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Dicembre/2004 - Interviste
Politica
"Dobbiamo reagire alla logica della guerra"
di a cura di Paolo Andruccioli

Oliviero Diliberto, Segretario del Pdci, analizza l’attuale crisi della politica che rischia di essere sopraffatta dalla logica militare. Parliamo anche delle riforme costituzionali e dei tanti trabocchetti che nascondono



Incontriamo Oliviero Diliberto, ex ministro della Giustizia nel governo D’Alema, per parlare proprio di Giustiza, politica e guerra. La prima cosa che vorrei chiederti, in una intervista ad ampio raggio, riguarda la riforma dell’ordinamento giudiziario. C’è stata una grossa polemica. Che cosa ne pensi?

La riforma della Giustizia, per meglio dire dell’ordinamento giudiziario, non può essere isolata dal resto dell’azione di governo. È uno dei tasselli, tra i più importanti, di un mutamento generale di modello di società. Da un lato abbiamo le questioni economico-sociali, gravissime, cioè lo smantellamento di diritti conquistati dai lavoratori in almeno tre generazioni; penso alla cosa più enorme, cioè la cancellazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato. Dunque non una o più forme di precarizazione, ma la precarizzazione totale del mercato del lavoro per i più giovani, che se la leghiamo alla riforma pensionistica otteniamo un risultato molto chiaro: una intera generazione di coloro che entrano oggi nel mondo del lavoro, non avranno nemmeno la pensione.
Perché essendo la pensione tutta contributiva, ed essendo queste forme precarie legate a un lavoro saltuario e dall’altro decontribuite, ridurranno i diritti. Di fatto o uno si fa la pensione integrativa, cioè privata, o uno la pensione non l’avrà mai. E la pensione integrativa dubito che si riesca a farsela guadagnando 600/700 euro al mese. Aggiungiamo la riforma della scuola che ha reintrodotto l’avviamento al lavoro, cioè la scuola in classe, tutte le misure economico-sociali di questo governo sono tese sulla Sanità, sull’handicap, sul taglio selvaggio agli Enti locali, quindi ai servizi sociali, insomma tutte tese a destrutturare il modello dell’eguaglianza come fondante della nostra società.
Sul piano istituzionale è in atto una modificazione profondissima, perché le modifiche sulla seconda parte della Costituzione sono una vera mistificazione, una bugia: si dice “noi cambiamo la seconda parte, lasciamo intatta la prima cioè i principi generali e i diritti”. Non è vero perché se io attribuisco alle Regioni la podestà legislativa esclusiva su Sanità e Scuola ad ogni singola Regione, io vado a colpire la prima parte della Costituzione, cioè i diritti fondamentali, perché i diritti a quel punto saranno modulati sulla base della ricchezza di ogni Regione. Verrà determinato come si svilupperà la Sanità e la Scuola pubblica; sarà un bagno di sangue autentico per il Mezzogiorno. Dal Lazio in giù non si potrà più pagare la Sanità pubblica e la Scuola, visto che anche i programmi scolastici potranno essere determinati dalle Regioni; avremo così la scuola Padana, avremo delle cose che non stanno né in cielo né in terra. È la fine di uno dei principi chiave della Costituzione, cioè la universalità dei diritti: da Treviso a Pantelleria avevi esattamente gli stessi diritti.
Se a questo scenario aggiungiamo il modello iperpresidenzialista, per cui il Presidente del Consiglio è 1) eletto direttamente dagli italiani e 2) ha il potere di scioglimento delle Camere, cioè tiene sotto ricatto il Parlamento, ci accorgiamo che siamo di fronte alla divisione dei poteri, cioè uno dei principi cardine della democrazia moderna. Insomma, il quadro è molto fosco e, una volta aggredito il potere legislativo cioè il Parlamento, con questa riforma, una volta destrutturato lo Stato attraverso la devoluzione, adesso c’è l’aggressione all’ultimo dei poteri previsti nella tripartizione classica, e cioè il potere giudiziario. Questa riforma colpisce uno dei principi chiave della democrazia, cioè l’indipendenza della Magistratura. Il fatto che addirittura i magistrati debbano essere sottoposti a dei test attitudinali, non dei test sulla preparazione, che i concorsi interni alla magistratura vengano gestiti attraverso il Ministero, quindi il potere politico, che ci sia subordinazione all’interno della Magistratura, gerarchica rispetto ai gradi più alti, cosa che era stata sconfitta proprio dalle battaglie degli anni Settanta, tutto questo ci porta ad un sistema che è fortemente regressivo.
Il tutto, potere legislativo, destrutturazione dello Stato, potere giudiziario, il tutto condito con la legge Gasparri sull’informazione; cioè con un sistema informativo che fa sì che le persone normali sappiano come sta andando il Grande fratello o L’isola dei famosi, ma non sappiano nulla di quello che succede realmente in Italia.
Quindi il quadro è molto fosco e bisognerà attrezzarsi prima di tutto percacciare questo governo quanto prima, e io spero che possano prendere una sonora sconfitta alle prossime elezioni regionali e non escludo neppure che se verranno sconfitti si possa andare alle elezioni politiche anticipate. In ogni caso dobbiamo attrezzarci rapidamente. Torneremo a governare noi del centrosinistra per mettere mano ai disastri che hanno combinato loro. Si dovrà partire con l’abrogazione di alcune delle leggi più inique del governo Berlusconi.

