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ottobre/novenbre/2004 - Articoli e Inchieste
Giovanissimi
I giovani e Internet il futuro in un clic
di Giada Valdannini

Il rapporto annuale del Censis, mette in evidenza - fra l’altro - il ruolo del computer fra gli adolescenti, che rappresenta, con le sue infinite possibilità, l’assenza del rapporto diretto


Da strumento di ricerca a mezzo informale di contatto, Internet rappresenta per i giovani la quintessenza della comunicazione. Che serva per lo studio o per lo svago, poco importa. L’importante è che con rapidità e precisione soddisfi ogni loro richiesta. È ormai raro trovare frotte di studenti intenti a consultare pesantissimi volumi enciclopedici: il 40% di loro sa già bene che basta un click per penetrare istantaneamente i segreti dello scibile.
A renderlo noto è il rapporto annuale del Censis che nel 2003 fotografa un’impennata sostanziale nell’utilizzo della rete telematica: “Si connette a Internet più o meno frequentemente il 58,7% dei giovani. All’incirca il triplo di quanto accade tra gli adulti”. Ma la cosa più interessante, a giudicare dai dati prodotti dalla statistica, è che non sono le differenze di ètà a determinare le distinzioni d’uso, bensì il genere. Sono, infatti, le ragazze a mostrare più grande estraneità nei confronti di questo strumento di comunicazione, mentre per i ragazzi è ormai un’autentica appendice.
In effetti, il 36,6% delle giovani reputa la rete telematica uno strumento “non vicino” e, solo il 17,5%, ci ha stabilito un buon rapporto. Un altro paio di maniche è se si parla di ragazzi: per il 28,4% di loro è invece un supporto insostituibile.
Le ragioni di questa differenza d’approcci sono da rintracciare nell’utilizzo che rispettivamente ne fanno. Se le ragazze navigano solo per necessità (usano Internet al 43% per lo studio e al 17,6% per il lavoro), i ragazzi, vi ricercano informazioni d’attualità (36,5%). Ma l’intrattenimento resta, per gli internauti di sesso maschile, un’opportunità imprescindibile. Tant’è che, per loro, la rete telematica è un importante serbatoio da cui scaricare testi, immagini e musiche (29%). Cosa che alle cyber-girls sembra interessare veramente poco: solo il 12,7% se ne avvale. Preferiscono di gran lunga scambiare messaggi, chattare, insomma intessere rapporti con altre persone attraverso la rete (35,4%, contro il 29% degli uomini).
E la passione di conoscere gente tramite Internet ha oltrepassato da tempo l’intimità delle quattro mura domestiche e si è trasformata in un autentico business. Sono ormai dieci anni che impazza tra i giovani la moda degli Internet café, luoghi di socializzazione il cui canale veicolante è appunto la rete telematica. Dalle isole dell’oceano Pacifico ai picchi più alti delle catene rocciose, la grande avventura dei cybercafè ha inizio nel 1994, al numero 39 di Whilfield Street, nel cuore di Londra. Lì, due giovani amiche, Eva Pascoe e Gene Teare (polacca la prima, canadese la seconda) mettono su il primo locale in cui “poter consumare un panino, bere una tazza di tè e fare quattro chiacchiere con il mondo”. Da allora, quest’idea che ricalca lo spirito dei caffè artistici parigini e viennesi degli anni ’20 non ha mai cessato la propria affermazione. Anzi, nel corso di appena un decennio, la loro Cyberia si è trasformata in una trovata commerciale foriera di grandissimi incassi. In effetti, con un investimento iniziale di 50mila sterline, le due giovani diedero il via a un’attività che oggi è divenuta un impero del valore di 7,5 milioni di dollari, con filiali a Edimburgo, Manchester, Kingston, Dublino, Tokyo, Bankok. E persino all’interno del Centre Pompidou di Parigi.
A decretarne il successo, codazzi di giovani che pur di tentare un approccio tramite la rete, erano disposti ad attendere ore prima di entrare negli Internet café.
