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giugno / luglio/2004 - Interviste
Contributi
Le' bombolette innocenti'
di Vero Vagnozzi - Perito balistico

Ormai le perizie sulle cosiddette bombolette anti-aggressione o per difesa personale sono all’ordine del giorno, anche per la facilità con la quale possono essere acquistate soprattutto in Francia e Germania e, limitatamente, nel nostro Paese.
Personalmente non ho mai avuto dubbi sulla loro natura e classificazione e devo riconoscere che tutti i giudici ed i pm che si sono rivolti a me per un parere, anche se un po’ sconcertati all’inizio, hanno infine abbracciato la mia tesi senza riluttanza.
Il grosso equivoco che ha generato il “pasticciaccio brutto” (e non è il solo) è l’articolo n. 1 della legge 110/1975 che definisce le armi da guerra, allorquando parla di “aggressivi chimici”. A onor del vero, lo stesso articolo, a ben guardare, contiene anche una definizione che dovrebbe, in una mente aperta e razionale (rara avis) fornire residualmente il concetto ispiratore della norma e cioè: “... spiccata potenzialità offensiva”.
Ricordo che, nel corso di un’udienza in cui ero perito d’ufficio del giudice, ad un pm che mi obbiettò la classificazione “da guerra” della bomboletta, domandai: “mi scusi, ma lei ci andrebbe in guerra armato di una bomboletta al peperoncino?”
La realtà è questa: quando il legislatore partorì la legge 110, in Italia non si erano ancora viste le bombolette spray o le penne tascabili contenenti sostanze irritanti, ed egli volle senza dubbio diferirsi ai “gas da guerra” di ben nota triste memoria utilizzati su vasta scala fin dalla Prima Guerra Mondiale, come l’Yprite, il Fosgene, le Arsine, i gas nervini e simili, in grado di determinare la morte, ma ovviamente lanciati dentro proiettili da cannone o in bombe d’aereo, per non compromettere la vita del lanciatore. Questi gas, sì, costituiscono un vero, micidiale e subdolo mezzo di guerra. Se le bombolette in vendita oggi contenessero queste sostanze, morirebbe sicuramente anche l’incauto untore.
Cogliamo l’occasione per far conoscere ai lettori la sentenza emessa dal giudice dottoressa Burei, del Tribunale di Bolzano, nei confronti di un imputato di porto di bomboletta “Pfeffer Ko Pfeffer” fuori della propria abitazione, senza giustificato motivo.
Ecco le parole del magistrato: “... Le bombolette contenenti sostanze irritanti rientrano, in linea di principio, tra le armi proprie la cui detenzione illegale e il cui porto sono puniti a norma degli articoli 697 e 699 C. p. Trattasi invero di strumenti contenenti gas lacrimogeni, quali il Cn o il Cs, i quali, in elevata concentrazione e quantità, possono persino ricadere nella categoria degli aggressivi chimici. E una bomboletta contenente un quantitativo consistente di queste sostanze diventa un’arma vera e propria in quanto non ha altra destinazione che quella di rendere incapaci di reagire altre persone, per scopo di aggressione o di difesa personale. Inoltre questi due gas su soggetti sensibili o in caso di applicazione troppo ravvicinata, possono provocare danni fisici ben più gravi di una temporanea irritazione. Meno problematiche sono le bombolette contenenti olio di peperoncino (Oc) il quale irrita soltanto, ma si è dimostrato incapace di produrre danni permanenti.
In molti paesi queste bombolette sono state liberalizzate a condizione che la concentrazione di Cn o Cs sia molto bassa (al di sotto del 10%, mentre le bombolette per scopi di Polizia hanno concentrazioni del 60%) e che sia limitato il quantitativo di miscela contenuto nella bomboletta (di solito interiore a 100 millilitri). Non sono stati posti limiti per l’olio di peperoncino.
Anche in Italia si è posto il problema di stabilire quale fosse il limite di lesività di questi oggetti, vale a dire quale fosse la concentrazione e il quantitativo di sostanza irritante al di sotto della quale non si poteva parlare più di effetto lesivo, ma solo di effetto molesto. Il Ministero, dopo aver sentito la Commissione consultiva centrale per le armi, ha stabilito che fossero di libera vendita bombolette contenenti olio di peperoncino in limitata quantità. Esso ha infatti rilevato che l’Oc è una sostanza naturale irritante al pari del pepe o del sugo di limone, le quali irritano solo se usate in modo improprio e la cui destinazione naturale non è quindi l’offesa alla persona; ha poi ritenuto che le bombolette di modesto contenuto ‘non avessero l’attitudine a recare offesa alla persona ai sensi dell’art. 2 della legge 18 aprile 1975 n. 110 e s. m.’ [Circolare ministero dell’Interno 9 gennaio 1998 n. 559/C-50.005-A-77(98) e altre successive]. Stabilito così che le bombolette non sono armi proprie, deve esaminarsi se esse siano strumenti atti ad offendere (armi improprie) e se ne sia vietato il porto senza giustificato motivo. Stante le conclusioni della Commissione secondo cui queste bombolette non hanno attitudine ad offendere, si può escludere anche che esse rientrino tra gli strumenti atti ad offendere. Ad ogni modo si rileva come queste bombolette sono mezzo di eccellenza per la difesa dalle aggressioni da cani. Quindi il loro porto è senz’altro giustificato dalla stessa funzione dell’oggetto.
Nel caso di specie è pacifico che l’oggetto era di libera vendita (ora si trovano persino nei supermercati) e quindi del tipo autorizzato dal Ministero o analogo (il criterio stabilito dal Ministero non può non valere in via generale, indipendentemente da un riconoscimento ufficiale, non previsto da alcuna legge poiché il citato art. 2 legge 110/1975 concerne solo le armi da sparo). L’imputato va quindi assolto.
Per questi motivi, visto l’art. 129 Codice di procedura penale, dichiara non doversi procedere contro l’imputato perché il fatto non costituisce reato. Ordina la restituzione della bomboletta in sequestro”.


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