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Dicembre/2004 - Editoriale
Editoriale
Il ritorno della Mafia
di Paolo Andruccioli

All’improvviso si riparla di Mafia. Ci avevano fatto credere che le cosche erano state sconfitte, che il vecchio rapporto tra criminalità organizzata e politica sarebbe stato archiviato per sempre. Molti sociologi della materia ci avevano spiegato che la Mafia con la scoppola e la lupara, quella che uccide per guadagnare, non esiste più. Ormai – era la tesi di parecchi osservatori – nessun tipo di organizzazione criminale ha interesse a dedicarsi alle sparatorie per le strade e alle vendette incrociate: siamo nell’epoca del crimine freddo, elettronico, informatizzato. Niente più sangue.
E invece, alla fine dell’anno 2004, siamo ripiombati in piena emergenza. Fa impressione leggere i giornali, sembrano cronache di altri tempi. Ammazzamenti nelle pizzerie, uccisioni di boss, sparatorie nei bar con le solite vittime innocenti. A Napoli interi quartieri dove, per entrare, la Polizia deve andare quasi all’assalto. La Camorra sembra impazzita, visto che i clan hanno ricominciato a contendersi il territorio con i proiettili. Ma tutta la città di Napoli sembra impazzita, fuori controllo, con intere zone in mano agli spacciatori. Il sindaco Rosa Russo Iervolino, ha dichiarato in più di una occasione che una eventuale militarizzazione della città non risolverebbe nulla perché bisogna aggredire le cause dei fenomeni. Il presidente della Giunta regionale campana, Antonio Bassolino, uomo di lunga esperienza, ha cercato di ridimensionare e di rispondere in qualche modo agli attacchi degli avversari. In fondo, in queste cose, i piani si mischiano sempre, perché i politici cercano di sfruttare al meglio le emergenze sociali per condurre le loro “caldo”. E, come sanno tutti, con il 2005 si apre un lungo periodo di campagne elettorali, con le regionali in vista e subito dopo le politiche. Detto questo, però, non possiamo neppure sostenere che il ritorno della Mafia sia solo un fatto elettorale.

Non si tratta di un fenomeno contingente, né dell’opera di qualche brillante agit-prop, o comunicatore politico, come va di moda dire oggi. Questo fenomeno che è tornato alla ribalta è infatti troppo esteso, ha troppe facce inquietanti. Perché da una parte abbiamo Napoli in preda alle convulsioni. Dall’altra abbiamo Reggio Calabria dove politici, amministratori, magistrati e mafiosi vengono travolti in una inchiesta che ha portato a una serie di arresti eccellenti. Il neo ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, ha bollato tutta l’operazione calabrese come una vera e propria “montatura” politica. Anche lui legge il fenomeno in chiave elettoralistica. Gli arrestati, secondo il segretario di Alleanza Nazionale, sarebbero vittime di una congiura politica, visto che tra gli indagati di Reggio c’è anche il sottosegretario alla Giustizia del partito di Fini. Ma è una montatura anche quella di Palermo? In Sicilia, come abbiamo saputo all’inizio del mese di novembre, il “governatore” Salvatore Cuffaro, è stato rinviato a giudizio e dal mese di febbraio dovrà comparire davanti alla terza sezione del Tribunale, insieme agli altri dodici protagonisti della cosiddetta inchiesta sulle “talpe” della Procura di Palermo. Il presidente della Regione continua a dichiararsi innocente, ma le opposizioni premono e ne hanno chiesto le dimissioni.
Napoli, Reggio Calabria, Palermo, ma anche Roma, o per la precisione, Ostia. Sul litorale romano operano clan legati alla Camorra e forse anche alla Mafia, in un ibrido che vede operare boss e vecchi esponenti della Banda della Magliana. Sempre nel mese di novembre abbiamo infatti appreso del blitz dell’Antimafia guidato da Pier Luigi Vigna, il Procuratore nazionale Antimafia che polemizza (anche in questo numero della nostra rivista con una intervista che ci ha concesso all’inizio del mese) contro tutti coloro che cercano di minimizzare e continuano a parlare anche di Roma come un luogo tranquillo, immune dall’infezione del crimine organizzato. A Ostia ci sono stati 18 arresti e l’operazione di Polizia è stata condotta dal questore, Nicola Cavaliere, lo stesso che era stato protagonista qualche anno fa dell’inchiesta sulla Banda della Magliana. Commentando l’operazione che ha portato agli arresti, il questore ha ringraziato tutti i suoi collaboratori: “Oggi – ha dichiarato – ho rivissuto i momenti di grande soddisfazione degli anni in cui seguii personalmente le indagini sulla Banda della Magliana e sulle sue articolazioni”. Quali sono oggi dunque le articolazioni del crimine organizzato? A Roma la criminalità operava attraverso le concessioni per i chioschi sul litorale e per i circoli sportivi, ma gli inquirenti non sono ancora soddisfatti e stanno studiando un eventuale “secondo livello”.

C’è ancora molto da capire anche in altri settori e in altri ambiti della Capitale. Trapelano infatti, in modo irregolare e “una tantum”, notizie dal Tribunale. Si parla di falsi fallimenti, o comunque di fallimenti pilotati, di aziende fantasma, che nascono e muoiono nel giro di pochi mesi, di strani personaggi che si presterebbero al gioco di chi vuol nascondere operazioni sporche. La rete, secondo qualche osservatore, sarebbe molto estesa e ramificata.
La Camorra e le cosche di Cosa nostra, dunque, operano anche a Roma? E come se non bastasse sono emerse anche inquietanti notizie a proposito di Milano, il luogo dell’alta finanza, la città italiana forse più vicina all’Europa e ai mercati finanziari internazionali. Anche nel capoluogo lombardo, che pretende di essere lontano dai Palazzi romani del potere politico, avrebbero cominciato a operare organizzazioni mafiose. Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Milano. E perfino da Torino, in vista dei giochi Olimpici invernali del 2006, emergono notizie non proprio rassicuranti sugli appalti. Notizie che sono state smentite dal sindaco che noi abbiamo intervistato in un recente numero della rivista proprio sui problemi relativi alla sicurezza.
Speriamo abbia ragione lui, che a Torino non siano arrivati i tentacoli di qualche Mafia e che non ci siano episodi di corruzione per i grandi appalti. Ricordiamoci che in ballo c’è ancora il Ponte sullo Stretto. Speriamo. Ma non illudiamoci e soprattutto non prendiamoci in giro. Sottovalutare questi fenomeni sarebbe molto pericoloso. E forse dovremmo prima di tutto aggiornare l’analisi. Come mai, si sono chiesti in molti, perfino un politico scaltro come Bassolino ha sottovalutato il problema camorra a Napoli? La scommessa era chiara:

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