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ottobre/novenbre/2004 - Articoli e Inchieste
Carceri
Rivolte, suicidi, disagio...
di Ettore Gerardi

Nel corso dell’estate, in alcuni istituti di pena italiani si sono verificati disordini anche gravi. Il caso del sindaco di Roccaraso, incarcerato, che si è tolto la vita. L’affollamento delle sezioni all’origine delle sommosse. La vendita degli istituti non sempre realizzabile e il piano edilizio per quelli da costruire


Quasi ogni estate, si ripresenta il problema delle carceri italiane, del loro affollamento con conseguente disagio per i ristretti.
A Roma, nel vecchio carcere di Regina Coeli, ubicato nel centro della città, la “rivolta” dei detenuti ha assunto forme abbastanza concitate e si sono vissuti, anche da parte del personale di custodia, momenti di tensione. Costo dei danni provocati 9.000 euro.
A ciò si devono aggiungere i tristi casi di suicidi di detenuti in alcuni istituti della Penisola. (Si veda in queste pagine l’articolo di Renato Breda). Primo fra tutti, per le polemiche aspre che ha suscitato, quello di Camillo Valentini, sindaco di Roccaraso.
L’inchiesta giudiziaria su di lui era iniziata nel 2003, quando la Procura di Sulmona aveva cominciato ad indagare per ipotesi del reato di concussione (l’inchiesta coinvolge oltre trenta persone).
Il 17 luglio di quest’anno il pm di Sulmona, Maria Teresa Leacche chiede per Valentini la custodia in carcere: il gip accoglie la richiesta e il 12 agosto il sindaco viene arrestato e ristretto; all’alba del 16 agosto Valentini viene trovato morto nella sua cella nel carcere di Sulmona.
Per l’autopsia è suicidio. Ma si ha motivo di ritenere (e i giudici indagano in questa direzione) che sia stato “indotto” ad uccidersi.
Anche il Csm ha ritenuto di avviare una indagine su questa vicenda; l’ufficio di presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura ha chiesto alle Procure generali dell’Aquila e di Campobasso le carte sul caso giudiziario che si è concluso con il suicidio in carcere di Camillo Valentini.
Dal Procuratore generale dell’Aquila, il Csm vuole conoscere tempi e modi che hanno determinato le indagini, la richiesta di arresto, la firma e l’esecuzione dell’ordinanza di custodia. Il Consiglio sollecita un’informativa sul procuratore di Sulmona, Giovanni Melogli, e su 3 sostituti: Maria Teresa Leacchi (che ha firmato la richiesta d’arresto), Aura Scarsella (astenuta perché moglie del farmacista di Roccaraso), Salvatore Campochiaro (che si è trovato il fascicolo sulla scrivania).
Una richiesta analoga il Csm l’ha inoltrata anche alla Procura generale di Campobasso che in passato ha aperto un fascicolo su Melogli, indagato in uno stralcio dell’inchiesta sulla presunta concussione attribuita al sindaco Valentini. Quell’inchiesta sarebbe stata archiviata, o quanto meno ci sarebbe la richiesta di archiviazione, ma il Csm vuole sapere perché il Consiglio non è stato informato a tempo debito.
Già da ora Luigi Marini “togato” di Magistratura democratica al Csm difende i colleghi: “Sono state dette cose false: per esempio che il gip dopo aver emesso l’ordinanza di custodia cautelare si è allontanato dal lavoro”. E aggiunge: “Per quello che si sa l’ordinanza del gip motiva i rischi di inquinamento delle prove. E il gip aveva fissato l’interrogatorio a brevissima distanza dall’arresto. Non c’è stata dunque nessuna superficialità e nessuna disattenzione verso i diritti dell’arrestato”.
Non la pensano così i tre “laici” della Cdl (cui si è aggregato Schietroma dello Sdi) che per primi hanno preteso l’apertura di una pratica sul caso Sulmona.
Anche a Regina Coeli, il carcere romano (che farebbe parte del progetto di dismissione previsto dal ministero della Giustizia) si sono avuti momenti difficili; il 17 agosto una sommossa ha provocato la quasi completa distruzione della IV sezione, con danneggiamenti alle porte, alle finestre, alle vetrate, ai sistemi antincendi. Ventiquattro reclusi sono stati denunciati per devastazione e istigazione al saccheggio (forzando e rompendo i sistemi di serraggio per permettere a tutti di uscire dalle celle) e per aver intimorito anche chi non voleva partecipare.
Il rapporto sulla sommossa a Regina Coeli è giunto sul tavolo del pm Adriano Iasillo quando, quasi a sottolineare la drammatica situazione degli istituti di pena, veniva diffusa la notizia di un altro suicidio tra le sbarre: un giovane rumeno si è impiccato a Frosinone. È accaduto il primo luglio, ma nessuno aveva avvertito i familiari. I genitori hanno saputo della tragedia quando una lettera al figlio è tornata indietro con il timbro “deceduto”.
In dieci pagine, l’informativa del Comando di reparto della Polizia Penitenziaria racconta la notte di ribellione, enumera i danni e indica i presunti autori degli atti di vandalismo: 24 reclusi con in testa G. C., definito “promotore e incitatore della gazzarra”. Undici i reati contestati ai detenuti, tra i quali devastazione e saccheggio, istigazione e associazione a delinquere, violenza e minaccia, attentato a impianti di pubblica utilità.
Il trambusto nella IV sezione è iniziato quando per un guasto al quadro generale c’è stata un’interruzione di energia elettrica, subito ripristinata. La battitura di pentole contro le inferriate ha dato il segnale di avvio. Subito dopo i reclusi escono dalle celle scardinando i cannelli che, dai “bracci” immettono nei “braccetti”, rompono vetri e suppellettili al terzo piano, aprono gli idranti e allagano le scale con acqua mista a sapone e olio. Nei corridoi esplodono le bombolette di gas modello camping; detenuti usano le zampe dei tavoli a mo’ di bastoni e minacciano di ferire e ferirsi con le lamette da barba. Molti, per non farsi identificare, hanno il volto coperto. Mentre iniziano le trattative, agli agenti viene ordinato di abbandonare la sezione e chiudere il cancello a piano terra. Dieci minuti dopo mezzogiorno la rivolta è sedata: 47 reclusi vengono trasferiti a piano terra, alcuni perché autori dei disordini, altri perché la sezione è inagibile.
Proprio a Regina Coeli aveva trascorso il primo mese di reclusione, maggio, il detenuto, di cui si è accennato, che poi è stato trasferito e si è ucciso a Frosinone: Vasile Tanase, 28 anni, ha legato il laccio di una scarpa da tennis a una sbarra e ci ha infilato la testa. “Era disperato - racconta il suo avvocato, Fernando Catanzaro -. La Procura di Trieste gli aveva notificato una condanna definitiva a due anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un processo di cui non aveva mai saputo nulla. Era convinto che ci fosse stato uno scambio di persona”.
Al dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria si fanno alcune considerazioni. “Abbiamo un vasto programma di ammodernamento e dismissioni - conferma il direttore Giovanni Tinebra - che nasce dalla precisa volontà di affrontare il problema”. Progetti su tutto il territorio nazionale che riguardano anche Regina Coeli, il cui edificio potrebbe essere venduto se venisse fatta un’offerta economica adeguata (il prezzo sarebbe altissimo) per realizzare un altro pernitenziario alla periferia della Capitale. E comunque, anche nelle condizioni attuali, quella romana è considerata una delle strutture in cui si è fatto di più. “Regina Coeli l’abbiamo rifatto quasi tutto - affermano al Dipartimento -. L’unica parte da completare è proprio la quarta sezione (quella della rivolta) che al più presto sarà chiusa per gli ultimi lavori”.
Insomma, a giudizio dei responsabili dell’Amministrazione Penitenziaria, il carcere romano non sarebbe il peggio in tema di vivibilità e se qualche problema di affollamento continua ad esistere sarebbe piuttosto il frutto delle pressioni che vengono dagli stessi detenuti romani, che in genere non gradiscono essere trasferiti in altre carceri per avere modo di incontrare più facilmente i familiari. Negli ambienti carcerari trasferire un romano da Regina Coeli è interpretato come un’autentica punizione.
I problemi più seri sarebbero invece altrove, soprattutto nel Sud Italia e in Sardegna, dove ci sono strutture fatiscenti che dovrebbero essere al più presto chiuse. “Abbiamo un piano di interventi che riguarda 23 carceri - afferma Tinebra -. In Sicilia, per esempio, saranno chiusi piazza Lanza a Catania, le carceri di Sciacca e Mistretta. Altri quattro saranno chiusi in Sardegna”.
Nella geografia della vivibilità il Dap ha individuato tre fasce. Nella prima ci sono 60-70 carceri in ottimo stato, una fascia media in condizioni discrete che ne comprende 100-110 e in fondo alla lista ci sono 30 strutture da smantellare. I programmi di intervento riguardano 23 di questi 30 istituti di pena. Ci sono già i finanziamenti pubblici per 8-9 carceri, una legge del 2002 che consente di fare due istituti col leasing a Varese e Pordenone e un padiglione a Bollate che da solo vale un intero carcere perché ospiterà 500 persone. È poi prevista la costruzione di 11 carceri con il ricavato della vendita dei penitenziari dismessi, grazie alla società Dike Aedifica, costituita ad hoc.
Quanto alla possibilità di privatizzare le carceri italiane qualcosa in effetti si muove, ma non certo sul modello americano dove i privati gestiscono anche i detenuti. “Quel modello non è neanche proponibile - dice Tinebra - è invece possibile privatizzare alcuni servizi come mensa, lavanderia, luce, manutenzione. Ma non la sicurezza e il trattamento dei carcerati. Con questi paletti, però, la privatizzazione sarebbe antieconomica: limitandosi alla gestione di alcuni servizi, infatti, nessuno avrebbe un ritorno economico nel costruire e gestire un carcere. Comunque quella della privatizzazione è una strada che non va chiusa del tutto: la Costituzione ci dà il compito di gestire sicurezza e trattamento”.
In ogni caso anche nelle condizioni attuali, precisa Tinebra “il sovraffollamento non significa di per sé cattivo trattamento. C’è solo una questione di limitazione degli spazi, ma tutti gli altri servizi ai detenuti sono attivi. Non si deve dimenticare che la condizione del carcere è per sua natura una condizione di disagio. Anche qui non confondiamo la sofferenza dovuta alla reclusione con la sofferenza dovuta al degrado dell’ambiente”.
Torniamo ancora alle dismissioni di taluni istituti penitenziari. Lo Stato è intenzionato a vendere ai privati 80 istituti: la speranza è quella di ricavarne 560 milioni di euro. I “pezzi” più pregiati sono il carcere romano di Regina Coeli e quello di Milano San Vittore, che - una volta svuotati - varrebbero centinaia di milioni di euro.
La società Aedifica SpA (controllata al 95% dal ministero del Tesoro) ha già acquistato dal demanio undici istituti penitenziari, senza detenuti, fra i quali Verona, Ferrara e Frosinone. Da queste prime vendite lo Stato sta per incassare 150 milioni di euro.
I ricavati dalla vendita a privati di vecchie sedi carcerarie, serviranno, secondo i progetti del ministero della Giustizia, a prendere in leasing nuovi istituti ancora da costruire. Intanto la Cassa Depositi e Prestiti ha già stanziato per la costruzione di nuovi istituti la somma di 530 milioni di euro. Il programma edilizio carcerario prevede in totale l’impiego di circa 3 miliardi di euro.
Grandi progetti, dunque, ma per ora rimane il superaffollamento delle carceri, con tutte le conseguenze che si ripresentano puntualmente ogni anno, ogni estate.
Dal fronte sindacale si debbono registrare due prese di posizione: quella del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) che in un suo comunicato sottolinea come “per come si è evoluta la situazione, è necessario ed urgente un intervento politico per ridurre il grave sovraffollamento di tutte le carceri del Paese, anche e soprattutto attraverso il potenziamento dell’area penale esterna e per avviare il potenziamento degli organici della Polizia Penitenziaria... che appare quanto mai necessario...”
Su quest’ultimo punto le idee del Coordinamento penitenziario Cisl non coincidono: in un suo comunicato, fra l’altro, sottolinea come “il Corpo di Polizia Penitenziaria ha circa 42mila addetti (anche se almeno 6mila svolgono altri compiti e hanno contatti sporadici con i detenuti) ed ha una Amministrazione che è stata capace in un anno di registrare l’attivazione di migliaia di procedimenti disciplinari ai dipendenti; ufficiosamente sono circa il 25% degli addetti accusati di commettere infrazioni ai regolamenti...”
Finalmente, anche un sindacato di categoria sembra essersi accorto dell’enorme numero di uomini e donne della Polizia Penitenziaria destinati a compiti fuori degli istituti. Un fatto, questo, da noi segnalato più volte da queste colonne fornendo numeri impressionanti (mille i penitenziari impiegati al Dipartimento).
Ancora una notazione: quando il Corpo degli Agenti di Custodia era militare, al vertice era preposto un colonnello. Oggi, che la struttura è stata ricondotta allo status civile da quattordici anni, essa annovera alcuni generali...