Torniamo agli aspetti più specifici. Mi pare che questo governo alcune cose le ha fatte, altre le ha promesse come la riforma fiscale. Per quanto riguarda la riforma dell’ordinamento giudiziario che cosa si può dire di più preciso?

Il governo ha avuto molte difficoltà. Ogni qualvolta si chiede lo scrutinio segreto e si riesce ad ottenerlo, si possono scatenare cose sotto, perché potendo votare non controllati dal padrone molti deputati di destra si vergognano di quello che sta succedendo e magari votano contro. La maggioranza però è talmente ampia che non ha avuto problemi alla fine a far passare la riforma. Si tratta di una di quelle cose su cui dovremmo mettere mano quando torneremo a governare noi.

Parliamo però ora degli effetti della devoluzione. Che cosa implicherà dal punto di vista delle Forze di polizia, della sicurezza; si parla ora anche di Polizie locali con più poteri...

Questo è un altro tema importante. Perché ci sono tre aspetti per cui viene data potestà legislativa esclusiva alle Regioni, uno dei tre è la Sanità, l’altro è la Scuola e il terzo è la Polizia locale. Anche se poi non si capisce che cosa voglia dire; perché Polizia locale cosa è? Sono i vigili urbani? E allora non c’è bisogno della devoluzione perché sono già alle dipendenze dei Comuni. Le Guardie Venatorie? Sono già regionali. Allora Polizia locale che cosa vuol dire? Vuol dire esattamente che - ma ciascuno temo interpreterà come vuole - che ci possa essere il rischio di una regionalizzazione delle Forze dell’ordine, di tutte le Forze dell’ordine. Che è quanto di più sciagurato di possa immaginare, almeno secondo il mio punto di vista, perché se c’è una cosa che deve essere statale è proprio l’esercizio della forza sotto l’azione della legge.
Ma se è la stessa legge che viene applicata in due modi diversi, in Lombardia o in Calabria, francamente inizio a temere sul serio sul piano della tenuta democratica del Paese. E se le Forze dell’ordine dovessero essere guidate da un presidente della Regione o dal sindaco, sulla base di valutazioni politiche e non di valutazioni legali, allora assisteremo magari al fatto che in certe Regioni danno l’ordine di assaltare le moschee e in altre Regioni non danno l’ordine di combattere la malavita organizzata.
Questa francamente è una cosa che suscita grandissima preoccupazione, è fonte di grandissima preoccupazione. Io spero che se approveranno questa riforma costituzionale, essa venga cancellata dal referendum successivo, quello previsto dalla Costituzione in caso di cambiamenti, appunto, della Costituzione medesima. Non ci sarà bisogno di raccogliere le firme, è un referendum confermativo già previsto, e sono abbastanza persuaso che la grande maggioranza degli italiani non voglia questa cosa qui, che è la fine dello Stato.

Quindi secondo te andrà avanti tutto il processo: faranno la riforma fiscale, ma anche la Poiizia locale?

Fino adesso, si chiede tutto, non escludo che andando avanti la riforma, siccome hanno bisogno di maggioranze blindate per farla passare, possano stralciare, cioè togliere qualche cosa, ma al momento c’è tutto.

Hai parlato prima di legalità, del principio di legalità. Puoi spiegare ai lettori, come lo intendi tu? Perché in quest’Italia mi pare stia cambiando anche il concetto di legalità.

Purtroppo la legalità è facile da spiegare e molto difficile da applicare. Da spiegare è semplicissima: è il rispetto della legge. Purtroppo, la fase che stiamo vivendo è una fase classica di sobersivismo della classe dirigente, anche dal punto di vista della legalità. Faccio due esempi. Se una maggioranza parlamentare cambia le leggi in modo tale da depenalizzare alcuni reati come il falso in bilancio, la legge è cambiata, sul piano formale non vi è alcuna violazione. A quel punto il magistrato deve assolvere coloro che hanno fatto il falso in bilancio, ma è una violazione della legalità perché il falso in bilancio è un reato gravissimo, contemplato come tale in tutti gli ordinamenti del mondo, in America si prendono 25 anni di galera se uno falsifica un bilancio. Addirittura negli Stati Uniti, paese guida per il nostro governo per molti versi, negli Stati Uniti c’è l’Authority monetaria che ha il potere di arresto.
Una cosa che nella nostra cultura è abbastanza impensabile, ma la cito soltanto per dire che lì negli Usa c’è una concezione della moralità pubblica molto più avanzata. Quindi, il primo esempio è quando una maggioranza cambia le leggi, allo scopo di sottrarre a un regolare processo i propri rappresentanti. L’altro esempio è quando addirittura un presidente del Consiglio, di fatto, assolve moralmente coloro che violano le leggi. Per esempio quando ha detto che lui capisce gli evasori fiscali, perché le tasse sono molto alte. Terzo esempio: i condoni. Noi abbiamo avuto il condono fiscale, il condono edilizio e il condono ambientale. E cioè retroattivamente è la sanatoria di violazioni di legge.
Complessivamente c’è un livello di concezione della legalità che si sta progressivamente abbassando, perché la classe dirigente dovrebbe - il condizionale in questo caso è d’obbligo - dovrebbe essere quella che dà l’esempio, viceversa qui si dà esattamente l’esempio contrario. E cioè: evadi le tasse? Bravo, sii più furbo degli altri. Contravvieni alle regole? Bravo, ti premiamo.
Questa concezione del mondo sta creando dei guasti profondi, a livello pedagogico. Anche perché - visto che stiamo chiacchierando e questa nostra chiacchierata apparirà sul giornale destinato alle Forze dell’ordine - le Forze dell’ordine diventano demotivate a far rispettare la legge, la magistratura è sempre più demotivata. È quindi un guasto che produce anche effetti indotti molto, molto seri. Io, ovviamente, mi auguro che finiscano quanto prima e che si possa tornare ad un concetto di legalità sostanziale, non solo formale.

