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agosto/settembre/2004 - Articoli e Inchieste
Egitto
Intelligence all'epoca dei Faraoni
di Giuseppe Gerardi

Anche nell’Egitto dei Faraoni furono messe in atto operazioni di “intelligence”. Dunque i moderni servizi segreti non sono una novità, perché appunto venivano utilizzati già oltre tremila anni fa.
Vediamo come, dal momento che i relativi documenti giunti fino a noi sono molto precisi e dettagliati: si riferiscono alle fasi della famosa battaglia di Qadesh tra Egiziani e Ittiti.
Siamo all’epoca del regno del faraone Ramsete II, il “Grande”, il più conosciuto, assieme all’altrettanto famoso Tutankhamon, il “Faraone fanciullo”.
Ramsete II fu un faraone guerriero e durante il suo lungo regno l’Egitto conobbe una forte espansione del proprio dominio sui paesi confinanti; non a caso Ramsete, al suo tempo, veniva appellato come “Sua Maestà, il cui nome è Grande di vittorie”.
In quell’epoca una spina nel fianco dell’Egitto era costituita dagli Ittiti, un popolo bellicoso e potente, che di tanto in tanto provava a scrollarsi di dosso l’egemonia egizia con tutti i mezzi: dalle piccole ribellioni agli sconfinamenti, fino ad accordi di protettorato con altre popolazioni, sempre con l’intento di prevalere sugli Egiziani.
È interessante rilevare come gli Ittiti fossero arrivati a tale potenza: avevano saputo assimilare, per poi rielaborarle rapidamente, le nuove tecniche di guerra adottate dalle popolazioni con le quali venivano in contatto durante le loro migrazioni.
Un esempio per tutti era costituito dall’impiego dei carri da battaglia, probabilmente copiato dagli Hiksos, altra popolazione bellicosa che invase l’Egitto tre secoli prima, diventandone addirittura dominatori per oltre un secolo.
Nell’impiego di questa novità, però, mentre gli egiziani adottarono bighe leggere con solo due uomini (un guidatore ed un soldato scoperto, armato di frecce e giavellotti) gli Ittiti realizzarono invece dei carri più robusti, che potevano portare un equipaggio di tre uomini: il guidatore, un lanciere e un portatore di scudo, con risultati bellici evidentemente migliori.
Ramsete stabilì, ad un certo punto, di farla finita con questi nemici e verso il 1286 a. C. decise di muovere loro guerra.
A sua disposizione il grande faraone aveva un esercito ben organizzato, composto da circa 20mila uomini distribuiti in quattro divisioni; queste riportavano tutte il nome di una divinità egiziana.
Gli Ittiti e i loro alleati riuscirono a mettere insieme il più grande esercito mai schierato a quei tempi: ben 35mila uomini e 2.500 carri da battaglia, forza non prevista da Ramsete, che pure adunava una grande forza militare.
Il teatro dello scontro fu appunto la città di Qadesh, da tempo contesa dai due imperi; la prima mossa la fece Ramsete, che suddivise il suo esercito in due forze, movendo subito e personalmente alla testa di una di queste attraverso un percorso interno, puntando direttamente su Qadesh.
Ramsete disponeva di un suo servizio di intelligence, che dobbiamo ritenere molto efficiente; infatti all’atto dell’avanzata del Faraone, i suoi informatori lo misero subito in guardia, avvertendolo di non essere riusciti, stranamente, ad individuare ancora l’esatta posizione dell’esercito nemico.
Ma gli Ittiti non erano certamente da meno, perché disponevano addirittura del... controspionaggio.
Infatti mentre Ramsete si stava avvicinando alla città di Qadesh, due beduini affiancarono l’avanguardia egiziana; furono subito interrogati dal Faraone stesso sulle manovre degli Ittiti e questi riferirono (mentendo) che il Re Mutwalli, impaurito dalla forza egiziana, era nascosto con le sue forze nella regione di Aleppo, a circa 200 chilometri da Qadesh.
Ramsete commise l’errore di credere a quanto questi affermavano: in realtà i beduini non erano altro che spie fatte infiltrare nelle linee nemiche proprio dal Re ittita. In sostanza Ramsete II era caduto in una trappola: ignaro di tutto avanzò subito con la prima delle quattro divisioni del suo esercito e si accampò nella pianura di fronte alla città di Qadesh.
Ma il servizio segreto di Ramsete continuava ad operare fattivamente: infatti alcuni uomini dei servizi riuscirono a catturare due “ricognitori” ittiti, mandati a vedere se il Faraone fosse caduto nella trappola a lui tesa: questi due infiltrati, a forza di percosse con manganelli, (come risulta da una eloquente incisione dell’epoca pubblicata in queste pagine) alla fine parlarono, rivelando la verità al Faraone: l’esercito ittita era in realtà tutto schierato ed in forze quasi davanti a loro, nascosto a meno di due miglia, e stava per attaccare gli Egiziani.
Ramsete mandò subito dei messaggeri verso le altre tre divisioni rimaste in attesa, chiedendo l’invio immediato dei rinforzi; convocò lo stato maggiore del suo esercito per esaminare la grave situazione venutasi a creare.
Ma in questo frangente gli Ittiti attaccarono in massa: passando letteralmente in mezzo alla seconda divisione egizia, che stava giungendo di rinforzo, arrivando alle spalle della prima divisione di Ramsete.
Dalle iscrizioni emerge che Ramsete dimostrò in ogni caso un grande coraggio in battaglia, guidando personalmente dal suo carro numerosi assalti contro i nemici e battendosi come un leone con la sola sua guardia del corpo.
Gli Ittiti furono colti di sorpresa da questa inaspettata reazione, sentendosi già sicuri della vittoria. Tale atteggiamento favorì gli Egiziani, che riuscirono a resistere fino all’arrivo delle altre due divisioni di rinforzo, giunte sul posto a tempo di record. Lo scontro fu molto violento e causò notevoli perdite da una parte e dall’altra.
Dunque si trattò di un... pareggio, senza vinti né vincitori. Anzi, per la verità, risulta storicamente che la città di Qadesh rimase ancora per diverso tempo sotto il controllo degli Ittiti, i quali furono in grado successivamente anche di rafforzare nuovamente la loro posizione strategica.
Tornato in patria, Ramsete, approfittando del fatto che gli Ittiti avevano chiesto la pace per primi, si proclamò vincitore della battaglia e diede grande risonanza alle sue gesta di guerriero.
Si potrebbe dire che si trattò di una delle maggiori operazioni di “propaganda di regime” della storia: venne addirittura composto una sorta di poema epico per celebrare le gesta del Faraone e tutte le fasi della storica battaglia furono riportate dettagliatamente sulle pareti di molti monumenti importanti, quali i templi di Luxor, Karnak e particolarmente nel tempio di Abu Simbel.

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