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maggio/2004 - Interviste
Giustizia
“Notizie anonime”, quanti dubbi!
di Laura Botti

L’inutilizzabilità processuale di questa forma di denuncia, non è sempre chiara, tant’è che almeno in due occasioni può essere accettata dai magistrati, purché non ne derivi pregiudizio per il cittadino

“Le notizie anonime”, un argomento di grande attualità, una previsione legislativa un po’ lacunosa che lascia molti punti interrogativi su come gestirla, su come svilupparla, su come utilizzarla.
Una certezza: “I documenti che contengono dichiarazioni anonime, non possono essere acquisiti ne in alcun modo utilizzati, salvo...” (art. 240 C.p.p.); “... Delle denunce non può essere fatto alcun uso, salvo...” (art. 333 C.p.p.).
Il documento anonimo, infatti, diviene eccezionalmente utilizzabile in due sole occasioni. La prima, quando costituisce corpo del reato: in tal caso è capace di fornire di per sé elementi di prova indipendentemente dall’individuazione del suo autore. La seconda, invece, riguarda il caso in cui il documento comunque provenga dall’imputato o, per l’estensione dell’art. 61 C.p.p., dalla persona sottoposta alle indagini (art. 240 e 333 c. 3 C.p.p.).
L’inutilizzabilità processuale è veramente una certezza? Una importante maggioranza di massime giurisprudenziali, considerano la “fonte anonima” come valido spunto investigativo, per stimolare l’attività d’iniziativa del pm e della Polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, verificando se dall’anonimo possono ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una notizia criminis.
Chi compie queste indagini, preprocedimentali, si preoccupa sempre di svolgere il proprio compito senza recare pregiudizio ai diritti del cittadino costituzionalmente garantiti?
Prendendo come campione la città ove vivo, Piacenza, mi sono addentrata in questo argomento un po’ oscuro e tramite il racconto di alcune persone in campo - le Forze dell’ordine (Polizia, Guardia di Finanza), la Procura, la stampa - ho cercato di analizzare l’impatto, di questa particolare forma di segnalazione, nella vita quotidiana di questa Provincia.
Dal colloquio avuto con il dottor Lacquaniti, dirigente della Squadra Mobile presso la questura di Piacenza, ho potuto analizzare, in modo esemplificativo, l’operato delle Forze dell’ordine.
La Polizia è sicuramente l’organo principale a cui vengono indirizzate notizie ed informazioni di vario genere e tra queste anche quelle anonime.
Il 113, operante 24 ore su 24, raccoglie ogni genere di segnalazione, dalla richiesta di semplice informazione alla comunicazione di gravi episodi di criminalità.
L’operatore del 113 deve essere in grado di reperire più informazioni possibili e soprattutto captare la veridicità della denuncia che sta ascoltando. In breve tempo, bisogna essere in grado di decidere come è meglio intervenire, tenendo in considerazione l’eventualità, che tali chiamate, possono essere “strumentali”, dirette, cioè, a fuorviare l’attività di sorveglianza delle pattuglie dislocate nelle zone della città.
Oggi, grazie ad un sistema, chiamato Bud (blocco utente disturbatore) si ha la possibilità di rintracciare il luogo da dove proviene la chiamata, ottimizzando sicuramente modo e tempi d’intervento.
La Polizia giudiziaria effettua i primi accertamenti, per cercare di dare la concretezza maggiore a quanto viene indicato anonimamente, ovviamente si tratta di accertamenti che, autonomamente può svolgere, senza l’opportuna delega da parte dell’Autorità giudiziaria. Se le verifiche portano alla raccolta di materiale sufficiente per parlare di notizia di reato, a questo punto, dopo la regolare iscrizione nel registro apposito, prenderà avvio la procedura come prevista dal Codice di procedura penale.
A volte, l’input di verificare questo genere di notizia arriva direttamente dall’Autorità giudiziaria, la quale si vede destinataria di tali informazioni e delega la Polizia giudiziaria per gli accertamenti del caso.
È ora il turno del Comandante provinciale pro-tempore della Guardia di Finanza di Piacenza.
Le segnalazioni che arrivano a questo organo, sono frequenti e arrivano nelle forme più svariate: sia come segnalazione al 117 (numero di pubblica utilità) oppure con le lettere anonime.
Per quanto la normativa dica che, il 117 non debba essere usato come forma di delazione anonima, di fatto, non è così.
Nella circolare (n. 172400 del 10 maggio 1996) che regola il funzionamento di questo servizio, attivo 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, è previsto un paragrafo dedicato, “nelle direttive di massima per l’operatore”, per le “segnalazioni anonime”.
Nella suddetta circolare si dice che “...a fronte di segnalazioni anonime pervenute, l’operatore dovrà, di massima, astenersi dall’attivare la pattuglia 117...”, come confermato dal colonnello, il quale spiega che, a fronte di chiamate anonime che segnalano con urgenza un intervento, raramente si interviene, nell’immediato, perché un intervento sbagliato e “non qualificato”, potrebbe vanificare le successive indagini e si rischierebbe di violare le libertà dell’individuo. Viene sicuramente privilegiata una competenza per materia, nel limite del possibile; in estrema necessità c’è interscambiabilità tra le varie funzioni.
