Da parte degli Usa (superpotenza mondiale) e delle truppe alleate, troppi sono stati gli errori strategici e politici commessi subito dopo l'avanzata trionfale in quel paese e l'abbattimento di Saddam Hussein
La storia ci sta insegnando che se per certi paesi, militarmente avanzati, con grandi possibilità belliche, è possibile vincere qualsiasi guerra è altresì possibile che questi perdano ogni pace.
Durante la guerra in Iraq, le navi militari Usa, in coordinamento con le incursioni degli aerei B2 e F117 (i famosi aerei invisibili ai radar), lanciarono centinaia di missili Cruise e Tomhawak sulle strutture C4-IEW Irachene, distruggendo ogni coordinamento, tra le truppe in campo e tra le istituzioni di controllo interno statali. Dopo i bombardamenti, i servizi d’intelligence e di Polizia erano diventati inefficaci, di alcuni ministeri e molti centri di controllo governativi rimaneva solo lo scheletro dei palazzi. I servizi essenziali alla popolazione già stremata da molti anni di embargo, non erano più assicurati. La guerra aveva portato il caos, in tutto l’Iraq, nei giorni successivi agli attacchi, le funzioni statali avevano cessato di esistere. La polizia si era in pratica dissolta e bande di cittadini si organizzavano per la difesa da altre bande di cittadini, che si erano invece organizzate per lo sciacallaggio.
L’avanzata militare anglo-americana è stata talmente fulminea che alla fine delle ostilità, dichiarata dal Presidente Bush nel maggio 2003, i soldati americani si sono trovati di fronte ad una situazione paradossale: conquistando la capitale, le città più importanti ed i siti di controllo ex-governativo, avevano vinto la guerra ma non avevano il controllo di gran parte del territorio iracheno.
Il controllo del territorio è di fondamentale importanza per la gestione, non solo dell’ordine pubblico ma anche del contrasto alla guerriglia terroristica, la quale, da sola, ha provocato in Iraq più vittime della guerra stessa, vittime non solo americane o inglesi, che sono paesi belligeranti ma anche di decine di altri paesi assolutamente estranei ad ogni coinvolgimento bellico. La guerriglia ha colpito indiscriminatamente, la popolazione civile, le Nazioni Unite, la Croce Rossa Internazionale i militari Italiani, giunti in quel paese con scopi essenzialmente umanitari. La guerriglia ha anche colpito le organizzazioni non governative, disarmate, pacifiste, contrarie alla guerra preventiva, che hanno scopi esclusivamente di pace, contrarie addirittura allo spiegamento umanitario italiano perché forza militare, come nel caso recente del sequestro delle due operatrici umanitarie Simona Pari e Simona Torretta.
Secondo un calcolo approssimativo sono quasi mille gli iracheni che ogni settimana perdono la vita: vittime della violenza comune o uccisi dalle forze di occupazione ai checkpoint o nel corso dei raid americani nei sobborghi di Baghdad nel quartiere chiamato “Sadr City” e nel "triangolo sunnita" a nord della capitale o dilaniati da autobombe alle code per i vari “recruitment” o per gli uffici statali. Chi può, assume agenti di sicurezza privati armati per difendere le proprietà e cerca di trasferire i risparmi in altri paesi (Giordania o in Siria). I commercianti tengono nei loro negozi, pistole e fucili pronti a sparare contro eventuali criminali o semplici affamati.
Ma realmente cosa è andato storto in Iraq? Vediamo di seguito alcuni errori strategici e politici che hanno reso possibile il disastro nella zona comandata dagli americani prima ancora delle mediazioni Onu o del governo provvisorio:
- Secondo Larry Diamond, Senior Advisor della C.P.A. (Coalition Provisional Authority) e professore a Stanford, la fase post-bellica è stata male organizzata a livello politico, infatti i maggiori esperti della situazione irachena erano stati esclusi dal giro della C.P.A. . In buona sostanza, il governo formato dai membri della coalizione, che avrebbe dovuto traghettare l’Iraq verso la democrazia, non era esperto delle problematiche che avrebbe dovuto affrontare.
