Il perdurare, sugli spazi delle cronache italiane, degli scandali finanziari di enormi dimensioni, a partire da quello relativo alla Parmalat, ci induce ad approfondire la posizione, ed il ruolo, della Guardia di Finanza in proposito.
Riteniamo da cittadini che, nella vicenda, la funzione svolta da quel Corpo di Polizia economica e finanziaria, presenti alcuni punti che non tutti possono ritenere pienamente soddisfacenti.
In quanto Corpo di Polizia, la Guardia di Finanza ha il dovere (nei limiti, ovviamente, delle proprie capacità) di esercitare una mirata attività di ricerca, individuazione e repressione di fenomenologie illecite non soltanto di carattere specificamente tributario, anche d’iniziativa, sulla base dello sviluppo investigativo di elementi informativi sintomatici della possibile esistenza di patologie nel settore economico e finanziario. È un dato di fatto difficilmente contestabile che una realtà totalmente e gravemente patologica, durata molto a lungo, quale quella della Parmalat, è totalmente sfuggita agli investigatori delle Fiamme Gialle.
Di recente, il comandante generale del Corpo, Roberto Speciale, ha dichiarato che, in base alle capacità operative del Corpo stesso, volendo focalizzare l’attenzione sulle aree di interesse del caso Parmalat, la Guardia di Finanza potrebbe controllare mediamente lo stesso soggetto di rilevanti dimensioni ogni 22 anni in Lombardia ed ogni 11 in Emilia Romagna (termini, dicevamo noi, che potrebbero di molto essere accorciati se il Corpo non disperdesse la rilevante forza di personale che ha a disposizione in miriadi di compiti non specificatamente pertinenti) ma tale discorso, ovviamente, non vale se si è in presenza di gravi e rilevanti indizi di illegalità. Il fatto è che il Corpo, pur con la sua grossa struttura informativa ed operativa, non aveva avuto alcun sentore delle pur gravissime e totali deviazioni poste in essere presso quel gruppo industriale, e ciò, a nostro parere di cittadini, è difficilmente giustificabile.
Il fatto che, in linea generale, le società holding non rivestano, a volte, particolare rilevanza nell’ambito della vigilanza fiscale ai fini Iva, non vuol dire affatto che un Corpo di Polizia investigativa non debba indagare (se ne è capace) su altri comportamenti ed atti fraudolenti che esulano dai normali sentieri investigativi di carattere solo tributario. La Guardia di Finanza, infatti, oltre che Polizia tributaria è anche Polizia finanziaria in senso lato, economica e giudiziaria.
Se poi ci limitiamo esclusivamente all’aspetto di intelligence (che sul caso Parmalat è stato completamente assente) la Guardia di Finanza, qualche tempo fa aveva proceduto a riorganizzare tutto quel comparto in funzione di un potenziamento della cooperazione internazionale e, soprattutto, dell’implementazione di una nuova funzione di analisi dell’intelligence stessa. Insomma: il caso adatto esattamente a fronteggiare fenomeni quali quelli posti in essere dalla Parmalat. Peccato che tutto, nella fattispecie, sia rimasto esclusivamente sulla carta. Da qualche anno, esiste, presso il Comando generale, un ufficio analisi “macro” che dovrebbe seguire proprio i macrofenomeni (quelli della Parmalat, appunto), purché poi l’analisi nazionale ed internazionale sia riservata, a livello periferico, ai Reparti operativi. Ma tutto, come già detto, è rimasto solo sulla carta.
Ma, anche a voler partire dal lato puramente tributario della vicenda, esistono, per la Parmalat, indizi di anomalia fiscale? La Parmalat, negli ultimi anni, oltre ad una verifica generale del 1992, era stata anche sottoposta a diverse verifiche e controlli di carattere parziale, nelle sue varie articolazioni giuridiche.
La Parmatour, in particolare, aveva subito, nel 2002, un controllo con segnalazione di irregolarità di oltre 23 milioni di euro, ma secondo il Comando generale non era emerso nulla di tutto ciò che è risultato poi sul piano economico e finanziario generale.
Insomma: la Guardia di Finanza non aveva capito nulla, guardando quelle carte, di ciò che realmente c’era sotto.
Infine: nel 2003 stavano verificando anche la Cirio, ma avendo questa fatto domanda di condono, aveva sospeso tutto. Neanche lì avevano capito la reale entità del problema.
Vincenzo Cerceo
Col. in congedo della G. di F.
Dir. Edit. de “Il Movimento”
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