La vicenda dei soldati italiani contaminati, in Iraq e Kossovo, dall’uranio si arricchisce di risvolti grotteschi, come quello dell’intensimetro per misurare le radiazioni con raggio d’azione di pochi centimetri
Dopo il ritorno in Patria dall’Iraq di un maresciallo di Marina, operato per un tumore all’apparato genitale, si ripropone con forza il problema dell’adozione di misure di protezione. Gli inglesi hanno reso noto al commissario finlandese Pekka Hasvisto, di avere scaricato circa due tonnellate di armi all’uranio nella zona meridionale dell’Iraq (i comandi inglesi ed Usa avrebbero dovuto fornire ai nostri Reparti le mappe dei punti di caduta!). I nostri Reparti, come mostrano i filmati televisivi, non adottano maschere protettive pur in vicinanza di obiettivi distrutti e d’altra parte i nostri Reparti Nbc che sembra non abbiano trovato nulla di pericoloso, operano con l’intensimetro Ra 141 B in dotazione per la rilevazione della contaminazione radioattiva.
L’intensimetro Ra 141 B in dotazione per la rilevazione di armi all’uranio, ha un raggio esplorativo inferiore ai 10 centimetri. Per esplorare un limitato ambito di terreno di un ettaro si procede per strisce di 10 centimetri, occorrerebbe forse un anno o più. Che valore hanno allora le dichiarazioni riportate secondo cui nelle zone operative non esiste pericolo d’arma all’uranio impoverito? Questo spiega ad esempio perché in Bosnia, dove erano stati sparati migliaia di proiettili all’uranio impoverito, non è giunta alcuna segnalazione di pericolo dalle Squadre Nbc che dovrebbero essere impiegate in avanscoperta sui terreni dove operano i Reparti per assicurare che il terreno sia bonificato, cioè non presenti pericoli.
Ma tale apparato, come ebbe ad ammettere la stessa Scuola Interforze per la difesa nucleare, batteriologia e chimica: “Data la sua limitata sensibilità a specifiche tecniche studiate per uno scenario operativo caratterizzato dall’impiego di ordigni nucleari consente di rilevare esclusivamente pezzi consistendi di D. U. con misure effettuate a distanza minore di 10 centimetri”. Ora è ben difficile che un operatore Nbc sondi il terreno a meno di 10 cm da un consistente pezzo di D. U. Una probabilità rapportabile al famoso ago nel pagliaio.
Infatti in Bosnia, nonostante che vi fossero stati gettati oltre 10mila proiettili all’uranio impoverito, i nostri Reparti Nbc non localizzarono nessun pericolo, tanto che il ministro della Difesa affermò in Parlamento che non era stato usato uranio in Bosnia.
Lo stesso discorso vale per ciò che accade nei poligoni di tiro. Allora, in attesa che vengano prodotte apparrecchiature capaci di localizzare a distanza l’uranio impoverito, non ci si può fondare su dichiarazioni di sicurezza nella zona e occorre applicare le norme di protezione.
La questione ha anche aspetti amministrativi perché le polizzze assicurative tengono conto del rischio previsto. Non essendovi modi per monitorizzare le zone occorre suddividere una zona in strisce che consentano una fascia esplorativa di almeno una decina di metri (e non di 10 cm) per ottenere risultati in tempi relativamente brevi. Se si opera con strisce di 10 cm in un ettaro occorrono circa mille passate da 100 metri di lunghezza. Possiamo pensare a quante strisce e a quanto tempo occorre per considerare bonificata un’area di circa 13mila ettari come ad esempio è quella del poligono di Salto di Quirra in Sardegna. Non possono essere fatte avventate affermazioni sulla sicurezza di una zona se non dopo un’adeguata copertura esplorativa.
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