L’Ufficio per la Ricostruzione e l’Assistenza Umanitaria Usa che si sarebbe dovuto occupare dei bisogni degli irakeni nel periodo post-bellico fu istituito in seno al Dipartimento della Difesa sotto la supervisione del generale Garner solo otto settimane prima dell’invasione dell’Iraq, a quest’ufficio non fu assegnato personale qualificato e nemmeno informazioni indispensabili per la sua attività. Furono previsti alloggi ed aiuti alimentari per eventuali profughi, altre eventualità come i saccheggi su larga scala non furono nemmeno considerati. Uno dei motivi dei saccheggi a Baghdad fu la presenza di tanti edifici intatti da saccheggiare, i bombardamenti americani infatti, non avevano toccato edifici che non fossero obiettivi militari.
- Le forze di occupazione alleate non hanno i numeri in termini di “manpower” per un efficace controllo del territorio, gli americani sono circa 100.000 uomini quando dovrebbero essere almeno il triplo. Agli inizi della missione quando ancora la Polizia irachena non era operativa, il contrasto criminale era cosi di basso profilo che ad esempio a Najaf una cittadina di qualche migliaia di abitanti, i registri del cimitero certificavano quotidianamente la sepoltura di una ventina di cadaveri. Tutto questo perché Donald Rumsfeld, segretario alla difesa Usa, non seguendo i consigli dei generali del Pentagono, aveva voluto uno spiegamento agile delle truppe, perciò non c’erano militari sufficienti a garantire la sicurezza dei cittadini: a stento riuscivano a garantire quella propria.
- Quando i saccheggi presero piede gli americani non erano in grado di fermarli, la decisione di non proteggere il museo nazionale e il ministero della salute, contribuì più di ogni altra cosa a convincere la popolazione locale che gli Usa erano in Iraq solo per interessi economici e per il petrolio.
- I soldati americani si sentono in pericolo e vivono in una sorta di spazio supercontrollato, hanno verso la popolazione un atteggiamento troppo aggressivo, comportandosi da più occupanti che da liberatori (Es. il caso della bandiera americana messa al posto della statua di Saddam), alimentano cosi, il già diffuso sentimento antiamericano della gente. Un esempio su tutto: per guadagnare consensi le attività CiMiC americane, dopo numerosi sforzi riuscirono a ricostituire lo zoo di Baghdad, il giorno dell’inaugurazione, due soldati ubriachi sentendosi in pericolo, perché colpevolmente troppo vicini a delle tigri, hanno iniziato a sparare uccidendone due, scatenando il risentimento di tutte le famiglie giunte allo zoo per l’apertura .
- Quando Bush rimpiazzò Garner con Paul Bremer, il primo atto che questi fece fu l’annuncio del completo smembramento dell’esercito iracheno che contava 400.000 uomini e la rimozione dall’incarico di 50.000 funzionari del partito Baath che gestivano le attività di governo. In un paese in cui un nucleo familiare è composto in media da sei individui licenziare 450.000 persone significa lasciarne prive di reddito 2.700.000 in pratica gli americani si erano inimicati il 10% della popolazione irakena.
- Non recuperando l'esercito regolare di Saddam Hussein, rimasto in larga parte ai margini della guerra, lasciando che si disperdesse col materiale in dotazione, gli americani hanno inondato l’Iraq di armi e di esplosivi. Con questo materiale e con la rabbia di essere stati epurati, molti ex-militari hanno compiuto e compiono atti di terrorismo in tutto il paese.
- Gli americani non sono riusciti a contrastare gli attentati contro la popolazione civile, le neonate strutture governative, le istituzioni internazionali di garanzia (Onu e Croce Rossa Internazionale) e gli assassinii mirati di alcuni religiosi sciiti moderati alcuni filo-occidentali, tutto questo, ha fatto percepire alla popolazione che il pericolo di morire é quotidiano e la sicurezza non puó essere affidata agli stranieri.
