Si festeggiava in Italia la vittoria nella Grande Guerra; contemporaneamente nella questura di Ancona, in maniera molto più modesta, si è consumata la “Caporetto dell’ordinaria gestione”.
Quaranta colleghi, in servizio fuori sede per esercitazioni di tiro, sono stati bloccati per lungo tempo per la mancata presentazione del funzionario responsabile; l’esercitazione è ripresa dopo che è stato inviato dalla questura un altro funzionario. Una esercitazione che doveva concludersi in mattinata si è protratta fino alle ore 16 circa.
Non so quali responsabilità si celino dietro il fatto e, in tutta sincerità, non sono neanche curioso di saperlo; il copione sarà quello solito: il cerino che passerà di mano in mano, forse il fax non ha funzionato, forse qualche collega ha sentito o compreso in maniera errata; al massimo, ma proprio al massimo, ci sarà qualche sguardo truce accompagnato da qualche tono alto e austero, difficilmente si andrà oltre.
Di contro non mi appassionano nemmeno gli istinti giacobini che reclamano la testa dei cosiddetti potenti, quello che mi interessa è se da questo fatto, l’ultimo dei tanti che quasi giornalmente avvengono (aggiornamento professionale docet), chi ha il dovere di dirigere la questura si interroghi sul perché è accaduto e su cosa fare per far sì che non accada mai più.
Permettendomi una metafora calcistica, è all’allenatore che il Siulp indirizza le seguenti considerazioni.
Il primo dato di fatto è che l’intero sistema dei servizi ad interesse generale della questura di Ancona poggia su un agente e un assistente. Le persone sono fuori discussione, ma il problema è un altro e si chiama “responsabilità” e “prerogative”. Non si possono avere le prime senza le seconde e viceversa; in caso contrario saremo in presenza di un funzionario irresponsabile o di un agente parafulmine.
Il secondo dato di fatto è che alcuni dirigenti non hanno chiara (o l’hanno fin troppo, preferendo vivere nell’ambiguità) la differenza tra ruolo esecutivo e ruolo dirigenziale.
Il primo dovrebbe fare quello che gli viene ordinato con pochissimo margine di discrezionalità, tutto sommato una garanzia per chi vuol stare nel suo senza strafare, basta mettere a posto le cosiddette carte e si è quasi al sicuro da qualsiasi chiamata di responsabilità.
Al secondo, non basta che le carte siano a posto, da lui si pretende (la differenza di stipendio trova fondatezza soprattutto in questo) che certe questioni non accadano o che altre vadano in una certa direzione: è su questo che si misura la capacità di chi riveste un ruolo direttivo non certo sul fatto che le “cartuccelle siano a posto”; per quello l’Amministrazione può contare su un nugolo di agenti, assistenti, sovrintendenti e ispettori, i quali, oltre a costare di meno, quasi sicuramente farebbero se non meglio certamente il medesimo servizio.
Il terzo dato di fatto è che alcuni nostri dirigenti, purtroppo per loro (ma soprattutto per noi), agiscono all’interno dei campi visivi non camaleontici, anteponendo agli interessi generali quelli particolari se non personali. Così facendo gli obbiettivi si sfocano facilmente ed ecco che la priorità non è che un servizio venga svolto o meno, ma, per assurdo, l’obbiettivo potrebbe diventare quello di mettere in difficoltà un proprio collega, nel pieno rispetto comunque delle “cartuccelle”. È scolpita nella roccia la verità secondo la quale la nostra classe dirigente, fatte salve le capacità di ognuno, non è “gruppo”, ma un insieme di vogatori che, pur stando sulla stessa barca, remano ognuno per conto proprio.
La quarta e ultima considerazione è che questi accadimenti vengono, purtroppo, minimizzati non rendendosi conto che sono quelli che più contribuiscono a fiaccare l’intera organizzazione, in quanto indeboliscono l’autorevolezza della classe dirigente; creano un senso di impunità o frustrazione nei ruoli inferiori e inoculano il virus della demotivazione tra il personale.
Il Siulp provinciale non starà con le mani in mano e nella Segreteria due questioni, una tecnica e l’altra prettamente politica, sono state messe all’ordine del giorno: la prima è relativa alla richiesta al proprio Ufficio legale di un parere circa l’inoltro alla Corte dei Conti di un esposto per danno patrimoniale e l’altra è quella di riprendere in considerazione la possibilità, in questi casi, di utilizzare la denuncia pubblica quale strumento dell’azione sindacale.
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