Questa volta ha vinto la pace sulla guerra, la vita sulla morte. Simona Pari, Simona Torretta, Ma hanaz Bassam e Ra’ad Ali Abdulaziz sono stati liberati a Bagdad alla fine di settembre. Per tutta l’Italia la liberazione e il ritorno a casa delle due Simone, volontarie in Iraq da tanti anni, è diventata una grande festa. È stata la fine di un incubo che ci aveva tenuti tutti con il fiato sospeso per 22 giorni. Molti di noi - senza magari confessarlo pubblicamente - avevano immaginato una conclusione tragica del rapimento così come è successo per Baldoni e Quattrocchi. D’altra parte la propaganda degli integralisti non ci aveva fatto mai sperare: annunci di decapitazioni imminenti; proclami truculenti contro gli stranieri. E invece, quasi per miracolo, la storia si è conclusa nel migliore dei modi e le due volontarie, tornando in Italia, hanno potuto ringraziare governo, opposizione e opinione pubblicaper l’attivo sostegnoche ha portato alla loro liberazione. Grande soddisfazione anche dei politici, che questa volta hanno saputo superare - almeno per qualche giorno - gli interessi di bottega per mettere al primo posto la vita umana, quella che era in bilico dei quattro sequestrati.
La festa però è durata poco. Subito dopo le prime dichiarazioni pubbliche delle due ragazze volontarie sono scoppiate le polemiche sui giornali e nelle trasmissioni televisive. Simona Pari e Simona Torretta hanno dichiarato infatti che la guerra è sbagliata e produce solo orrori, che in Iraq ci sono uomini, donne e migliaia di bambini che soffrono e muoiono senza aver commesso nulla, senza avere responsabilità alcuna sulle cose del mondo. Scandalo: anche le due Simone sono delle pacifiste, ovvero appartengono a quella genìa di persone che non si renderebbero conto del rischio tremendo del terrorismo islamico e che pretendono di risolvere le tragedie fuggendo dalle responsabilità. Come si permettono di chiedere il ritiro delle truppe italiane? Così, le due ragazze sono state attaccate dagli uomini della destra che avevano provveduto ad “arruolarle” tra le fila dei militari o quantomeno equipararle a loro e da quelli della sinistra che aveva assunto una posizione più morbida e possibilista sulla presenza delle truppe italiane in Iraq. Ancora una volta fiumi di ideologia sono stati versati per criticare l’ideologia delle due ragazze che hanno ribadito di amare il loro lavoro e che sono pronte a ripartire subito per l’Iraq per continuare ad aiutare i bambini malati. Il settimanale Famiglia Cristiana aveva descritto le due ragazze, prima della notizia della liberazione, come due “vittime del bene”. Un altro settimanale, Diario, il giornale con cui collaborava Baldoni, ha descritto le due ragazze, dopo il ritorno, come due militanti, due “strane streghette” della pace. Autorevoli commentatori si sono scagliati contro le loro dichiarazioni sull’infamità della guerra che colpisce alla cieca e genera altra violenza, altro odio e altri morti, accusandole di non attaccare abbastanza quegli integralisti che le hanno tenute con il coltello alla gola leggendo il Corano. Qualche commentatore ha colto in questo anche il lato peggiore di una certa ideologia che giustificherebbe tutto dell’Islam, perfino la morte usata nello scontro tra le civiltà. È vero che noi occidentali dobbiamo rispettare il Corano, ma è anche vero che “loro” devono rispettare la nostra civiltà religiosa e laica. Loro da una parte con il Corano, è stato detto, noi dall’altra con la Critica della ragion pura, il libro più importante del filosofo Immanuel Kant.
In tutto questo accalorarsi contro le ragazze che da eroine sono diventate streghe scomode e forse per qualcuno addirittura al soldo del nemico (è scoppiata anche una polemica sui lauti stipendi di questi “volontari della pace”), sono stati trascurati alcuni elementi che invece sono fondamentali. Intanto, dal punto di vista culturale, si inneggia al Kant della Critica, ma si tace prudentemente sul Kant della Pace perpetua. E poi, nella foga della polemica politica, si fa finta di non distinguere. Chi pensa che la guerra sia la panacea non accetta critiche e distinguo. O con noi o contro di noi. Chiunque cerchi di ragionare per trovare altre vie d’uscita rischia di essere etichettato come panciafichista, come Ponzio Pilato, che si lava le mani e volta lo sguardo altrove. La confusione è tanta e servirebbe una chiarificazione seria sugli effetti della guerra e una riflessione non di propaganda sul valore della pace e del pacifismo. Uomini come Francesco di Assisi, Benedetto XV, Gandhi, o magari Churchill che notoriamente cercò di battersi fino all’ultimo per evitare le cause della guerra, non possono certo essere assimilati a Ponzio Pilato, che poi, a ben vedere, non era affatto un pacifista ma piuttosto un pacificatore. Nel corso delle polemiche, queste sì ideologiche, si è persa per strada anche un’altra notizia importante: per la liberazione delle due ragazze italiane si sono mobilitati in tantissimi anche in Iraq. Ci sono state manifestazioni e prese di posizione contro i criminali. Stiamo attenti quindi a dividere il mondo in buoni e terroristi. E stiamo attenti, soprattutto a confondere la guerra, con le operazioni di Polizia. Il terrorismo si combatte prima di tutto con la Polizia e i Servizi. Si devono attaccare gli assassini, rompere la rete, arrestare, organizzare le operazioni come quella di Beirut. Ma queste cose è inutile ricordarle, perché sono note a tutti. Perché quindi barare, camuffare la realtà, mistificare? È un gioco pericoloso, si scherza con il fuoco.
|