- Non è ripartita la produzione, la distribuzione e la vendita del petrolio che avrebbe dovuto generare profitti di 50-100 miliardi di dollari nei primi due anni del dopoguerra e che avrebbe consentito di finanziare la ricostruzione del paese: nel 2003 l'export di greggio, compromesso dai sabotaggi agli oleodotti e dallo stato comatoso delle infrastrutture, non ha prodotto alcun reddito e nel 2004, secondo le previsioni più ottimistiche, raggiungerà appena i 12 miliardi di dollari; invece i fatti affermano che il costo per litro di benzina è aumentato in tutto il paese da 0.03 dollari a 0.40 dollari.
- La gestione politico-militare del dopoguerra in Iraq ha lasciato migliaia di persone senza i servizi essenziali alla sopravvivenza (es. acqua potabile, stipendi, sicurezza) causando lo scontento nella popolazione, creando il terreno fertile, per chi proclamava la violenza.
- I leader religiosi che si oppongono all’occupazione americana non sono stati efficacemente contrastati ma anzi si è voluto nascondere il problema, permettendo, a persone come Al Sadr, sconosciuto fino allora, di diventare organizzatore ed ispiratore della guerriglia. Quando i comandi americani si sono decisi a contrastarlo lo hanno fatto in maniera inefficace.
- Lo scarso controllo alle frontiere, nonostante la sorveglianza satellitare ed aerea, ha fatto sì che centinaia di terroristi potessero entrare in Iraq e combattere il loro Jihad antiamericano e soprattutto fare proselitismo: sfruttando il malcontento della popolazione.
- Gli abusi nel carcere di Abu Ghraib, cosi colpevolmente e maldestramente nascosti, sono venuti alla ribalta mondiale gettando benzina sul fuoco dei non interventisti mondiali. “Il diritto internazionale viene calpestato senza ritegno in tutto il mondo e gli abusi commessi nel carcere di Abu Ghraib ne sono un esempio – dice Kofi Annan durante il discorso di apertura della cinquantanovesima assemblea dell’Onu, accendendo gli animi di chi è sempre stato contrario alla guerra e sostenitore della via diplomatica sotto la guida delle Nazioni Unite.
- Allo scopo di limitare l’ondata criminale e terroristica i comandi americani hanno avviato con ritardo un programma mirato e coordinato di assunzioni nella Polizia irachena, solo dopo che, durante i saccheggi dei primi giorni, un primo gruppo di poliziotti iracheni, guidati da un colonnello, erano andati all'hotel Palestine, dove alloggiano alcuni ufficiali americani, per offrire la loro collaborazione nella città in preda all'anarchia. Per quanto riguarda la Polizia le nuove reclute, nella zona di competenza Usa, sono addestrate da ex-poliziotti ed ex-militari di una società privata, DynCorp, collegata al Dipartimento di Stato, già presente in Bosnia e Kosovo. I nuovi istruttori sono scelti su base volontaria e non per specifiche competenze possedute, provengono da varie zone degli Stati Uniti e la quasi totalità delle volte hanno un background culturale e professionale agli antipodi rispetto ai loro allievi.
- È stata proprio la nuova Polizia irachena ed il nuovo esercito a trasformarsi nell’obiettivo principale dei terroristi perché erano un bersaglio facile (soft target), poco addestrato e poco armato per nulla protetto dall’esercito Usa.
- Gli ordini dei comandi militari negli Usa ai comandi in Iraq arrivano spesso in contrasto tra loro ed in maniera caotica tanto che, il generale dei Marines, James Conway, salutando i suoi soldati ha affermato che nella battaglia di Falluja prima ha ricevuto un ordine e poi altri sempre diversi .