Anche tra i giovani italiani hanno riscosso grande interesse e piuttosto che vederli seduti in pub dall’atmosfera nostrana, hanno cominciato a popolare questi futuribili Internet pub, fioriti da un capo all’altro della Penisola.
Di fronte alla loro gran presa sul pubblico giovanile, la società civile si è interrogata a più riprese. Ma il risultato è stato sempre più spesso emblema del modo di intendere il rapporto con la tecnologia e le nuove frontiere della comunicazione.
In quanto paradigmatici della libertà di espressione che corre attraverso la rete e incentivi al desiderio di conoscenza, gli Internet point si sono aggiudicati la fama di “buoni” o “cattivi” a seconda del paese in cui hanno attecchito. Nel continente africano i risultati più significativi.
Secondo il documento redatto dalle Nazioni Unite, E-commerce and development report, “il numero di contatti di utenti Internet africani è cresciuto del 18% negli ultimi 18 mesi grazie ai cybercafè”. A Toubacouta, in Senegal, complice il contributo dell'olandese Faro Foundation, è stato inaugurato Lynda, il primo cybercafè. Esperienza analoga in India, dove un gruppo di ingegneri ha pensato di creare chioschi e cybercafè con postazioni Internet per permettere alla popolazione locale che non possiede computer di accedere alla rete. “Un sistema innovativo - commenta Ashok Jhunjhunwala, uno dei leader del progetto - per portare il world wide web velocemente e a basso costo alla popolazione contadina. Tanto più se giovane”.
Qui in Italia restano ancora un po’ diffidenti taluni adulti che vedono, in Internet in generale, uno strumento di perdizione. Il lupo cattivo. È pur vero che il world wide web comporta una serie di rischi, tra i quali la conoscenza di persone poco affidabili, ma lo stesso potrebbe avvenire anche lungo le strade. Sta poi alla coscienza e allo spirito critico personale evitare di intrattenere rapporti che potrebbero diventare rischiosi. Insomma, niente limiti al contatto veicolato attraverso la rete, ma occhio agli incontri.
Il rischio, oggettivamente, è per i più giovani che incautamente “posso cadere nella trappola di abili persuasori che li spingono all’incontro diretto”.
A sottolinearlo sono numerosi genitori che lamentano “quanto sia difficile educare un figlio nell’era tecnologica”. Per molti di loro Internet, oltre a essere “pericoloso”, comprometterebbe lo studio dei giovani “agevolando la ricerca di notizie non verificabili e immettendoli in una babele di informazioni difficilmente decifrabili”.
Le insegnanti però, non sembrano proprio dello stesso avviso. Tanto che – sottolinea una docente di un istituto comprensivo – “Da cinque anni mi occupo, nella scuola in cui lavoro, dell’ introduzione del computer nella didattica, e devo dire che il rapporto che i bambini instaurano con il computer è critico e fruttuoso. Affatto pericoloso. Sanno bene - sottolinea l’insegnate – che le macchine sono compagne di gioco e ricerca dotate di capacità di interazione, ma gli studenti rimangono coscienti che sono solo macchine e che, togliendo loro corrente, si può sempre interrompere l’attività”.
Insomma, dello giovane sprovveduto non sembra esserci traccia. Eppure aumentano i casi di cronaca di ragazzi e ragazze letteralmente irretiti dalla rete. Ma anche lì, la presenza e un rapporto costruttivo con i genitori è l’unica possibilità di scongiurare rischi nascosti nel world wide web.
Questo molti adulti lo sanno e, lavorando attentamente sul rapporto coi loro figli, reputano addirittura che il pc e di conseguenza Internet sarebbe “lo strumento più adatto a favorire il dialogo fra generazioni”. Lo si apprende dalla ricerca Essere genitori nell’era tecnologica, in cui la società di ricerca Eurisko, ha interpellato oltre 500 genitori di ragazzi tra i 15 e i 17 anni, su tutto il territorio nazionale.
Dai dati emerge che il 41% si dimostra favorevole alla nuova tecnologia pur avendo scarse conoscenze informatiche, mentre il 24% di loro si dimostra poco favorevole alla tecnologia sebbene dichiari di avere scarse conoscenze in merito. Gli entusiasti sono invece il 19% che, dotati di competenze informatiche, difendono a spada tratta i pc e la connessione a Internet.
