratori restassero penalizzati.
In circostanze analoghe, invece, (legge 388/2000 con decorrenza 1° gennaio 2001) fu previsto l’aumento della cosiddetta “franchigia” dalle 500.000 alle 600.000 delle vecchie lire. Ora, con l’attuazione delle nuove aliquote e scaglioni di reddito previsti dal 1° gennaio 2005, la situazione si aggrava per i redditi medi, mentre i redditi alti risultano ancora una volta favoriti.
|