home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 14:48

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Gennaio/Febbraio/2005 - Articoli e Inchieste
Privacy
"Sorridi, sei su Candid Camera!"
di Alessandro Floris

Stiamo ormai vivendo uno scenario orwelliano. La televisione invade ogni spazio privato, mentre si viluppano
i sistemi di controllo


Spiati dall'occhio vitreo delle telecamere, mentre ci aggiriamo per la città lasciando ovunque tracce del nostro passaggio, analisti specializzati studiano le reazioni davanti alle vetrine dei negozi, davanti ai banchi del supermercato. Il telefono cellulare intercettato da un sistema mondiale di raccolta delle comunicazioni, rivela in qualsiasi momento, anche se spento, quanto avviene nell'ambiente dove ci troviamo. Le nostre parole, inserite in una banca dati, possono richiamare l'intervento delle Forze dell'ordine e farci controllare in attesa che compiamo un qualche passo falso, e farci poi perseguire dalla giustizia.
Cosa c'è di vero in questo scenario orwelliano ricostruito con una parte dei luoghi comuni sulla privacy, non è dato saperlo.
Ogni tanto, qualche trasmissione televisiva fa terrorismo mediatico descrivendo sistemi satelliari di controllo delle comunicazioni, ma la notizia, invece che assurgere agli onori della cronaca, essere approfondita sui giornali più importanti del Paese, viene lasciata aleggiare nel limbo delle leggende metropolitane.
Per il momento dobbiamo limitarci a parlare di ciò che conosciamo e di ciò che sappiamo con certezza essere vero.
La carta di credito lascia tracce del nostro passaggio. Questo è un fatto. I nostri movimenti bancari sono controllati, così come il regolare pagamento delle utenze, dei servizi o dei finanziamenti che chiediamo, e tutti questi dati confluisono in una sorta di lista dei cattivi pagatori. Ed anche questo è un fatto.
Ogni tanto ci telefona una scuola che organizza dei corsi di lingue. Evidentemente il nostro nome con i dati personali sono reperibili in un circuito dove veniamo selezionati per età, titolo di studio, ed altri dati del genere. Anche questo è un fatto. Nessuno, d'altronde, ha mai chiamato a casa per invitare mia nonna di ottant'anni ad un corso d'inglese. Cercavano me!
E' chiaro che dai tabulati telefonici, o dai siti internet che apriamo è possibile recepire una serie di informazioni sul nostro conto. Ed è altrettanto chiaro che c'è qualche persona che sarebbe materialmente in grado di effettuare dei controlli in proposito. Ma perchè dovrebbe farlo? E quale incredibile organizzazione occorrerebbe, poi, per tenere sotto esame la vita privata di milioni, miliardi di cittadini, senza contare che gran parte delle informazioni registrate e scandagliate si rivelerebbero perfettamente inutili sotto qualsiasi punto di vista?
Come si vede, non è facile discernere tra realtà direttamente percepita e sentito dire in materia di privacy.
Dopo i terribili attentati dell'11 settembre 2001 tutti si aspettavano, e forse in parte auspicavano, un sistema più efficace di controlli al fine di salvaguardare la sicurezza del Paese.
Tuttavia, solo la protezione divina spiega come mai nessun terrorista abbia realizzato un terrificante attentato sul territorio italiano. Nella metropolitana di Roma, ad esempio, uno dei luoghi più vulnerabili e più affollati, non vige alcun sistema di controllo, e si passa indisturbati con borsoni talmente capienti e pesanti da poter contenere al loro interno un intero commando suicida armato sino ai denti.
Che tutto questo succeda in nome della salvaguardia del diritto alla riservatezza dei cittadini, ci sia permesso di dubitarne. Sembrerebbe piuttosto il risultato della disorganizzazione e della superficialità.
Ma d'altronde il diritto alla privacy fa ormai parte di quei diritti umani fondamentali che caratterizzano i Paesi occidentali, ed il rapporto annuale dell'Ufficio del garante della Privacy non manca di sottolineare come le tecnologie moderne siano studiate in modo da rilevare la nostra identità per mezzo di sistemi di riconoscimento basati sulle caratteristiche corporee, con conseguente rischio, secondo Rodotà, di una deriva in nome della sicurezza.
Già nel maggio scorso il garante era stato costretto ad intervenire per porre dei limiti alle registrazioni fatte con sistemi di videosorveglianza, limitazioni che hanno riguardato sia l'obbligo di avvertire i cittadini della presenza delle telecamere, sia il tempo massimo di conservazione delle registrazioni: 60 giorni.
Inoltre, è stato vietato abbinare suoni e voci alle immagini registrate, poiché per le intercettazioni ambientali è ritenuta necessaria la preventiva autorizzazione del giudice.
E' stato altresì stabilito che i sistemi di videosorveglianza di una abitazione non possano inquadrare anche quelle vicine.
Quella tra sicurezza e tutela della vita privata è sempre stata una difficile compensazione.
E' innegabile che i sistemi di videosorveglianza si siano rivelati di grande utilità per le forze dell'ordine nello sventare i crimini o nell'assicurare i colpevoli alla giustizia.
I furti commessi all'aeroporto della Malpensa sui bagagli dei passeggeri sono stati ripresi dalle telecamere a circuito chiuso e le prove del reato sono state poi apprezzate in televisione da tutti gli italiani.
Ma è comunque una forzatura ritenere che chi ha paura dei controlli abbia per forza qualcosa da nascondere.
Per molte persone essere osservate e spiate potrebbe costituire un fatto irrilevante, ma comunque sia è certo che la maggior parte di noi è gelosa della propria vita privata e non ha nessuna voglia di vivere all'interno di una sorta di “Truman Show” senza lieto fine.
Il grado di sorveglianza al quale siamo sottoposti, ed il conseguente tentativo di influenzare in qualche modo le nostre idee dopo aver studiato reazioni e comportamenti, è molto difficile da definire. Sicuramente siamo sottoposti ad un fuoco incrociato di immagini, comunicazioni ed informazioni tutte volte a farci agire e pensare in un certo modo, ma il 1984 ipotizzato da Orwell nel suo famoso libro è una realtà che la democrazia dei nostri Paesi sembra poter comunque scongiurare.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari