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giugno / luglio/2004 - Interviste
Contributi
Quattro errori
di Falco Accame - ex pres. Commissione Difesa-Camera

I moventi per il delitto possono essere ben stati più di uno. Forse è un “integrale dei moventi” che ha fatto scattare la decisione di impedire ad Ilaria Alpi di fare rivelazioni su ciò che era venuta a sapere, in un libro di cui aveva anticipato a qualcuno la stesura. Si tratta ora di rimediare agli errori fatti in passato che hanno portato a un punto di stallo.
Primo errore: la mancata dislocazione della Commissione Gallo in Somalia. In quel paese più di 100 testimoni avevano chiesto di essere interrogati sulle violenze compiute in quel paese, violenze di cui certo Ilaria Alpi era venuta a conoscenza. La Commissione Gallo doveva indagare nel luogo dove i fatti erano avvenuti. La tesi dell’omicidio dovuto alla copertura delle violenze è stata sostenuta da Ahmed Ali Rage, arrivato in Italia il 9 ottobre 1997. Ilaria Alpi, secondo quanto scritto nel diario del maresciallo Aloi, era a conoscenza di alcuni gravi episodi di violenza.
Secondo errore: la mancata audizione del maresciallo Aloi. Il diario del maresciallo Aloi, che fu reso noto dallo scrivente alla Procura Militare di Roma e alla Commissione Gallo, è una fonte importantissima di notizie. La Commissione Gallo, chiuse i lavori con una conferenza stampa senza aver preso in considerazione il diario, mentre la Procura Militare di Roma aveva subito interrogato in merito i genitori di Ilaria Alpi. Fu il ministro Andreatta, su richiesta dello scrivente, a fare riaprire i lavori per l’esame del diario. Ma la Commissione interrogò Aloi solo in parte e sospese l’audizione dopo alcune dichiarazioni di particolare rilievo affermando che “la Commissione era stanca”. Ma l’interrogatorio non fu mai ripreso.
Terzo errore: La mancata indagine sul rapporto della morte di Ilaria Alpi e altre due morti coperte da ombre, quella del maresciallo Li Causi, 12 novembre 1993, e della crocerossina Cristina Luinetti, 9 dicembre 1993. Dopo la morte del maresciallo Li Causi corse la voce che era chiaro chi lo avesse ucciso e perché. Al Procuratore Ionta sono stati negati in due circostanze degli atti importanti su questa vicenda. È importante rivedere tale decisione. Il maresciallo Li Causi era un addestratore di Gladio e faceva parte degli Ossi, gli Operatori speciali del Servizio segreto. La II^Corte di Assise di Roma, nella sentenza del 21 dicembre 1996, ha dichiarato che svolgevano operazioni di guerra non ortodossa. Li Causi aveva partecipato come Ossi alla liberazione del generale Dozier ed aveva partecipato alla “operazione Lima” (fornitura di materiale bellico al presidente del Perù, Garcia); era stato capo del Centro Scorpione di Gladio a Trapani. La crocerossina Luinetti fu uccisa da Mohamed Ali Musse, ma sulla dinamica dell’omicidio e sui moventi sono rimaste molte zone d’ombra anche dopo il processo presso la Corte di Assise di Milano (tra l’altro scomparirono vari referti). Certamente Ilaria Alpi si era interrogata su questi due omicidi e su chi potessero essere i mandanti.
Quarto errore: mancate indagini sulla duplice natura dei Servizi segreti in Somalia. In Somalia, oltre ai Servizi segreti ufficialmente costituiti, operava una componente di Gladio all’estero, come dimostra la presenza del maresciallo Li Causi. Occorre capire il perché, occorre anche capire quali legami esistevano tra i Servizi somali e i Servizi italiani e sul perché il colonnello Stefano Giovannone era stato allontanato dalla Somalia e sostituito dal colonnello Luca Raiola.

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