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Gennaio/Febbraio/2005 - L'angolo del 'giallo'
Sarti Antonio e il professore
di Simona Mammano

Nell’ultimo libro di Loriano Macchiavelli e Sandro Toni torna una Bologna cambiata

Una sera a cena con una donna può essere l’inizio di una serie di guai. Così accade al sergente Sarti Antonio, il celebre personaggio di Loriano Macchiavelli, nell’ultimo libro che l’autore bolognese ha scritto a braccetto col suo concittadino Sandro Toni (“Sarti Antonio e l’assassino”, ed. Mondadori, pagg. 506, euro 18). Sarti, appartatosi in una camera di albergo con la sua amica “Biondina”, scopre, nell’armadio, il cadavere di una giovane donna vestita da sposa, con gli occhi trafitti da due spilloni d’oro. Ma l’indagine non toccherà a Sarti Antonio bensì a Raimondi Cesare, il suo capo, in questura ribattezzato èverocomesidice per il suo intercalare, che chiuderà il caso, già dai primi capitoli, in modo quanto mai frettoloso. Troppo frettoloso, al punto che la conclusione appare da subito superficiale e motivata da un vecchio astio nei confronti del condannato.
Quest’ultimo, un docente dell’ateneo bolognese da tutti chiamato il professore, finisce in galera con una pesante condanna per l’omicidio. A questo punto interviene la mano di Toni cui spetta la parte della storia che riguarda proprio il professore. Da questo momento in poi, infatti, il romanzo vive di questa felice alternanza di capitoli in cui s’incrociano le prose di Macchiavelli (l’indagine privata di Sarti Antonio) e dello stesso Toni che ci racconta la vita carceraria e i pensieri del professore. Il matrimonio di penna funziona come già funzionò quello tra Macchiavelli, il veterano del giallo italiano, e Francesco Guccini che ci ha regalato quattro romanzi di successo (Macaronì, Un disco dei Platters, Questo sangue che impasta la terra e Lo Spirito e altri briganti).
Macchiavelli e Toni motivano la loro nuova collaborazione con un’amicizia di vecchia data che ha dato l’impulso al sodalizio anche letterario.
Con Macchiavelli troviamo Bologna, una città che, come tutte le altre, ha subito profondi cambiamenti; ne riconosciamo le vie che portano molto spesso a luoghi della provincia che riescono a conservare una dimensione più umana.
La narrazione, per tutto il libro, è in terza persona.
Spicca però la simpatia che il narratore ha per Sarti Antonio; la dimostra interrompendo il racconto di ciò che avviene con dei commenti del tipo “il mio questurino” o quando spiega al lettore “e Sarti Antonio, sergente, è sulla mia lunghezza d’onda”, testimoniando l’ormai vecchio rapporto di conoscenza che c’è con il questurino attraverso l’intrusione nel racconto dei commenti del narratore. Il romanzo è pieno di avvenimenti che riescono a fare crescere nel lettore la necessità di andare avanti, per dipanare un intreccio che si complica in maniera crescente nella prima parte del libro. Anche l’alternanza dei capitoli, in cui si racconta la storia dei due protagonisti, contribuisce ad aumentare il continuo interesse di chi legge.
Come spiegato dallo stesso Macchiavelli, non c’è alcuna pretesa di realismo nella conduzione dell’indagine. Pur parlando di una specifica questura, quella di Bologna, gli addetti ai lavori non vi riconoscono i metodi d’indagine o la terminologia propria dei poliziotti. Sarti Antonio ha un grado inesistente, il suo capo viene definito un funzionario, ma dato il suo grado non può appartenere a quel ruolo. Realtà, fantasia, verosimiglianza: sono diverse le maniere per raccontare una storia. Si può scegliere tra le varie possibilità, ma l’importante è che il romanzo funzioni. Quello di Macchiavelli e Toni funziona fino all’ultima pagina.

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“Non basta arrestare i colpevoli”

Perchè il personaggio di Sarti Antonio è nato con un grado presente solo all’interno dell’esercito? E’ rimasto tale nel corso degli anni per una sorta di affezione nei confronti del tuo personaggio?

Io sono perfettamente consapevole dell’inesistenza del grado di sergente (i primi romanzi con Sarti Antonio risalgono agli anni ’70, n.d.r.), il mio è un gioco con il lettore. Con i miei racconti prendo le distanze dalla realtà, insisto dunque sulla finzione. Non adeguare il grado di Sarti Antonio è quindi voluto, egli esiste, ma solo nella finzione.
Sarti Antonio, nei film a lui ispirati, è diventato ispettore e, mi sembra, anche commissario, per me rimane sergente.

Come è cambiato Sarti Antonio in questo romanzo?

Effettivamente è cambiato, invecchiando è diventato più tranquillo ma anche disilluso; non pensa più, come un tempo, di riuscire a cambiare le cose. Adesso ha una nuova consapevolezza, cioè che non è solo arrestando i colpevoli che si ristabilisce l’equilibrio.

Perché in questo romanzo ci sono dei riferimenti che lasciano pensare a un rimpianto nei confronti di una Bologna che non esiste più?

Non è un rimpianto nei confronti del passato, non voglio far credere che un tempo Bologna fosse migliore. Il crimine è sempre esistito ed esiste ancora. Un tempo c’erano delle cose che andavano modificate, adesso ce ne sono altre.
(Intervista a cura di Simona Mammano)

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