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Dicembre/2004 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Caritas
Vecchie e nuove povertà
di Ugo Rodorigo

Nel 1979 nasceva a Roma una istituzione diocesana per la difesa degli “ultimi degli ultimi”. All’interno della città esiste e convive un popolo di cittadini, nullatenenti, disoccupati, clandestini, senza casa, inabili e sbandati e per loro nacque la “Caritas diocesana” di Roma, voluta da un sacerdote, don Luigi Di Liegro, che ne seguì l’affermarsi fino alla sua morte, avvenuta alcuni anni fa.
Oggi, a distanza di venticinque anni, la Caritas prosegue il suo cammino con fede e passione, sempre attenta ai nuovi bisogni, alle nuove difficoltà. Oltre che per ispirazioni religiose, questa organizzazione si basa sull’analisi delle tante difficoltà che s’incontrano in una moderna città del 2000. Agli “ultimi” da aiutare, che portarono alla fondazione della Caritas, si sono aggiunte altre pesanti povertà. La vita è difficile più di sempre perché ai poveri tradizionali si sono aggiunti anziani soli, giovani di periferie, donne che per lavorare non possono occuparsi dei loro figli. Inoltre c’è una parte rilevante del ceto medio che sta scivolando nella povertà. Oltre che all’aiuto materiale, questo nuovo problema incita e valorizza l’accoglienza e la comprensione. La Caritas, affiancata in parte da gruppi del Volontariato Vincenziano, esercita con generosità questo tipo di sostegno, specialmente nelle situazioni complesse che è difficile catalogare perché ogni essere umano vive la propria sofferenza in modo del tutto unico.
Nella Capitale circa 150mila famiglie sono in difficoltà grave, oltre alla povertà più pericolosa, la povertà invisibile.
L’eredità che don Di Liegro ha lasciano a monsignor Guerino Di Tora consiste in un esercito di poveri che tende ad aumentare sempre di più. È un dato registrato nelle 300 parrocchie romane dove sono stati creati centri di ascolto.
Quando don Luidi Di Liegro istituì i primi centri, comunicò al Comune di Roma che 200mila romani vivevano al limite della sopravvivenza; oggi, a 25 anni di distanza, sono diventati molti di più. Non si conosce il numero attuale perché la povertà a volte viene ritenuta una situazione di cui vergognarsi e non si sa dove comunicare il proprio disagio e dove chiedere aiuto. L’estensione della città ha creato problemi logistici e può capitare di trovare sacche di povertà nel centro storico come nelle zone medio-alte, dove crescono le presenze di extracomunitari e nomadi.
C’è poi un problema che potremmo dire prioritario, in particolare: le famiglie giovani senza lavoro e, quindi, senza sussistenza. Altro scoglio da superare la richiesta, da parte di immigrati, di rimanere nel nostro Paese senza vivere nell’ombra o con il timore di essere espulsi. Questi sono i nuovi sfortunati che vanno ad aumentare l’esercito dei poveri. Un fardello pesante per tutti è la crisi economica che ha messo in cassa integrazione tanti dei nostri “fratelli”.
Il potere d’acquisto ridotto, il dover andare in pensione anzitempo senza opportunità di reinserirsi nel mondo del lavoro e il numero degli anziani, anche se ancora autonomi, che cercano punti di ritrovo che li allontanino per qualche tempo dalle mura domestiche, gli ammalati che hanno bisogno di essere assustiti per superare l’isolamento quotidiano e risolvere le incombenze numerose che non riescono a soddisfare con le loro forze: ecco i punti del fenomeno.
Segnali positivi vengono da parrocchie tenute da sacerdoti giovani. Per loro la laicità cattolica non è una perdita di potere ma un accrescimento per il bene comune: l’edificazione dell’uomo perché diventi più persona. Non sempre intuiamo quello che si cela dietro un viso spento. Molte realtà ci sembrano normali perché siamo abituati a vederle, ma dietro c’è un mondo di disagi, paure, sofferenze, a cui dobbiamo dare speranza, energia, aiuto per stimolare la voglia di vivere. È un lavoro aperto a tutti. C’è tanto da fare e ciascuno di noi può trovare il modo di operare e scoprire che aiutando chi soffre è possibile cambiare il mondo, perché tutti abbiamo “diritto al futuro”. A volte l’ignoranza e la povertà sono una conseguenza dell’altra, ma la responsabilità personale e l’aiuto della collettività potranno aiutare a superare momenti difficili. Se non ci guardiamo intorno come possiamo aiutare chi ne ha bisogno? Le famiglie interessate al nuovo impoverimento, che non arrivano alla fine del mese, ma che in apparenza tentano di nascondere il loro stato precario, si isolano nelle loro case per una vergogna estranea alla loro volontà. Tra questi i giovani che si allontatano da casa diventando barboni e alcolisti.
I più fragili sono sempre i giovani con un unico genitore, persone che vivono sole, famiglie numerose, malati psichici ed immigrati in gravi difficoltà.
Venticinque anni sono trascorsi da quando Luigi Di Liegro lanciò un’idea da sottoporre ai fedeli: saltare un pasto e devolvere l’equivalente ai fratelli più sfortunati. Così è partita la Caritas.
Da allora le iniziative si sono susseguite senza sosta. Il primo centro di assistenza iniziò in viale Manzoni a Roma con 450 pasti al giorno. Attualmente le mense sono cinque: Colle Oppio, via Marsala, Primavalle, lungotevere Vallati e Ostia. Allora nacque anche un dormitorio per i senza fissa dimora a Trastevere e poi, ogni anno sono stati aperti altri ricoveri.
Oggi funzionano anche case famiglia e alloggi per minori, laboratori di avviamento al lavoro nel carcere minorile di Casal del Marmo. Funzionante un ambulatorio alla stazione Termini ed una struttura per malati di Aids a Villa Glori.
Questo è quanto è nato dall’idea di un piccolo sacerdote spinto dalla forte volontà di porgere una mano a quanti non credevano più alla solidarietà umana, a quell’esercito di poveri, “ultimi tra gli ultimi”.

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