Negli ultimi tre anni sono state quasi 120mila le vittime mentre undicimila sono state oggetto di molestie sessuali. Gli autori sono quasi sempre persone legate alla famiglie, alle amicizie, alla scuola
A dieci anni dalla conferenza mondiale di Pechino, poco si è fatto per arginare la violenza contro le donne. Sebbene la legge del ’96 abbia riconosciuto la violenza sessuale come reato contro la persona e non più contro la morale pubblica, continua a salire il numero delle vittime. Poco importa agli stupratori l’aumentata entità delle pene: sono cinquecentomila le donne che nel corso della vita hanno subito uno stupro o un tentativo.
L’indagine dell’Istat, svolta nel 2002, su un campione di 60mila famiglie, per un totale di 22mila donne, fotografa un quadro tutt’altro che consolante. E più avanti si va col tempo, più i dati si fanno raccapriccianti. Nell’ultimo triennio monitorato, la situazione semmai peggiora: ben 118 mila sono state vittime di almeno una violenza. Mentre 11mila di loro hanno ricevuto una molestia sessuale.
A rendere la statistica ancor più drammatica il fatto che a violentare è quasi sempre un coniuge, un compagno, un parente o un amico. Non uno sconosciuto, piuttosto una persona vicina alla vittima. Lo stupro non avviene in un parco, in una strada buia, nelle periferie delle città bensì in luoghi cari alla donna. Magari nel chiuso delle mura domestiche. Come a dire che non è dall’esterno che arriva la minaccia, ma dalla famiglia, dall’intimità delle relazioni.
In prima fila nella poco lodevole casistica dei violentatori sono gli amici (23,5%), i datori o colleghi di lavoro (15,3%), i fidanzati o ex (6,5%), i coniugi o ex (5,3%). La violenza da parte di estranei si ferma al 3,5%. I luoghi più a rischio sono la casa (15,8%), il lavoro (11,8%), casa di amici, parenti o conoscenti (9,3%). Più è grave la violenza, più si ripete: il 24,2% delle donne violentate e in particolare il 29,4% degli ultimi tre anni, ha subito violenza più volte dalla stessa persona. Con cadenza drammaticamente ciclica: settimanale o mensile.
Secondo i dati Istat il fenomeno è in crescita al Nord Italia. E, a differenza di quanto si creda, sta prendendo sempre più piede nel tessuto metropolitano. A giudicare dai dati, le donne che hanno subito uno stupro o un tentativo di stupro hanno tra i 25 e i 40 anni (3,6%), percentuale che cala per le giovani sotto i 24 anni (1,9%). Gli indicatori però si capovolgono se prendiamo in considerazione l’ultimo triennio monitorato: le giovani donne sono quelle più sottoposte a violenza (1,4% contro una media dello 0,7%).
Le donne che hanno subito violenza sono spesso doppiamente vittime. In primo luogo, di un abuso. Poi, del silenzio. Solo il 7,4% ha denunciato la violenza subita, il 9,3% negli ultimi tre anni. Ma cosa spinge le donne a tacere? Cosa le blocca dietro una cortina di silenzio.?
I dati raccolti dall’istituto di ricerca parlano chiaro: paura di essere giudicate, timore di non essere credute, senso di vergogna o di colpa. Determinante è anche l’incubo di venire scoperte dall’aggressore e la sfiducia nella capacità delle Forze dell’ordine. E se il timore di rivolgersi a un unico interlocutore è grande, quasi nessuna prende parola in pubblico.
La violenza alle donne influisce su vari piani. Se dal punto di vista fisico le ferite sono spesso gravi e profonde, da quello psicologico sono raramente rimarginabili. L’Istat assicura che, nell’ultimo triennio preso in considerazione, gli abusi sono stati caratterizzati dalla presenza di maggiori ferite (l’11,8% lievi, il 6,8% gravi). Le conseguenze psicologiche variano molto. Gli esperti che hanno assistito alle ricerche parlano di “mutamenti di atteggiamento in chiave relazionale, in chiave comportamentale con diminuzione del benessere psicofisico”.
La questione della violenza alle donne non risparmia alcun paese. In Gran Bretagna ogni anno una donna su dieci viene picchiata a sangue dal partner, marito o amante che sia. Nella tanto evoluta Svezia, ogni dieci giorni una donna muore in seguito ad abusi subiti da parte di un familiare o di un amico. Negli Stati Uniti, che hanno fatto della sicurezza il loro baluardo in tutto il mondo, ogni 15 secondi una donna viene aggredita. A renderlo noto è uno studio condotto dalla Harvard University che ha promosso qualche anno fa un dossier statistico sulla violenza contro le donne.
Un capitolo drammatico è quello relativo agli abusi nel cosiddetto “terzo mondo”. E’ lì che, per così dire, le informazioni si fanno ancor più dure. In molti luoghi la violenza domestica è una consuetudine diffusa nel tessuto sociale. A tal punto che molte delle vittime non la riconoscono neppure come tale. In un distretto del Kenia preso in esame, il 42 % delle donne intervistate veniva regolarmente picchiato dal marito.
Se lo stupro è anzitutto una forma di subordinazione violenta, in molti casi, è anche uno strumento di guerra. Sono migliaia e migliaia i conflitti con connotato etnico in cui la violenza sessuale è stata utilizzata contro le donne. Come nel caso dei Balcani o dell’Africa centrale. Nel ’93, un Centro per i crimini di guerra ha documentato 40mila casi di stupro anche se le stime non ufficiali parlano di cifre ben più alte. Nonostante tutto,
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