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ottobre/novenbre/2004 - Laboratorio
Laboratorio
Famiglie "separate"
di Massimiliano Valdannini - Segr prov Siulp-Roma

Tra le attività dell’Amministrazione sempre con maggiore frequenza si assiste all’organizzazione di viaggi finalizzati al rimpatrio di cittadini extracomunitari clandestini.
Il personale adibito viene scelto tra i poliziotti volontari, i quali, previa visita medica e test attitudinali, vengono ammessi alla successiva frequenza di un corso che, pur di durata contenuta, prepara l’operatore di Polizia a conoscere “l’utente”, i rischi a cui può andare incontro, e lo addestra, se necessario, ad adottare le relative contromisure. Questo, però, non avviene per il personale medico e paramedico, che viene scelto con una sorta di “roulette russa”, in base al turno Spis, a scapito di qualsiasi problematica logistica, familiare e psicofisica.
Difatti, il medico, o l’infermiere che si trova ad essere di guardia o reperibile quel giorno, è costretto al volo, anche se questo comporta difficoltà nella gestione di figli minori, a cui spesso bisogna trovare una sistemazione di fortuna.
Come è noto, la durata di questi viaggi è imprevedibile, potendo durare 48 ore o più, spesso si accumulano ritardi ed imprevisti per cui si deve permanere nel paese di provenienza dei clandestini, a volte senza neanche poter scendere dall’aereo. Inoltre, l’“ordine” per il viaggio giunge ai diretti interessati soltanto pochi giorni, se non ore, prima della missione, con conseguenti comprensibili serie difficoltà nel soggetto interessato.
Il dipendente destinatario di tale “ordine” soventemente non ha la possibilità di affidare i figli minori a parenti, amici o conoscenti, quindi l’unica ancora di salvezza rimane una baby sitter di fortuna. Immaginiamo in quale stato d’animo possa operare questo genitore e con quale serenità possa adempiere alle proprie funzioni.
Siamo tutti coscienti che in qualunque ambiente di lavoro, il più alto in grado detta le regole, ma la conditio sine qua non è che le direttive non vadano ad inficiare negativamente sulla dignità della persona o ad incidere nella vita relazionale di coppia creando, in taluni casi, situazioni conflittuali all’interno del nucleo familiare provocando di fatto inevitabili shock, difficilmente recuperabili, alla prole presente. Infatti, qualunque dottrina sia medica sia di logica, ci dice che la separazione traumatica di un figlio minore da un genitore, da questi considerato unico punto di riferimento, potrebbe provocare nella crescita, danni psicologici irreversibili.
Ci sentiamo di assumerci questa responsabilità?
Noi siamo per suggerire, utilizzando una frase al momento molto in uso, che la cosiddetta “regola d’ingaggio” per il personale medico e paramedico debba essere una sola “la volontarietà dell’individuo”.
In tutta questa vicenda abbiamo avuto modo di registrare un’altra situazione di non secondaria importanza, che ha dell’incredibile.
La legge italiana in materia di rilascio del passaporto, in presenza di figli minori, è molto chiara ed inequivocabile.
Alcuni dipendenti “proscritti per l’estero”, avendo figli minori, non hanno ricevuto l’assenso all’espatrio da parte dell’altro coniuge. Nonostante ciò sono stati obbligati ugualmente ad andare in missione all’estero e costretti a permanere a bordo dell’aereo (in quanto territorio italiano) per tanti giorni quanti ne ha fatto sosta l’aereo, nel paese straniero, prima di tornare in Italia.
Siamo convinti assertori e sostenitori che nulla e nessuno possa e debba violare i principi fondamentali della nostra Costituzione in materia di tutela dei figli minori e del valore della famiglia.
Va ricordato inoltre che anche fra gli appartenenti alle Forze dell’ordine, al pari della popolazione generale, è piuttosto diffusa la cosiddetta “paura di volare”, che colpisce, secondo le statistiche, una persona su quattro, raggiungendo per le forme più gravi di vera e propria fobia al volo, una frequenza di una persona su dieci. Questa fobia non ha niente a che vedere con i criteri d’idoneità psicoattitudinali previsti per entrare in Polizia, riguarda, infatti, anche personaggi d’indubbio valore professionale, prestanza ed integrità psicofisica.
Ci si chiede pertanto, perché non può essere adottato per medici ed infermieri lo stesso criterio di “volontarietà”, con successivo addestramento previsto per gli operatori di Polizia, soprattutto in considerazione del fatto che risulta esserci personale medico e paramedico disponibile. Ciò consentirebbe inoltre di preparare il suddetto personale in modo specifico visto che, l’eventuale gestione di un’emergenza di volo è cosa ben diversa dalla gestione della stessa emergenza in terra. Si eviterebbe inoltre che persone con documentata fobia al volo, che nella vita di tutti i giorni hanno liberamente scelto di sottoporsi a lunghissimi ed estenuanti viaggi in treno pur di non prendere l’aereo, siano “costrette” per motivi di servizio a salire su questi charter, senza pensare a quale aiuto possa venire in situazione d’emergenza da un medico in preda ad una crisi d’ansia, che potrebbe a sua volta necessitare di assistenza.
“Last but not least”. Tutto ciò accade al di sopra e al di fuori d’ogni accordo e griglia contrattuale conosciuta. Tutti noi, di fronte a delle situazioni d’emergenza, facciamo un passo indietro, ma quando la situazione diventa uno spaccato del vissuto quotidiano l’organizzazione sindacale entra nel merito degli orari e delle situazioni lavorative dei dipendenti chiamati a recarsi spessissimo all’estero per accompagnare, nella nazione d’origine, i cittadini stranieri espulsi.
Ci si auspica inoltre che la Segreteria nazionale si faccia portavoce presso le istanze superiori per togliere i dipendenti “non volontari” da situazioni sgradevoli, che per motivi prettamente gerarchici sono obbligati ad eseguire.
In conclusione va segnalato che, ammesso e non concesso, se si volesse ripartire in modo equo la frequenza di questi viaggi di rimpatrio tra i “non volontari” il criterio di scelta secondo i turni Spis, non è comunque un criterio democratico, infatti questi turni sono appannaggio solo di alcuni medici ed infermieri della Capitale, resta di fatto escluso dalla “roulette”, la stragrande maggioranza fra il personale tecnico, scientifico e professionale.
Si confida nell’intelligenza e buon senso degli interlocutori per una rapida soluzione del problema.

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