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ottobre/novenbre/2004 - Contributi
Contributi
Luigi Calabresi, fra tanti...
di Ennio Di Francesco

I magistrati Francesco Coco e Francesca Morvillo, il commissario Luigi Calabresi, il maresciallo della Polizia Penitenziaria Antimo Graziano, si sono aggiunti il 31 luglio scorso ad Ari, piccolo paese alle falde della Maiella, al drappello via via più numeroso dei “Titani della Memoria” che urlano silenziosi l’anelito di vita interrotta dei servitori dello Stato morti caduti per questa splendida e pur sventurata Italia: sono le statue scolpite nella bianca roccia dedicate ai magistrati e tutori dell’ordine uccisi perché difendevano la collettività e le istituzioni democratiche.
È una delle iniziative dell’“Associazione Emilio Alessandrini”, nata anni fa dall’incontro tra alcuni vecchi amici di scuola di Emilio e il dinamico sindaco di Ari per onorare la memoria di questo “straordinario magistrato d’Italia e uomo d’Abruzzo, ucciso per il suo impegno di verità e giustizia” come è scritto con infantile grafia sul grande libro di marmo incrinato scolpito all’ingresso della scuola elementare.
L’Associazione ha aggregato via via tante persone illustri e semplici, magistrati, tutori dell’ordine, amministratori, giovani e anziani. È oggi presieduta dal professore Giovanni Conso e ne fa parte anche Marco, il figlio di Emilio, che aveva sei anni quando il papà venne ucciso a Milano nel 1979.
Uno straordinario circuito virtuoso è in atto: blocchi di pietra estratti dal cuore della Maiella vengono adagiati nella valle; sotto la guida dello scultore abruzzese De Tommaso, che insegna alle Belle Arti di Firenze, allievi venuti da varie parti del mondo nel capoluogo toscano vengono ospitati dalla gente di Ari mentre danno forma e vita alle rocce.
Poi a luglio, nella “Giornata della Memoria” vengono esposte in diversi punti del paese, sempre accanto a una siepe verde e con vicino il tricolore d’Italia.
Quel giorno Ari si anima di tante persone provenienti non solo dai comuni d’Abruzzo ma da altre città, residenti e turisti, professionisti e contadini. Una banda suona, un soprano canta, si prega per tutti in una surreale tavolozza di sentimenti e colori. Le sculture sono già una ventina, dal libro spezzato per Emilio al bouquet di rose di marmo per Emanuela Loi, la bionda poliziotta straziata con i colleghi a Palermo, alla cromatica ceramica per il maresciallo dei Carabinieri Giovanni D’Alfonso; quindi le statue monumentali per i magistrati Falcone, Borsellino, Livatino, Chinnici, Scopelliti, Galli e tanti altri, per il questore Palatucci martire a Dachau, per i carabinieri Salvo D’Acquisto, Marino Di Resta, per il finanziere Domenico Stanisci e tanti altri.
Il 31 luglio si sono aggiunti i magistrati Francesco Coco, ucciso a Genova e Francesca Morvillo, uccisa a Capaci, il maresciallo Antimo Graziano, ucciso a Napoli e il commissario Luigi Calabresi ucciso a Milano. La scultura per quest’ultimo, il simbolo della Repubblica con ruota, stella e alloro, attorno a cui sono stati aggiunti germogli di fiore, conferisce un significato carico di valore aggiunto.
È un richiamo alla memoria anche per lo Stato che, a distanza di 32 anni, attraverso la Medaglia d’oro concessagli dal Capo dello Stato, ha riconosciuto che questo sventurato commissario di Polizia ucciso a Milano il 27 maggio del 1972 non solo materialmente da terroristi ma moralmente da tanti sia prima che dopo.
Ed è significativo che a lui sia stata dedicata la Sala Consiliare del Comune, luogo di dibattito democratico per ricordare a tutti che solo la dialettica democratica è la base della crescita civile di un popolo.
È anche l’auspicio che questo gesto possa contribuire a una riflessione serena e globale da parte delle generazioni che hanno vissuto nei tremendi anni di piombo nonché di quelle più giovani.
Alte e commosse risuonavano le frasi del messaggio che Gemma Calabresi ha voluto che io leggessi: “Io e i miei figli abbiamo sempre pensato che questo Paese dovesse camminare sulla strada di una reale pacificazione e superamento di una stagione di odio nel rispetto della verità, delle responsabilità e nella conservazione della Memoria... In questo momento sono presenti le emozioni della moglie e dei figli che lasciò, che sono poi le stesse dei familiari di Emilio Alessandrini e di tutti quelli che ancora sanno ascoltare il messaggio che proviene da coloro che sono caduti al servizio dello Stato in difesa della Repubblica e della Democrasia. Solo la cultura di questa memoria può garantire un futuro alla Giustizia e alla Pace”.
Nel silenzio sacrale anche la luna era più rossa mentre i “Titani della Memoria” sembra piangessero tutti, muti verso il cielo ed il mare lontani.

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