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maggio/2004 - Interviste
Guardie Giurate
Riforma per la vigilanza privata
di Ettore Gerardi

All’onorevole Marcella Lucidi, responsabile nazionale Ds delle politiche della sicurezza, abbiamo rivolto queste domande

Onorevole, la sua proposta di legge concernente le Guardie Giurate Particolari, quali possibilità ha di essere trasformata in legge dello Stato?
Da tempo sono convinta della necessità di varare una riforma della vigilanza privata. Questo settore, rimasto per lungo tempo ai margini del dibattito politico, sta scontando troppo i vecchi vincoli normativi che non ne incoraggiano le capacità e non ne promuovono le potenzialità. Ho presentato una proposta di legge - firmata da molti deputati dei Democratici di Sinistra - dopo un intenso confronto con le imprese, con molti lavoratori e con le loro rappresentanze sindacali: è stata una esperienza di conoscenza arricchente e, sento di dire, originale, dalla quale ho ricavato uno strumento di lavoro ampiamente condiviso che offre buoni spunti al Parlamento. Ora, in Commissione Affari Costituzionali stiamo lavorando per la redazione di un testo da sottoporre al voto dell’Aula. Ho accolto come un contributo positivo il disegno di legge presentato dal governo perché è sintomatico della volontà di condividere e sostenere il percorso di riforma. Purtroppo, devo registrare che il testo del Governo trascura le guardie particolari giurate, perché non dà loro i riconoscimenti necessari a svolgere una attività sempre più qualificata, che possiamo ripensare anche nell’ottica di una maggiore collaborazione con le Forze di Polizia. Direi che è un testo che guarda solo al soggetto impresa e dimentica i lavoratori. Le guardie particolari giurate, invece, meritano che le nuove norme considerino la loro qualifica e la loro professionalità: non possono ancora rimanere operai generici senza un preciso status giuridico e soprattutto c’è bisogno che la loro formazione possa valere indipendentemente dal rapporto di lavoro in essere. Quindi, il problema è non solo se arriveremo ad una legge ma anche cosa si vorrà dire con questa legge: fermi alcuni essenziali contenuti, come quelli che ho indicato, non solo spero ma mi spendo per raggiungere l’obiettivo di una riforma.
Non crede, onorevole, che l’intero settore della vigilanza privata debba essere totalmente rivisto al fine di evitare il proliferare di istituti medi e piccoli che spesso si servono di personale raccogliticcio?
Ho sempre insistito con le associazioni e con le imprese di vigilanza privata perché avvertissero e assumessero per prime la necessità di una riforma. Il dato è che l’attuale sistema normativo impedisce di premiare la qualità dei servizi da loro svolti, non favorisce una concorrenza leale e stimolante a migliorare il mercato, non assicura i controlli e non garantisce la sicurezza del personale impiegato. Così, misuriamo continuamente gli effetti negativi di questo stato di cose: imprese che esistono solo sulla carta, monopoli occulti, irregolarità nelle procedure di gara, appalti vinti con il massimo ribasso dei costi del lavoro, mancanza di professionalità del personale. È troppa la distanza tra il modello che aveva in mente il legislatore degli anni ’30, la realtà attuale e le prospettive di sviluppo del settore. Non solo. Oggi non possiamo trascurare che in una dimensione europea del mercato, le nostre imprese di vigilanza concorrono con soggetti stranieri che stanno già dando prova di poter entrare nel nostro Paese, mortificando, così, esperienze e capacità che invece dobbiamo rilanciare e rendere competitive. Insomma, in un tempo nel quale i cittadini chiedono più sicurezza, può derivare da questo ambito un contributo che, per essere valido ed efficace, ha bisogno di regole che diano certezza a tutti, alle imprese, ai lavoratori, agli utenti, e stiano dentro un ripensamento complessivo e moderno del sistema di sicurezza del Paese.
(Intervista a cura di Ettore Gerardi)

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