L’iter standard seguito dal Corpo della Finanza, per il trattamento delle notizie anonime, vede come filtro comune, sia per il 117 che per il recapito tramite posta, di questo genere di segnalazioni, il Comandante. È lui che analizza i verbali delle chiamate ricevute e la posta pervenuta e decide, a quali di queste dare un seguito come indagini, per poi passare eventualmente la pratica all’Autorità giudiziaria.
Il colonnello ammette che i migliori servizi, sono partiti da segnalazioni anonime, soprattutto quando ha prestato il proprio servizio a Milano.
L’attività prevalente della Guardia di Finanza non è dedicata alla ricerca dei riscontri a conferma di quanto segnalato da fonte “senza paternità”, ma sviluppa solo alcuni casi, quelli che, per la presenza di alcuni particolari, per l’esperienza maturata nel campo, danno sentore di essere informazioni che racchiudono una notizia di reato.
Procura della Repubblica di Piacenza: il mio colloquio si svolge con il sostituto procuratore dr Maurizio Boselli, con esperienza pluriennale maturata in Procura, approdato a Piacenza nel 1999.
Gli anonimi arrivano in forma scritta (con raccomandata o lettera ordinaria) ed hanno, come caratteristica, di essere pluridestinatari, (dal Capo dello Stato addirittura anche al Pontefice), per avere la certezza che il contenuto della loro segnalazione venga preso in considerazione, almeno da qualcuno di quelli da loro indicati.
Il 90% di queste segnalazioni sono destinate a rimanere lettera morta, almeno dal punto di vista processuale.
Per quelle che possono avere un certo rilievo viene data delega alla Polizia giudiziaria di fare i primi accertamenti e in base all’esito delle prime ricerche, se da esse scaturisce una notizia di reato, il procedimento passa da mod. 46 a mod. 21. In questo modo ha una sua utilizzazione processuale, non l’anonimo (che rimarrà soltanto nella storia giudiziaria, senza alcun valore) ma la notizia di reato. Non è possibile effettuare una delega perché l’anonimo, secondo il Codice, non ha nessun utilizzo processuale, pertanto non è sufficiente ad avviare un’indagine formale. Su iscrizioni effettuate nel registro mod. 21, si possono delegare gli atti d’indagine alla Polizia giudiziaria, ma non è possibile farlo sull’anonimo, potendo solo trasmettere, con richiesta di svolgere quegli approfondimenti che la Polizia giudiziaria autonomamente riterrà di eseguire. Gli “anonimi” arrivano, più di frequente, alla Polizia giudiziaria e l’Autorità non li vede più come segnalazioni anonime, ma li analizza come scaturigine dell’attività autonoma svolta dalla P.g.
Si dà corso a quegli accertamenti sugli anonimi che appaiono un po’ più strutturati e non appena ci sia la rilevazione che qualcosa possa essere fatto nell’ambito dell’indagine preliminare, il fascicolo cambia registro, da mod. 46 passa a mod. 44 (ignoti) e si lavora come indagini preliminari.
Il dr Boselli è favorevole, culturalmente, per una totale inutilizzabilità processuale dell’anonimo, e per quanto di sua competenza, sempre più difficilmente autorizza ad accertamenti preliminari sugli anonimi.
Ritiene giusto che la Polizia giudiziaria si serva delle segnalazioni anonime, in quanto deve riuscire ad avere il maggior numero di informazioni per poi verificarle. Lui, come magistrato, ha l’obbligo di valutare l’osservanza della legge e dell’operato della Polizia giudiziaria, per questo il taglio che dà al proprio lavoro è quello di ridimenzionare, fino alle conseguenze estreme dell’esclusione dell’anonimo.
Alla nostra Procura ci sono tante notizie di reato che non si riesce ad evadere, l’anonimo che è una “non notizia di reato”, tecnicamente dovrebbe essere gestito dopo l’evasione di tutte le altre.
Nella tabella che pubblichiamo in queste pagine, sono riportati alcuni dati, provenienti dagli archivi della Procura di Piacenza, cioè l’analisi delle iscrizioni a mod. 46 (anonimi), con indicazioni di quante di queste sono passate al registro mod. 21 (persone note), dati aggiornati al novembre 2002.
Dalla lettura di questi dati possiamo notare il lento, ma costante aumento delle iscrizioni nel registro degli anonimi, ma che sicuramente, sono una piccola parte rispetto agli anonimi che vengono recapitati alle diverse Autorità.
Il numero delle iscrizioni che dal registro mod. 46 passano al registro mod. 21 sono molto limitate ed i motivi ritengo siano principalmente due: alcuni “anonimi” sono così generici che, anche a fronte di un’indagine, risulta complicato trasformarla in informazione “qualificata” e quindi degna di attenzione, oppure l’anonimo non trova, nella cultura giudiziaria, l’attenzione e lo spazio che vorrebbe.
