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Maggio-Giugno/2018 - Immagini e Cultura
Fiction Tv
In questo mondo di ladri
di Fabio Paglialunga

La “Casa di Carta”, proposta dalla piattaforma Netflix, racconta
l’assalto alla Zecca di Madrid.
Tuttavia la fiction è l’allegoria di una ribellione alla finanza
e al capitalismo esprimendo una potenza politica e sociale
che non si vede di frequente in tv.
Annunciata la produzione di una terza stagione

Prendete ‘Le iene’ di Quentin Tarantino, mescolate con ‘Inside man’ di Spike Lee, infine condite il tutto con una manciata di ‘Breaking Bad’ (a detta di molti la serie tv più appassionante di sempre): ne uscirà fuori ‘La casa di Carta’, ennesimo colpo vincente della piattaforma Netflix.
Guidati dalla mente brillante di un uomo chiamato Il Professore, un gruppo selezionato di criminali si organizzano per assaltare la Zecca dello Stato a Madrid. Le regole dettate sono chiare: nessuno deve conoscere il vero nome dell'altro e tra di loro non deve esservi relazione di alcun tipo. Per chiamarsi tra loro i rapinatori, che indossano una maschera di Salvador Dalì, usano nomi di famose città quali Tokyo, Berlino, Río, Denver, Mosca, Nairobi, Helsinki e Oslo. L’assalto ha inizio; obiettivo stampare almeno mille milioni di euro.
In realtà ‘La casa di carta’ non è un prodotto originale Netflix, ma è stata trasmessa in Spagna dal canale Antena 3 da maggio del 2017, e contava 15 episodi totali della durata di circa 75 minuti ciascuno. Netflix, acquistandone i diritti, ha deciso di renderli più simili al proprio formato, riadattandoli in puntate da 45-50 minuti e allungando così la durata della serie, dividendola, con navigata furbizia, in due mini stagioni.
Inserendo il concetto di heist movie (film dove un gruppo di individui organizza un colpo) all’interno di un contenuto televisivo, la serie spagnola fonda le radici del proprio, per certi versi incredibile, successo, sull’empatia e la forza innegabile dei suoi personaggi e sul continuo altenarsi di colpi di scena, che rovesciano punti di vista ed eventi in continuazione. È un’allegoria della ribellione, perché la banda tecnicamente non ruba, ma semplicemente si appropria dei mezzi di produzione del capitalismo, attaccando l’alta finanza alla fonte. Non a caso, si cita la rivolta popolare de la Puerta del Sol a Madrid, nel 2011, quando nacque il movimento degli Indignados, che contestavano l’austerità economica seguita alla crisi scatenata dalla caduta di Lehman Brothers; e non a caso, in una delle scene madri, la colonna sonora è niente meno che Bella Ciao.
Il racconto si svolge su due piani, quello del colpo alla Zecca di Stato che lo spettatore segue con un contatore che lo tiene aggiornato sul numero di ore dall'inizio della rapina e quello del flash back che racconta i cinque mesi precedenti, quelli in cui il gruppo si è formato. Il pubblico scopre piano piano le storie personali dei vari personaggi, che rivelano dettagli fondamentali per capire come sono stati catapultati in quella situazione, seguendo una sceneggiatura a orologeria che il suo ideatore, Alex Pina, definisce ‘’un lavoro complicato che si è sviluppato tenendo insieme sempre il concetto di contrasto: tra Inferno e Paradiso, tra giusto e sbagliato, tra logico e folle’’.
Infatti la serie gioca apertamente con l'etica e con il continuo oscillare tra bene e male e costringe lo spettatore a scegliere con chi schierarsi, senza concedergli troppi punti di riferimento. Gli sceneggiatori hanno lavorato molto sfruttando un sentimento sociale di grande attualità: lo scetticismo del popolo verso i potenti, nonché la sensazione del popolo di essere abbandonato a sé stesso.
Dopo l’inaspettato successo planetario, con tanto di ovazione ricevuta dagli attori sulla Croisette del Festival di Cannes (dove non sono mancate le critiche del direttore Fremaux a Netflix, che secondo lui soffocherebbe il cinema), è arrivato senza indugi l’annuncio della produzione di una terza stagione, prevista per il 2019. Scelta che lascia abbastanza perplessi, visto che ‘La casa di carta’ nasce come serie autoconclusiva e, nonostante i molti pregi, già presenta molti buchi di sceneggiatura nonché un finale un po’ affrettato e discutibile.
Insomma non è un capolavoro, non è geniale come ‘Breaking Bad’ o maestoso come ‘Il trono di Spade’ e certe volte i suoi personaggi parlano come in un telenovela sudamericana della programmazione mattutina. Ma ha una potenza politica e sociale che raramente si è vista in Tv. E la forza di inchiodare lo spettatore alla poltrona con un solo obiettivo: sapere cosa succederà nella puntata successiva.

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