- Nel tentativo di dare una costituzione provvisoria ed un governo provvisorio all’Iraq gli Usa, tentando di accontentare un pó tutti, hanno alla fine scontentato tutti. È il caso del T.A.L (Transitional Administrative Law) che ad esempio, assicura la libertà religiosa, da ampia importanza all’Islam ma non basa lo stato sulla religione. È stato inoltre uno sbaglio, quello di affidarsi ad esuli iracheni senza radici nel paese o di dubbia reputazione nazionale ed internazionale per realizzare il grande, ambizioso progetto di Bush: creare una democrazia sulle rive del Tigri, la prima vera democrazia araba, che avrebbe via via contagiato tutto il Medio Oriente, dando un'impronta di rispettabilità persino al mercato del petrolio .
- La C.P.A. è stata da più parti accusata di non accettare scelte politiche che non potesse controllare direttamente, è il caso del tentativo delle truppe inglesi di voler concedere delle elezioni locali nell’area di Bassora, l’idea fu bocciata dalla stessa C.P.A. che aveva paura che l’esempio di un’elezione diretta ne avrebbe determinato l’inutilità’.
- A livello internazionale la guerra in Iraq si è trasformata nel corso di questi ultimi mesi da guerra alle armi di distruzione di massa a peace-enforcement, guerra al terrorismo e a guerra d’occupazione, guerra economica ed infine a guerra illegale. Questa imprecisione in termini ma anche d’intenzioni, ha fatto sì che l’emergenza antiterroristica si trasformasse all’interno dell’opinione pubblica, soprattutto europea, in qualche cosa di diverso. Gli americani si trasformano cosi, in esercito occupante e l’antibushismo diventa la nuova moda di un’ampia fetta di opinione pubblica. Anche i mass media occidentali iniziano a confondere delle terminologie, quello che fino a qualche mese fa veniva bollato come terrorismo, adesso inizia a diventare guerriglia, il gruppo terroristico islamico si trasforma nell’esercito islamico: la guerriglia diventa resistenza.
Visto dal mero punto di vista della sicurezza, tutte le missioni internazionali di peaceenforcement, peacekeeping ma anche di occupazione ci hanno insegnato che una volta finite le ostilità, i contingenti militari non hanno il capillare controllo del territorio, né lo conoscono. Tutto questo, fa sì che i primi periodi di missione siano dedicati alla costruzione e fortificazione delle basi, la conoscenza della popolazione e del territorio, senza porre particolare attenzione all’ordine e alla sicurezza pubblica, si crea perciò un momento franco per la criminalità, comune o terroristica.
Si potrebbe definire questo fenomeno, come criminalità indotta dalle modalità operative delle missioni di guerra o di peacekeeping, nella misura in cui le necessità di sicurezza dei contingenti militari di pace sono maggiori della sicurezza della popolazione civile e del contrasto criminale.
Una volta schierate le truppe ed iniziati i pattugliamenti, il tasso di criminalità tende verosimilmente a scendere ma senza l’inizio di quello che è definito: normalizzazione (nel caso di occupazione) o peacebuilding (nel caso di operazioni di pace), cioè la ricostruzione delle istituzioni statali e sociali (ministeri, Forze dell’ordine etc.), si previene e reprime solo una criminalità di superficie, perché le forze militari non possiedono l’esperienza e la capacità investigative per un serio contrasto criminale. Il caso Iraq ha mostrato evidenti lacune nel contrasto alla criminalità, il war-aganist-terrorism portato dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, non è riuscito a far partire la normalizzazione delle istituzioni sociali, politiche, economiche e di welfare, anche gli sforzi Onu, avviati dopo molte settimane di mediazioni politiche internazionali, e risoltisi in una missione delle Nazioni Unite in Iraq, sono stati vanificati dall’attentato al Quartier Generale di Baghdad.