Interessante poi l’attitudine di alcuni genitori a confrontarsi coi figli su un piano di condivisione delle esperienze (es. studio su Internet) più che a esercitare un mero controllo. Come risulta invece nell’uso del cellulare.
Così, la campagna “Vola con Internet”, nata su iniziativa del Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie”, ha riscosso un grande successo. L’idea di offrire a tutti i giovani che compiono 16 anni nel 2004 un bonus di 175,00 euro per l’acquisto di un pc ha spopolato. E l’80% dei genitori l’ha valutata positivamente.
Ma gli stessi giovani, come descrivono il loro rapporto con la rete telematica? La maggior parte di essi è consapevole del fatto che può generare dipendenza. Un sondaggio del Censis, condotto su un campione di 13mila ragazzi italiani tra i 13 e i 18 anni, evidenzia come siano loro stessi a mettere talvolta sotto accusa videogiochi e Internet dicendo: “dopo un po’ non te ne riesci più a staccare”.
Tant’è che, nella casistica delle dipendenze, i videogames sono al primo posto (49%), seguiti da computer (44%) e in terza battuta tv e cellulare, indicati nella percentuale di 37% circa.
Nelle idee dei più giovani è quindi forte la consapevolezza dei rischi della tecnologia informatica ma anche del valore delle innovazioni. In una recente statistica del Censis dal nome I giovani e la cultura nell’era della comunicazione, si evidenzia come la cultura sia per loro il futuro stesso che si evolve di pari passo con l’evolversi della tecnologia. In Internet, si legge nel rapporto, i giovani cercano senso, orientamento e promozione di valori. E quale migliore mezzo di propagazione di idee. Prova ne è il fatto che oggi, movimenti come quello pacifista che sta portando in piazza milioni di ragazzi, non esiterebbe se a supportarlo non ci fosse la posta elettronica, la controinformazione telematica e la peculiarità non gerarchica della comunicazione in rete. Così, tramite la tecnologia, le giovani generazioni cercano di colmare la poca trasmissione di significati che avvertono dagli adulti, utilizzando il web come grande contenitore di esperienze.
A influire sulla scelta dei ragazzi di avvicinarsi a Internet , concorre, fra l’altro, la percezione del vuoto (maggiormente sperimentata nel nord est d’Italia). La solitudine, insomma, spinge il 35% di essi verso la navigazione. E, gironzolando per la rete, è facile rendersene conto.
Sono migliaia e migliaia le home pages e i più moderni blog pronti a dare ascolto a chiunque ne sia alla ricerca. Pullulano infatti sul web richieste di aiuto che spesso, se lette in tempo, hanno permesso addirittura di salvare la vita a chi era pronto a rinunciarci.
È cronaca recente quella di un giovane disoccupato di Milano che ha annunciato il suicidio on line. “Ho le caratteristiche del lavoratore ideale – ha scritto – eppure da oltre un anno non trovo occupazione. Per questo sono pronto a suicidarmi”. Di fronte a questa agghiacciante rivelazione, la legge ha reagito con durezza incriminandolo per procurato allarme. Ma ora al di là di tutto viene da domandarsi: “Proprio nessuno è stato capace di dedicargli attenzioni? Perché ha scelto di affidare a milioni di illustri sconosciuti un messaggio così delicato?”.
A giudicare dalla quantità di messaggi analoghi che la rete dispensa, si direbbe che Internet sia un immenso diario telematico. E fortunatamente è stata proprio la solidarietà tra internauti a salvare molti ragazzi.
Non è il caso, purtroppo, di due giovani aspiranti suicidi che proprio in Internet si sono conosciuti, poi incontrati e insieme hanno deciso di farla finita gettandosi da una rupe. Lei, austriaca di 17 anni e lui, norvegese di 20.
