In questo nostro tempo, il tempo della tecnica, dei ricercatori (che non sempre sanno a cosa porterà la loro ricerca) si è sviluppato in noi l’interesse per il passato, per la storia.
Approfondire e scoprire cose sconosciute, inesplorate, studiare con attenzione il dettaglio.
C’è un mistero affascinante circa la storia degli antichi abitatori dell’Italia: gli Etruschi. Ancora nessuno è riuscito a decifrare la lingua parlata, come nessuno è concretamente riuscito a spiegare la morte di una civiltà ampia e complessa, né conoscere con certezza la loro origine.
Chi erano gli Etruschi? Un popolo che forse sapeva di non sopravvivere, con una religione che fissava lo sviluppo e i limiti della vita umana e che concedeva un respiro lungo dodici volte sette anni. Così l’uomo sapeva di sopravvivere a guerre, epidemie, sciagure, poteva avere figli, ma compiuti gli ottantaquattro anni, era inevitabile che morisse.
Quanto influì questo fatalismo nella vita degli Etruschi? Da dove venivano?
Secondo Erodoto avevano un’origine orientale, e precisamente nella Lidia, spinti all’emigrazione da una carestia.
Partirono portando con sé quanto possedevano verso Smirne, costruirono navi e si avventurarono in mare fino alla terra degli Umbri.
Edificarono città e cambiarono il nome da “Lidi” in quello di “Latini” come vennero chiamati dai Greci. Poi chiamarono la terra in cui abitavano “Etruria” di qui il nome di Etruschi.
Dionigi, storico greco vissuto al tempo dell’imperatore Augusto, sostiene la loro origine autoctona: non provenivano da alcun popolo del mondo, questa civiltà preromana e non presentava rassomiglianza di lingua e di costumi, con nessuna altra stirpe.
Sull’origine di questo popolo restano ancora pareri contrastanti. Nel I secolo d. C. l’imperatore Claudio, come accennato, si appassionò al problema dell’origine degli Etruschi. Studioso di storia, religione e lingua etrusca, aveva scritto 25 libri su questo argomento, vivendo a contatto col popolo la cui lingua era ancora parlata, ma questo suo studio è andato perduto. Passarono alcuni secoli e nessuno s’interessò più agli Etruschi. Fino a quando gli studiosi medioevali citarono aneddoti e memorie che riguardavano i primi italici.
Nel XVII secolo, il barone scozzese Dempster, professore all’Università di Bologna, studiò il mistero delle origini e il problema della lingua etrusca. Questo scatenò la “etruscomania” come forma si snobismo intellettuale.
Nel 1828 il principe di Canino, fratello di Napoleone Bonaparte, promosse l’archeologia toscana. Per caso un suo contadino, arando un campo, riportò alla luce una tomba etrusca. Vennero allargati gli scavi che portarono alla luce tesori di inestimabile valore. Tutta l’Europa s’interessò all’evento che affascinò archeologi, studiosi, poeti e letterati, tuttavia la “zona d’ombra” è ancora molto vasta.
Quale fu esattamente la zona occupata dagli Etruschi? L’Etruria ha confini naturali: mar Tirreno, il fiume Arno, il fiume Tevere. Ma questo popolo allargò il proprio dominio fino alla Campania e alla Valle Padana, dove fondò Molpo (Milano), Felsina (Bologna) e Mantova.
La più antica città fondata dagli Etruschi fu Tarquinia, nel IX secolo a. C. Ancora oggi le sue tombe ci parlano dell’antico splendore.
Cere (Cerveteri) gareggiava per potenza ed importanza con Tarquinia e si estendeva per 170 ettari. Le tombe scavate nella roccia imitano alla perfezione le case. Cerveteri conobbe ricchezza e splendore; era una città frequentata da Greci, Latini, Punici che arrivavano per scambi commerciali.
Un terzo centro etrusco fu Vulci che aveva scambi con la Grecia e con l’Oriente. Nella sua necropoli sono stati trovati vasi greci di ceramica.
Un altro nome famoso nella lista delle più importanti città etrusche è Veio che contrastò l’espandersi della potenza romana. I romani riuscirono ad espugnarla dopo 10 anni di assedio. C’è un ricordo non bellico di questa città: un santuario che custodiva una sorgente alla quale venivano pellegrini per curare le loro malattie.
Non si chiude qui l’elenco dei centri Etruschi più importanti. Ricordiamo Chiusi e Cortona, Arezzo, Perugia, Volterra, Populonia. Queste città erano rette da un magistrato con l’appoggio dell’aristocrazia locale.
Il popolo non aveva alcun peso nelle decisioni della città. Le città erano unite in confederazioni, ma non rappresentavano una forza unita. Se una città era in guerra non riceveva aiuti dalle altre confederazioni, questo determinò una debolezza contro gli attacchi nemici, ma non impedì a questo popolo di impadronirsi di nuove terre.
Per secoli le vicende degli Etruschi furono legate a quelle di Roma, essi furono dominatori a Roma per un quarto di secolo, fino alla loro cacciata dal territorio romano nel 509 a. C.
Questo fatto spinse gli Etruschi verso il Nord, dove era rimasta una civiltà primitiva. Dopo la perdita di Roma la fortuna declinò, nel 474 a. C. la flotta etrusca fu distrutta a Cuma. Nel 265 a. C. la storia estrusca era ormai in agonia.
Non si conoscono le concezioni degli Etruschi sulla vita e sulla morte, e guardando l’enigmatico sorriso che aleggia sulle labbra delle figure da loro scolpite, non si riesce a svelare un segreto di 26 secoli.
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