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maggio/2004 - Interviste
Afghanistan
Il coraggio della poliziotta
di Gianni Verdoliva

Diciannove anni, carattere deciso: Khadidja frequenta insieme a venti ragazze l’Accademia di Polizia a Kabul

“Sono venuta qui per mostrare che le donne possono lavorare con gli uomini anche nella Polizia”. Nulla di così scontato in questa dichiarazione, anzi. Per Khadidja Ghulan Ali, 19 anni, cadetta della nuova Accademia di Polizia di Kabul, esprimersi in questa maniera richiede una dose di coraggio non indifferente. Da quando l’Accademia di Polizia di Kabul ha cominciato le attività nel marzo del 2002, 30 donne sono state graduate e altre venti partecipano ora ai corsi preparatori come cadette. Tra loro Khadidja. Un coraggio enorme, se si considera che il quadro generale in Afghanistan appare instabile, specie per le donne. Se la caduta del regime dei talebani che aveva trattato le donne come cittadini di seconda classe impedendo loro di svolgere qualunque attività lavorativa, costituisce un segnale di speranza, la situazione attuale desta molta preoccupazione sotto molti altri aspetti. Dopo 23 anni di guerre interminabili e di povertà la situazione sociale del paese è al collasso e le menti delle donne sono ancora indottrinate dalla propaganda dei fondamentalisti islamici. Ad aggravare la situazione il fatto che la Isaf, la Forza internazionale di pace sia dispiegata solo nella capitale Kabul. Il presidente afgano Hamid Karzai, Human Rights Watch e l’Onu stanno chiedendo ripetutamente di espandere la Forza di pace, attualmente composta da 4.500 militari concentrati nella sola capitale Kabul. Secondo il deputato statunitense Tom Lantos l’attuale presenza è assolutamente insufficiente per garantire le minime condizioni di sicurezza nel paese. L’espansione della Forza di pace è, secondo Santos, fondamentale per prevenire fenomeni di banditismo, violazione dei diritti umani e intimidazioni. Stessa posizione esprime la Feminist Majority, che per bocca della presidente Eleonor Smeal, aveva denunciato all’opinione pubblica il regime di apartheid di genere imposto dai talebani fin dal 1996. Insieme ad una vasta coalizione di gruppi per i diritti umani, la Feminist Majority continua a fare pressione affinchè in Afghanistan venga riportata una situazione di tranquillità che possa permettere alle donne di far parte a pieno titolo della società civile. Aspirazione non facile se si pensa ai simpatizzanti talebani ancora presenti nel paese, ai signorotti locali che spadroneggiano nelle zone remote del paese e alle dodici scuole per bambine bruciate o fatte esplodere in un anno. Malgrado il difficile clima diverse donne sono ben determinate ad approfittare della libertà, almeno teorica, che la caduta del regime dei talebani ha portato. Aiutate da uomini aperti ed illuminati. Come i comandanti della Polizia afghana che sperano di costruire una forza di 20.000 unità, incluse 2.000 donne prima delle elezioni dello scorso giugno. Il lodevole obbiettivo di avere il 10% di donne nel Corpo di Polizia si sta scontrando con una dura realtà, visto che oltre il gruppo delle venti cadette di cui Khadidja fa parte, poche ragazze hanno mostrato interesse ad unirsi al Corpo di Polizia. Anche se gli sforzi per attirare un maggior numero di giovani donne non mancano. La Polizia ha lanciato infatti una campagna di reclutamento alla radio e in televisione diretta alle ragazze e manda anche i cadetti ed i loro insegnanti nelle scuole superiori per cercare di suscitare l’interesse delle ragazze. Con purtroppo scarsi risultati. Per molte ragazze essere una poliziotta appare ridicolo vista l’instabilità politica e sociale del paese mentre altre si chiedono come si possa essere musulmane e poliziotte allo stesso tempo, considerando tale attività per una donna qualcosa di incompatibile con l’islam. Vista la resistenza sociale alcune donne mentono ai vicini riguardo alla loro nuova professione. Delle attuali venti cadette, dodici stanno completando un corso annuale gestito con l’aiuto di esperti americani e britannici, durante il quale apprendono tra le altre cose, come investigare l’abuso sui minori o la violenza domestica. Le altre otto seguono un corso della durata di tre anni alla fine del quale diventeranno Ispettori. Il Corpo di Polizia chiede per l’ammissione gli stessi requisiti sia per gli uomini che per le donne. Essere sani, non avere precedenti penali e una cultura di base. Ci si aspetta comunque che le donne