Che sia una guerra illegale, di occupazione od un’attività di peacekeeping, subito dopo le ostilità, per rendere possibile il ritorno alla normalità ed assicurare il contrasto criminale, dovrebbe avviarsi una seria attività di security-keeping gestita da task forces di Polizie civili, possibilmente con mandato Onu, che lavorino sul territorio, vivendo la realtà urbana, interfacciandosi con la popolazione e le istituzioni internazionali come è stato ad esempio per il Kosovo. Come per la zona dell’ex-Jugoslavia rimane fondamentale l’apporto dato dai membri della ex Polizia jugoslava, che in termini di esperienza e conoscenza della realtà locale hanno potuto coadiuvare gli internazionali al contrasto criminale, così anche in Iraq sarebbe stato necessario, da subito, questo tipo di attività, che avrebbe permesso il ritorno alla normalità la quale, a sua volta, avrebbe spento gli ardori terroristici.
Gli iracheni che dopo anni di embargo e povertà credevano nelle promesse statunitensi di giustizia e benessere, si sono dovuti ricredere di fronte all’incompetenza e all’immobilità burocratica del gigante Usa, insicuro, impacciato ed inaffidabile, incapace di rispettare la fama del sogno americano.
In Iraq non si è riusciti a garantire nulla, né sicurezza, né benessere, né ritorno alla normalità, ci sono stati solo dei timidi tentativi portati avanti con grandi sacrifici, in questo clima però il combustibile terroristico, violento e criminale trova il suo comburente. La benevolenza pro-americana si è esaurita nell’arco di poche ore, dando spazio invece all’antiamericanismo Jihadista dei terroristi, che hanno trovato nell’esasperazione della gente, il miglior alleato. A poco è servito l’arresto di Saddam Hussein, la missione del delegato Onu Brahimi o il nuovo governo insediato dal paese occupante, la situazione della gente non è cambiata anzi prima della “liberazione” si viveva meglio.
Gli Stati Uniti nel corso di questi mesi hanno iniziato a perdere alleati e supporto anche tra i paesi prima alleati, per cui, consci di quanto accade nel mondo, i combattenti iracheni si sentono supportati a livello internazionale come mai prima d’ora.
La situazione irachena richiede un ordine sociale e politico che permetta alla gente comune di cessare una guerriglia, comprensibile, data la situazione socio economica e la perdita delle aspettative di vita ma diventata ormai sterile. È imperativo isolare i terroristi xenofobi, pronti ad uccidere gli occidentali in quanto simbolo del male e tutti coloro che non occidentali lavorino in collaborazione con i primi, per una soluzione del problema iracheno.
Ci troviamo tra il dovere di riconoscere un’identità sociale, culturale, politica ed economica propria dell’Iraq ed il diritto dell’occidente di sentirsi libero dalle armi di distruzione di massa, dai dittatori sanguinari o dal terrorismo che colpisce cleaning guys nepalesi, camionisti filippini, giornalisti free-lance italiani e le stazioni di Madrid. Uno sforzo deve essere fatto innanzi tutto dagli europei per riportare non solo gli orientamenti politici verso la soluzione pragmatica dei problemi della popolazione, ma anche i discorsi ai significati semantici originali e considerare in modo definitivo: la guerra - quella combattuta tra soldati, la guerriglia - quella combattuta da formazioni paramilitari armate contro soldati regolari, la resistenza - quella combattuta indifferentemente da civili o militari contro le forze d’oppressione, il terrorismo - quello che con metodi non convenzionali fa strage indifferentemente tra i militari ed i civili innocenti. In Iraq ci si é trovati di fronte a quella che il Bettini definisce la Ter-Guerra, una guerra di nuovo tipo, combattuta con strategie militari e tattiche terroristiche, riconoscibile per l’asimmetria, anche morale, tra le parti in campo.
Giova ricordare che qualsiasi attività di governo è impossibile senza il supporto della popolazione, i cuori e le menti della popolazione, si conquistano garantendo loro il ritorno alla sicurezza, al benessere, con la costituzione di istituzioni democratiche, riconoscendo quella che alcuni chiamano identità culturale.
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