Il triste episodio è avvenuto in Norvegia e il caso ha destato molto scalpore, anche perché, attraverso le informazioni che sono emerse dalle indagini, sembrerebbe che il desiderio di morte abbia trovato un vero e proprio sfogo nei siti web che, a centinaia, forniscono le informazioni utili per compiere l’estremo gesto.
Dopo la scomparsa dei due giovani, le indagini sono andate avanti per parecchi giorni senza alcun risultato. Assente una spiegazione plausibile della caduta in un fiordo dal quale abitualmente si lanciano solo i deltaplanisti. Poi le parole di una ragazza norvegese, depressa e anche lei aspirante suicida, che ha rivelato alla Polizia l’esistenza del sito Internet sul quale aveva conosciuto i due giovani. Lei stessa - ha dichiarato tra le lacrime - dopo numerosi ricoveri per sindrome depressiva, aveva cercato un compagno di suicidio, e per diverse settimane era rimasta in contatto con il ragazzo norvegese, che però le aveva detto di aver trovato nella ragazza austriaca, la giusta “compagna di viaggio”.
A quel punto gli inquirenti, visitato il sito, hanno trovato la lettera d’addio del ragazzo con cui salutava tutti i membri del “gruppo” di giovani pronti anch’essi a darci un taglio: “Prima di andarmene – si leggeva nel drammatico testamento - vorrei dire brevemente grazie a tutti voi. È stato eccezionale leggervi nelle ultime settimane. Nella vita reale non ho mai incontrato persone come voi. Perciò è stato un sollievo essere qui e leggere le vostre e-mail". Quindi l'annuncio: "Ho trovato la persona che mi accompagnerà nella morte".
Fortunatamente però, la storia non è sempre questa e anzi pullula la rete di orecchie amiche pronte a prestare aiuto a chi ne richieda. In un sito si legge: “…ti senti solo e desideri parlare con qualcuno…hai difficoltà in famiglia, a scuola, o con gli amici…ci sono cose che non osi raccontare ma che vorresti comunque comunicare…Al numero verde di Telefono Giovane (800 560990), ci sono persone disposte ad ascoltarti senza giudicare, né chiederti chi sei”.
Insomma, a trentacinque anni dall’invenzione di Internet, di acqua sotto i ponti ne è passata. Dall’alta tecnologia militare per cui è stato creato a mezzo di incontro e scambio, di cose ne sono cambiate. Oggi, seicento milioni di persone preferiscono il world wide web al telefono e alle poste. E intanto già si lavora alla progettazione di un Internet2, cento volte più veloce delle attuali connessioni a banda larga. A sperimentarlo, saranno i nostri provetti giovani internauti, cresciuti a pane e web.



Da strumento militare a rete
di comunicazione mondiale
La storia di Internet

Il 2 settembre scorso Internet ha festeggiato i suoi 35 anni. Ufficialmente è venuto alla luce nel 1969 ma il world wide web che conosciamo per il suo diffuso utilizzo, risale al 1989. Nasce per esigenze militari e viene brevettato su commissione del Pentagono che voleva individuare una rete di comunicazione che potesse sopravvivere a un attacco nucleare. A quel punto uno scienziato Lein Kreinrock e due studenti della University of California, Stephen Crocker e Vinton Cerf crearono lo strumento di comunicazione che oggi va per la maggiore. Per i successivi vent’anni, però, fu di esclusiva pertinenza dei militari.
Alla fine degli anni Ottanta, con l’invenzione appunto del world wide web, quello strumento tecnico si è trasformato in un mezzo di utilizzo diffusissimo tanto per ragioni ludiche, quanto di ricerca e di lavoro. In questi 35 anni la rete ha fatto passi da gigante fino ad arrivare agli attuali blog (web – log), “appunti di navigazione” che sostituiranno ben presto le quasi obsolete home pages. Con il vantaggio di poter pubblicare in rete autentici diari telematici, rapidi da consultare e gratuiti tanto nella diffusione quanto nell’utilizzo. Intanto ingegneri e tecnici stanno lavorando alla creazione di Internet2: un sistema con potenzialità assai maggiori dell’attuale, che viaggia con una velocità di connessione cento volte più veloce.

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