Chi c’è dietro le sbarre

Dal libro di Ignazio Sturniolo “Problematica pedagogica penitenziaria” (1980) riportiamo un passo del primo capitolo, assai interessante, riferito alla popolazione carceraria.

“...tanti soggetti, uno diverso dall’altro, pur nell’apparente identica area psicologica, penale e di fatto.
Soggetti depressi, euforici, baldanzosi, introversi, estroversi, sereni, accigliati, distesi, agitati, aggressivi, violenti, superbi, umili, alteri, irascibili, calmi, nervosi, isolati, compagnoni, integrati, grati, servizievoli, viscidi, equilibrati, disordinati, psicopatici, selvaggi, primitivi, socievoli, aperti, chiusi, iperattivi, abulici, apatici, affettuosi, indifferenti, volitivi, colti, ignoranti, alti, bassi, grassi, magri, belli, brutti, biondi, bruni, italiani, stranieri, ricchi, poveri, giovani, vecchi, uomini, donne, golosi, sobri, silenziosi, logorroici, ecc.
La descrizione potrebbe continuare ancora per molto senza esaurire la molteplicità soggettiva, la folla di detenuti che ho avuto, fino ad oggi, modo di conoscere.
Uomini, come tanti altri uomini, persone, come tante altre persone, soggetti tra soggetti che si sono trovati in situazioni sfavorevoli, come chiunque potrebbe trovarsi e che il carcere, con i suoi notevoli condizionamenti, acuisce. Infatti gli stati di tensione, di agitazione, di aggressività all’interno dell’istituzione totale si moltiplicano...”


Gli istituti in cifre

Popolazione
Dei 56.600 detenuti in Italia, meno di 34mila scontano una pena definitiva. Dodicimila sono in attesa del primo giudizio, oltre ottomila del secondo o terzo grado (dati al 31 dicembre 2003).

Capienza
A fronte di una popolazione sempre superiore alle 50mila unità, la capienza regolamentare degli istituti è di 41.324 posti (soltanto 5.848 detenuti hanno beneficiato del siddetto “indultino”).

Stranieri
Sono quasi un terzo del totale dei reclusi; la maggior parte è in carcere perché condannata (o in attesa di giudizio) per questioni di droga e sfruttamento della prostituzione.

Sieropositivi
Il 30% della popolazione carceraria è affetta da virus Hiv. I tossicodipendenti sono ancora di più rispetto ai sieropositivi: oltre il 50% dei reclusi.

Suicidi
Fino ad agosto di quest’anno si sono registrati 32 casi (nel 2003 sono stati 52); 395 detenuti hanno compiuto gravi atti di autolesionismo.
(Fonte: Rapporto Antigone)


L’età dei detenuti

Dai 21 ai 24 anni 8,5%
dai 25 ai 29 anni 17 %
dai 30 ai 34 anni 19,4%
dai 35 ai 39 anni 17,6%
dai 40 ai 44 anni 12,7%
dai 45 ai 49 anni 9,3%
dai 50 ai 59 anni 9,5%
dai 60 ai 69 anni 2,9%
(Fonte: Rapporto Antigone)


Il grado di istruzione

Analfabeti 1,4%
Senza titolo di studio 6,3%
Scuola elementare 27,8%
Media inferiore 37,9%
Scuola professionale 3,6%
Media superiore 4,2%
Laureati 0,8%
(Fonte: Rapporto Antigone)


Le rivolte d’estate

Agosto 1987 - Isola d’Elba
Sei detenuti armati di pistole e coltelli prendono in ostaggio 35 persone nel carcere di Porto Azzurro. Si arresero dopo 7 giorni

Giugno 2000 - Trieste
Nel carcere del Coroneo inizia la protesta dei ristretti a causa delle condizioni di sovraffollamento del penitenziario.

Luglio 2000 - Roma
Alcuni detenuti del carcere di “Regina Coeli” aggrediscono gli agenti con sbarre di ferro tolte dai letti. 28 i feriti.
(Fonte: Rapporto Antigone)

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