poliziotto verranno impiegate fondamentalmente in interrogatori o perquisizioni che coinvolgano sospetti o testimoni donne dove usanze sociali particolarmente restrittive impediscano una serena interazione tra uomini e donne. Al di là delle pressioni sociali lo stipendio per i poliziotti è allettante essendo più alto della media dei salari afghani, tra i 30 e i 60 dollari al mese. Quanto ai poliziotti maschi, la loro attitudine nei confronti delle colleghe è, nel complesso positiva. “Perché no? Certo che possono. Se studiano e si impegnano a fondo possono farlo esattamente come gli uomini” ha detto ai reporter il poliziotto Afghan Sharifi. D’altronde prima dell’orrore della guerra civile contro i sovietici e la presa del potere dei talebani, la situazione per le donne a livello lavorativo era buona al punto che nel 1992 c’erano ben 600 donne poliziotto. L’annuncio dell’apertura delle Forze di polizia alle donne era stato dato dal ministro degli Interni Mohammed Wardak in un’intervista alla Associated Press. “Abbiamo bisogno di più donne poliziotto e ne chiediamo ancora di più. Vogliamo che il 50% del nostro Corpo di Polizia sia composto da donne” aveva dichiarato il Ministro. Un intento lodevole che si è scontrato con la dura realtà. Nessun intento positivo per le donne invece viene mostrato in Arabia Saudita. Nel regno dei petroldollari una rigida interpretazione del Corano regola la vita sociale e il paese, dopo la caduta dei talebani è diventato il posto più discriminatorio al mondo per le donne. Essendo proibiti i contatti tra uomini e donne che non abbiano legami familiari alle donne sono precluse una serie di attività lavorative, compreso il far parte delle Forze di polizia. Che, dominata dagli zelanti religiosi wahabiti, si preoccupa maggiormente di verificare che lo standard vestimentiario per le donne sia conforme ai rigidi costumi islamici che non di combattere efficacemente il crimine, sia esso comune o di matrice terroristica. Al momento attuale il paese è lacerato da un aspro dibattito riguardo alla possibilità che le donne possano avere la patente e guidare. La prospettiva di avere una donna poliziotto in Arabia Saudita è, al momento attuale, impensabile. Ma in altri paesi della regione ci sono dei passi in avanti. Anche in Iran le donne hanno ripreso, per la prima volta dai tempi della rivoluzione islamica del 1979, a far parte della Polizia. Relegate in funzioni amministrative per vent’anni, da quest’anno le donne potranno essere a tutti gli effetti poliziotte. Le prime 400 hanno cominciato a svolgere la loro funzione quest’anno nella capitale Teheran. Le neopoliziotte, di età compresa dai 17 ai 23 anni, sono state allenate nell’uso delle armi da fuoco, nel judo, nella scherma ma non hanno ricevuto training sull’uso di armi pesanti, formazione ancora riservata agli uomini. Anche il loro utilizzo sarà limitato, dal momento che le donne poliziotto saranno fondamentalmente impiegate sull’investigazione di crimini contro le donne e i bambini. La reintroduzione delle donne nel Corpo di Polizia è una delle mosse del moderato presidente Mohammad Khatami per espandere i diritti e la presenza delle donne nella società iraniana. Anche in Bangladesh per la prima volta quest’anno delle donne poliziotto hanno cominciato a svolgere la loro funzione, secondo la Bbc news. In altri paesi della regione le donne, già presenti in Polizia, entrano in settori di attività nuovi o aumentano la loro presenza. Non senza polemiche. Come in Malaysia, dove l’obbiettivo iniziale di arrivare ad avere il 30% di donne è stato ribassato al 15 dal comandante Datuk Kamarudin Md Ali che, intervistato dallo Star Publication Malaysia ha detto che è sempre preferibile una maggiore presenza maschile. Attualmente metà dei 730 posti di Polizia nel paese hanno una presenza femminile che si rivela spesso fondamentale per meglio contrastare i crimini l’abuso sui minori e la violenza sessuale. Per questo la Ministra per le donne e lo sviluppo della famiglia aveva chiesto di aumentare il numero delle poliziotte. In Pakistan invece le donne fanno parte delle Forze di sicurezza degli aeroporti. Addestrate nelle arti marziali e armate le marescialle dell’aria sono pronte ad affrontare eventuali terroristi mischiandosi tra i passeggeri pronte ad intervenire. Per la prima volta nella storia del paese sono combattenti armati assegnati alla sicurezza e alcune di loro sperano di diventare, un giorno, istruttori.

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