Un’ultima cosa, una domanda di attualità, sempre per raccontare un po’ il clima che viviamo; dopo le elezioni americane cambia qualcosa rispetto al movimento pacifista, la battaglia di molti contro la guerra, pensi che si rafforzerà oppure si indebolisce, come si dice nei dibattiti televisivi, perché adesso siccome ha vinto Bush, in Europa non potranno che avanzare le posizioni più bellicistiche?

Ha vinto Bush e questo è un guaio per tutti, secondo me anche per gli americani. Perché il mondo che abolisce la politica estera e la sostituisce con la guerra, è un mondo che è ingovernabile per tutti, anche per i più forti. Il paradosso della fase attuale è che gli Stati Uniti d’America non sono mai stati così forti, in tutta la storia umana, ma non sono mai stati neanche così deboli. Non è un caso che l’11 settembre, l’attacco al cuore dell’impero, arriva ora. Non c’è mai stata una cosa del genere, lontanamente paragonabile nemmeno ai tempi della guerra fredda. E’ finito un equilibrio, ma non si è costruito un nuovo equilibrio e l’America vive questa fase chiusa in un bunker convinta, a maggioranza perché hanno votato per Bush, che la guerra sia la risposta.
La risposta invece, è esattamente il contrario perché il terrorismo è drammaticamente aumentato in tutto il mondo, e l’odio nei confronti degli americani è aumentato in tutto il mondo. Stanno partendo “guerre sante” e di converso “crociate”, l’odio reciproco, l’incomprensione reciproca, la guerra tra culture, tra religioni, tra etnie, tutto questo fa piombare il mondo in un incubo senza fine. Una volta si diceva che la guerra era la prosecuzione della politica con altri mezzi, adesso la guerra diventa la sostituzione della politica. Questo è un disastro per tutti, tanto più per noi che viviamo nell’Occidente e per la prima volta ci vediamo minacciati simmetricamente da due cose: dalla guerra e dal terrorismo. Entrambe sono due facce della stessa medaglia. Soltanto interrompendo questa spirale si può uscire da questa situazione.

Ma come si fa a distinguere tra guerra e lotta al terrorismo visto che siamo attaccati da tutte e due le parti? C’è infatti chi confonde l’attività bellica con quella di intelligence e Polizia.

Bush, subito dopo l’attacco alle due Torri, disse una sola cosa intelligente, e non a caso l’ha subito dimenticata, cioè disse: “E’ tempo di dare uno Stato ai palestinesi”. Una affermazione molto coraggiosa, molto avanzata - e difatti se l’è subito rimangiata - ma disse l’unica cosa seria, e cioè che il terrorismo si combatte impedendo che ci siano dei ragazzi di 17 anni che vanno, carichi di tritolo, a farsi ammazzare. Perché con la guerra tu puoi sconfiggere chi ha paura di essere ucciso. Ma chi decide programmaticamente di morire, non è sconfiggibile, non si può battere attraverso la guerra.
Questo è il punto: bisogna risolvere i problemi. Ma l’Iraq, prima ancora che un crimine è stato un errore, perché l’Iraq rappresentava, nel bene e nel male - e molto nel male perché Saddam Hussein era un essere spregevole - un baluardo della laicità nel Medio Oriente. Quando finirà questa guerra che è ancora in corso e se ne andranno gli americani -(chissà quando) - che cosa ci sarà in Iraq? Visto che il 75% sono sciiti? Se ci saranno le elezioni avremo un governo simile a quello dell’Iran. Bel risultato, complimenti, una cosa da avventuristi, cioè, tu inizi una cosa senza sapere quale sarà l’esito, o immaginando un esito totalmente differente, perché l’alternativa è rimanere come truppe d’occupazione per un secolo, ma non mi sempra che sia reggibile, neanche dal punto di vista strettamente economico.
Quindi, insomma, è un autentico disastro e io non voglio edulcorare la realtà, la rielezione di Bush significa altri quattro anni di disastro. E il movimento pacifista deve essere in grado di attrezzarsi per reggere altri quattro anni di disastro.

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