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Dicembre/2004 - Interviste
Religioni
Cristianesimo e Islam un dialogo non facile
di a cura di Ettore Gerardi

Padre Ciro Benedettini, giornalista e vicedirettore della Sala stampa della Santa Sede, parla dell’auspicabile incontro tra le due più grandi religioni monoteiste del mondo, i cui contrasti affondano le radici nella storia. Il ruolo di Papa Giovanni Paolo II



E’ auspicabile e possibile allo stato un più intenso e costruttivo dialogo fra cattolicesimo e Islam, anche alla luce degli attuali scenari di guerra nel Vicino Oriente?

Non solo è auspicabile e possibile, ma necessario. La guerra e la situazione nel Vicino Oriente rendono semmai ancora più urgente l’esigenza del dialogo fra cristiani ed islamici. Del resto, quale sarebbe l’alternativa al dialogo: il confronto, lo scontro di civiltà, le guerre di religione? Penso che nessuno voglia tornare alle Crociate.
Dobbiamo ammetterlo: non è un dialogo facile, ma è inevitabile. Per molte ragioni. Cristianesimo ed Islam sono le due maggiori religioni dell’umanità, insieme formano quasi la metà dei credenti della terra. Hanno, quindi, una grande responsabilità nei confronti di tutti gli abitanti della terra. Inoltre, le due religioni hanno molti punti in comune. Cristianesimo ed Islam (ma anche l’ebraismo) sono religioni monoteistiche, credono in unico Dio (sia pure percepito in modo diverso); ambedue sono “religioni del libro” (credono in una rivelazione divina codificata in testi scritti). Ambedue fanno riferimento ad Abramo, modello di fede in Dio, accettano Gesù come profeta (l’Islam non lo riconosce come Dio incarnato) ed hanno una venerazione per Maria, la madre di Gesù.
Alle motivazioni teologiche si aggiungono quelle sociologiche. La nostra società è sempre più multietnica e multireligiosa. Persone di diversa etnia, cultura, religione sono costrette a vivere una accanto all’altra. In Europa vi sono oltre 14 milioni di musulmani e il numero è destinato ad aumentare. Anche una semplice convivenza ha bisogno di tolleranza e rispetto reciproco, irraggiungibili senza dialogo. Inoltre, la democrazia, di cui noi occidentali ci gloriamo e che addirittura vorremmo esportare, ha come principio cardine il riconoscimento della dignità di ogni persona, la libertà e la partecipazione di tutti al bene comune.

Quali sono gli ostacoli più evidenti a questo dialogo?

Sono molteplici. Alcuni affondano le radici nella storia. Per secoli Cristianesimo ed Islam si sono confrontati, gli uni hanno ritenuti gli altri una minaccia ed un nemico. Non è facile scrollarsi di dosso questo retaggio storico, che sembra oggi riprendere vigore a motivo soprattutto del fondamentalismo islamico, con il suo contorno di terrorismo, kamikaze, che danno l’impressione di un mondo islamico aggressivo, impazzito, nemico ad oltranza della civiltà occidentale.
Vi sono, inoltre, aspetti nelle società islamiche che appaiono perlomeno imbarazzanti per gli occidentali: una certa condizione di inferiorità della donna e la mancanza di reciprocità. Quella libertà religiosa di cui i musulmani giustamente godono in Occidente non è riconosciuta ai cristiani in alcuni paesi a maggioranza islamica.
Un ostacolo al dialogo è costituito anche da un malcelato complesso di superiorità culturale degli occidentali, che è percepito da molti islamici come arroganza culturale che urta la loro sensibilità e suscita diffidenza ed avversione. Sotto questo aspetto la guerra contro l’Iraq è stata devastante.
C’è infine un ostacolo che non ha nulla a che fare con la religione in sé, ma è di natura economica e psicologica: alcuni stati musulmani sono detentori delle grandi riserve di petrolio, sul cui consumo sono basati in gran parte l’economia ed il benessere dei Paesi industrializzati. Il timore che chiudano il rubinetto o ne diminuiscano la portata, strozzando i paesi industrializzati con l’aumento del prezzo, toglie il sonno a molti occidentali, anche all’uomo della strada che ogni giorno deve salire sulla sua autovettura. Anche questo bisogna mettere in conto.

Sono ostacoli superabili?

