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agosto/settembre/2004 - Articoli e Inchieste
Economia
Una casa in città
di Alessandro Floris

Investimento dei propri risparmi, o bene indispensabile e, per alcuni, irraggiungibile. Avere una casa oggi, non è semplice come si potrebbe credere


La casa è un bene primario per l’uomo, il centro della sua vita privata, il luogo ove si realizza una parte importantissima della sua personalità, all’interno dei rapporti familiari, in quello che è il nucleo fondamentale della società.
Le definizioni e le considerazioni sull’importanza della casa si sprecano, e si potrebbe riempire pagine di luoghi comuni. Tuttavia, la casa costituisce, per molte persone, anche in un Paese sviluppato come l’Italia, un serio problema.
Un primo aspetto riguarda la possibilità, per le nuove famiglie, di procurarsi un posto dove vivere. Il secondo punto nodale concerne la tutela del proprietario nella difesa dei suoi diritti.
Per quanto attiene al primo aspetto, non può non rilevarsi che il valore degli immobili ha subito, negli ultimi anni, una crescita costante.
Diventare proprietari è certamente complesso, e molte giovani famiglie ripiegano su appartamenti in affitto, con minore sacrificio economico. La difficoltà risiede soprattutto nel cocktail micidiale formato, da un lato, dalla crescita dei prezzi, e dall’altro, dalla precarietà del posto di lavoro, che non consente progetti ed investimenti a lunga scadenza per il rischio, sempre presente, di ritrovarsi disoccupati e di non poter far fronte agli impegni assunti.
Chi ha dedicato anni di lavoro e di studio al problema della proprietà, come Fabio Coglitore, segretario nazionale dell’Associazione Piccoli Proprietari Case, è perfettamente a conoscenza di queste difficoltà. “Il nostro impegno, come associazione sindacale di categoria, è sempre stato volto al fine di calmierare i prezzi di mercato, per consentire l’accesso al bene-casa anche a coloro che ne sono, tutt’oggi, privi. Per i prezzi degli affitti, sono stati fatti considerevoli passi in avanti con la sottoscrizione dei nuovi accordi territoriali. Questi ultimi sono stati raggiunti dalle associazioni maggiormente rappresentative della proprietà e dell’inquilinato, recependo il Decreto Ministeriale del 30 dicembre 2002, firmato dal viceministro Martinat e dal ministro Tremonti.
In particolar modo a Roma, l’accordo ha definito fasce e prezzi in modo tale da avvicinare proprietari ed inquilini, per permettere ai primi di avere maggiori agevolazioni nella fiscalità nazionale e locale; ai secondi di avere prezzi più contenuti rispetto a quelli propri del libero mercato.
Per quanto attiene alle compravendite, molto dipende dai tassi di interesse sui mutui e dagli effetti negativi dei mercati finanziari, aspetti questi che hanno influenzato gli investimenti sul mattone, talvolta alzandone i prezzi in maniera esagerata.”
Nella sede romana dell’associazione, si riscontra una richiesta continua di tutela e di informazioni, tra squillare di telefoni e via vai di piccoli proprietari a colloquio con i consulenti.
Dopo 30 anni di attività, l’APPC conta oggi oltre 130 sedi sul territorio nazionale, ed è riconosciuta a livello istituzionale tra le più rappresentative organizzazioni della proprietà immobiliare
L’avvocato Gianfranco Saba, consigliere nazionale, che dell’APPC è consulente da molti anni, ha ascoltato pazientemente centinaia di piccoli proprietari, cercando di fornire soluzioni ai loro problemi e risposte ai quesiti più disparati.
“La legge italiana non tutela assolutamente la proprietà”, afferma sbuffando una nuvola di fumo bianco dall’immancabile sigaro Toscano, “e non parlo del grande costruttore, ma di chi ha acquistato una casa per la propria famiglia o per i propri figli con i sacrifici di una vita. Il primo problema riguarda le locazioni. Fermiamoci ad analizzare l’aspetto che più ci sta a cuore, cioè il piccolo proprietario che, dopo aver comprato un appartamento, lo concede in locazione per ottenere un reddito integrativo, per recuperare almeno in parte la spesa dell’investimento, e si trovi poi nella necessità di far liberare l’immobile per andarci a vivere o per darlo al figlio che vuole sposarsi. Se alla scadenza del contratto l’immobile non viene rilasciato al proprietario, dal momento in cui quest’ultimo intraprende un’azione legale, solo per iniziare l’esecuzione dello sfratto, un inquilino un po’ avveduto che si affida ad un legale, può temporeggiare almeno per due anni e mezzo. Poi, sorge il problema della sospensione degli sfratti. Se l’inquilino è una persona anziana, per esempio, al momento lo sfratto è sospeso e non può essere eseguito, e questa sospensione viene regolarmente prorogata dal governo, indipendentemente dalla parte politica.”
In sostanza, lo Stato lascia a carico del cittadino-proprietario le conseguenze della sua incapacità di garantire una casa a chi ne è privo e ne ha assoluta necessità. E’ del tutto evidente la volontà politica di non intervenire per risolvere il problema, anche perché poi ne sorgerebbe un altro: dove vanno a finire gli sfrattati? Meglio evitare ulteriori aggravi, meglio non prendere decisioni scomode e continuare a favorire il persistere di una incredibile situazione parassitaria, dove il proprietario è costretto ad assumersi oneri socio-assistenziali nell’inerzia e nell’indifferenza dello Stato.
Un altro aspetto particolarmente interessante, molto rilevante in una città come Roma, è quello della convivenza nei grandi condomini urbani, palazzoni di cemento che ospitano decine di famiglie e centinaia di persone, ad alto potenziale di litigiosità.
“Effettivamente il contenzioso condominiale è esorbitante, ed è caratterizzato, da un lato, dall’apparente futilità dei motivi che spingono le parti ad andare per vie legali, dall’altro, da una grande importanza che, invece, tali questioni rivestono per le persone coinvolte.”
Evidentemente, le difficoltà di trovare un compromesso tra tante teste diverse, innesca delle situazioni esplosive che rendono impossibile la convivenza e portano i condòmini a livelli elevati di esasperazione.
“Si pensi che alcuni anni fa” commenta ancora l’avvocato, “sono stato invitato a partecipare ad una trasmissione televisiva incentrata sull’infarto da condominio! Ammetto che la definizione assuma un connotato tragicomico, ma è indicativa dell’accumulo di stress e frustrazioni che sono conseguenti alla condivisione con altri della propria casa ed, in definitiva, della propria vita privata, che è propria dei grandi condomini urbani.”
Come evitare il tracollo? “Se non si riesce a restare indifferenti a contrasti o incomprensioni che inevitabilmente possono sorgere tra condomini, non resta che una strada: abitare in una casa monofamiliare. Purtroppo non tutti se la possono permettere…”




Le cause in Italia non finiscono mai

“Anche l’istituzione del Giudice di Pace, al quale sono state conferite diverse competenze in materia condominale, non ha contribuito ad una più rapida definizione delle cause, che restano in corso per diversi anni”, afferma l’Avv. Gianfranco Saba. “Inoltre, per quanto attiene agli sfratti ed alla mancata esecuzione degli stessi, lo stato italiano paga ogni anno fior di risarcimenti per l’eccessiva durata dei procedimenti. Una situazione bisognosa di integrale riforma.”

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