Ed eccomi nella sede del quotidiano piacentino, “Libertà”, fondato nel gennaio 1883, con a capo, da tre anni, un direttore con esperienza trentennale nell’ambito giornalistico da “L’Ora” di Palermo, alle direzioni della “Provincia Pavese” e de il “Secolo XIX” di Genova.
Buste anonime, telefonate, lettere, ritagli di giornale messi in una busta, da qualche anno anche e-mail non identificabili: sono segnalazioni in arrivo, quasi quotidianamente, al giornale. Chi vede e valuta questo genere di notizia è proprio il direttore, Gaetano Rizzuto. Sono svariati i contenuti di queste segnalazioni, da quelle strettamente private (love story con politici, raccomandazioni, storie di presunte corruzioni di uomini pubblici) a fatti concreti riguardanti la gestione della Pubblica amministrazione o del potere in Enti pubblici importanti. Quando lo scritto anonimo contiene particolari non così chiaramente irreali (se così fosse viene cestinato), si cerca di capire se la notizia in esso contenuta possa avere qualche fondamento approfondendo la vicenda con delle ricerche riservate attraverso le fonti che di solito ha un giornalista. Gran parte delle lettere anonime finiscono nel cestino perché manifestamente false o comunque le notizie in esse contenute non sono assolutamente di interesse pubblico e toccano la sfera privata delle persone coinvolte.
Per effettuare le verifiche ci si rivolge alla Procura, agli inquirenti, agli avvocati, ai politici, a chi possa in qualche modo essere utile per confermare o smentire quanto ricevuto in forma anonima. Il direttore Rizzuto parla anche di informazioni che poi non “ufficialmente” ma ufficiosamente e sempre riservatamente, vengono in qualche modo confermate. Faccio veramente fatica a pensare a tutta questa disponibilità quando, nelle interviste precedenti ho visto, verso la stampa, molta reticenza a parlare pubblicamente. Ma si vede che in privato e in modo riservato le cose sono diverse. In sostanza, la fonte anonima non finisce mai sul giornale. Solo nel momento in cui la notizia è stata verificata e confermata viene pubblicata. E se esiste un margine di incertezza, il lettore viene avvisato.
Se la notizia contenuta in un anonimo venisse pubblicata senza prima effettuare i dovuti controlli, potrebbe portare a delle denuncie nei confronti del giornale, proprio perché potrebbe coinvolgere persone o Enti completamente estranei. Per questo va verificata, sempre. E pubblicata solo quando c’è la certezza che si tratti di una notizia di interesse pubblico, accertata e documentata.
Via e-mail arrivano molte lettere o segnalazioni. Qui il criterio è altrettanto rigido. Se la posta elettronica non contiene i dati di identificazione (nome e cognome del mittente, indirizzo e numero di telefono) per permettere agli operatori di avere la possibilità di verificare l’identità dell’interlocutore, mettendosi in contatto con lui, la segnalazione non viene in alcun modo utilizzata e viene eliminata. Anche nel campo della posta elettronica è di largo uso la fonte anonima, confidenziale. E si usa lo stesso metodo delle lettere o dei fax.
Molto importante per un quotidiano è il rapporto con i lettori, che sono i veri padroni del giornale. Un giornalista deve riferire fatti veri e documentati. Se il lettore scopre che non corrispondono a verità, il rapporto fiduciario si rompe. Il lettore si disaffeziona e sceglie altri giornali. Il rapporto del giornale con i propri lettori deve dunque essere sempre di totale fiducia. Le cose che si pubblicano devono essere sempre vere e accertate. Se sono incerte il lettore va avvertito. Se dello stesso fatto ci sono più versioni vanno date tutte. In un giornale locale come “Libertà” che esce in un territorio dove la notizia è facilmente verificabile, bisogna essere molto rigorosi e sempre documentati nel pubblicare le notizie.
Per concludere: escludere l’anonimo, a mio parere, non significa solo non utilizzarlo processualmente, ma non utilizzare nulla che provenga da fonte anonima e quindi non effettuare indagini preprocedimentali.
Ma questo cosa comporterebbe? Vorrebbe dire “no” a tante informazioni, vorrebbe dire chiudere gli occhi di fronte ad evidenti segnali di reato, comunicati anonimamente, ma forse nell’unico modo possibile, quando il dolore e la paura prendono il sopravvento su ciò che è nostro dovere.
È un modo di procedere che necessita di regole chiare e ben determinate, lasciando meno spazio possibile alla discrezionalità dell’interprete, prevedendo e regolamentando le numerose variabili che intervengono in questa fase.
Esposti anonimi arrivati nelle mani sbagliate, possono essere utilizzati per altri scopi, anche illeciti.
La loro registrazione, sola ed eventuale, su appositi registri tenuti presso le Procure, permette di perderne le tracce ancora prima che abbiano potuto attivare qualsiasi forma di accertamento.
Oggi, l’apporto giuridico in questo campo è molto lacunoso complicando non solo il trattamento di questa particolare fonte di informazione, ma rendendo quasi impossibile un vero controllo con garanzia che tutto venga svolto come si deve, da parte delle Autorità preposte, lasciandoci in balìa della coscienza di chi si trova per le mani le notizie anonime.

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