Non vi è ostacolo che sia insormontabile, se vi è volontà di dialogare. Ciò non significa che sia facile. Bisogna mettere in preventivo fatica, insuccessi, pazienza, immunità allo scoraggiamento.
La prima regola del dialogo è la conoscenza degli interlocutori. Bisogna riconoscere che in Occidente vi è una diffusa ignoranza della cultura islamica e del Corano, il libro sacro dell’Islam.
Sono ancora molti i pregiudizi e le generalizzazioni da ambedue le parti. C’è purtroppo la tendenza in Occidente a fare, come si dice, di ogni erba un fascio. Non tutti i musulmani sono terroristi o pregiudizialmente anti-occidentali. C’è un Islam fondamentalista, ma anche un Islam moderato che va sostenuto e con cui si deve dialogare e collaborare. La presenza in Europa di milioni di musulmani dovrebbe essere uno stimolo per una migliore conoscenza dell’Islam e per il dialogo. L’Islam non è monolitico. Non si dialoga con l’Islam, ma con le persone islamiche. Se si guarda alle persone tutto diventa più facile.
Bisogna superare la paura della diversità. Dialogare non significa rinunciare alla propria identità, ma tendere insieme alla reciproca comprensione ed all’arricchimento vicendevole. Purtroppo, noi occidentali, abbiamo un grave problema di identità: siamo diventati rinunciatari, quasi vergognosi delle nostre radici culturali cristiane, in nome di non si sa quale laicità e pluralismo religioso. In questo modo si fa torto all’Europa e non si aiutano gli altri. Bisogna sapere chi siamo e da dove proveniamo per dialogare con l’Islam. Solo essendo se stessi si può accogliere l’altro.
Se il dialogo teologico islamo - cattolico è difficile (alcuni elementi sono inconciliabili), è invece alla portata di tutti il dialogo della vita, delle opere; quel dialogo che fa collaborare cristiani e musulmani per promuovere la pace, la cultura della vita (come sottolinea spesso Giovanni Paolo II) eliminare le cause sociali e politiche del terrorismo e risolvere i gravi problemi delle nostre società. In un mondo, soprattutto occidentale, segnato dal secolarismo e dalla indifferenza religiosa, cristiani e musulmani sono chiamati a lottare contro la dimenticanza di Dio e difendere e sostenere i valori della dignità umana e della libertà.

Papa Giovanni Paolo II sta operando molto in tal senso; che risposte si hanno dal mondo musulmano?

Nessun altro leader religioso o politico ha promosso il dialogo interreligioso con tanta convinzione, tenacia e coraggio quanto Giovanni Paolo II. Nei suoi viaggi in Paesi islamici ha sempre evidenziato l’esigenza reciproca del dialogo, chiamando “fratelli” i musulmani, ricordando “i legami spirituali” che li uniscono ai cristiani. Non si tratta di una strategia opportunistica. Dialogare per i cristiani non è una semplice esigenza politica o sociologica, ma una necessità che deriva direttamente dal comandamento di Cristo di amare il prossimo. Per questo Giovanni Paolo II non si stanca di invitare tutte le religioni del mondo, Islam in prima fila, ad allearsi e rendersi protagonisti della promozione della pace, della solidarietà, dei valori morali e dello spirito. Per questo ha promosso gli incontri interreligiosi di Assisi. Per questo continua a sospingere tutti i cristiani a perseguire il dialogo nonostante ostacoli e insuccessi.
I risultati? Quello del dialogo è un campo in cui i frutti maturano lentamente e si colgono in tempi lunghi. I risultati, comunque, ci sono e sono più numerosi di quanto si possa credere. Per esempio, all’indomani della guerra della Coalizione contro l’Iraq, i leader della Lega Araba hanno riconosciuto che se quel conflitto non si è trasformato in uno scontro di civiltà e di religione il merito va attribuito a Giovanni Paolo II. Sono sempre più numerosi i leader musulmani che si recano dal Santo Padre e lo ringraziano per il suo instancabile impegno a favore della pace, della dignità della persona, della libertà, del progresso dei popoli.
Nelle istituzioni internazionali più volte la Santa Sede ha ricevuto l’appoggio di Paesi islamici su temi riguardanti la pace e la difesa della vita. In alcuni paesi musulmani si assiste a nuove, sia pur tiepide, aperture, come il permesso di costruire luoghi di culto cristiani, finora proibiti.
Il cammino è lungo e non sono certo le divergenze o questo o quell’insuccesso a scoraggiare il Papa.

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