Il problema della sicurezza sembra divenire ogni giorno più grave. In realtà se guardiamo alle cifre ci rendiamo conto che le cose in Italia non stanno andando peggio di qualche anno fa: per qualche tipologia di reato vi è un aumento degli eventi, per qualcun’altra una diminuzione.
Ma i terribili attentati compiuti in Occidente (New York, Madrid) e quelli non meno esecrabili compiuti in ogni altra parte del mondo hanno creato nell’opinione pubblica una psicosi che accomuna in un unico indistinto senso di insicurezza accadimenti di gravità inaudita con altri di portata ben minore (furti, scippi, truffe agli anziani).
Poiché ai cittadini va garantita non solo la sicurezza reale ma anche quella percepita, come uomini politici, come forza di governo abbiamo il dovere di utilizzare ogni mezzo non solo per ridurre il numero dei crimini, ma anche per convincere l’opinione pubblica che le nostre città sono ben sorvegliate e quindi tranquille.
Questa missione oggi è particolarmente difficile da portare a termine per il numero di obiettivi sempre crescenti da proteggere, in un contesto che vede l’Italia con un organico di appartenenti alle Forze dell’ordine già sufficientemente elevato e con un bilancio dello Stato che non consente eccessive spese di carattere straordinario.
La soluzione del problema consiste nel migliorare l’impiego di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza coinvolgendo i privati in questo sforzo collettivo di protezione dei tanti obiettivi a rischio.
Per fare ciò alla Prima Commissione della Camera sono all’esame undici progetti di legge sulla Disciplina degli Istituti di vigilanza privata (di cui uno presentato dal governo), che entro breve verranno riuniti in un unico testo dal titolo “Disposizioni in materia di sicurezza sussidiaria”.
All’interno di questo testo troveranno un ruolo, oltre agli Istituti di vigilanza, altre figure di privati che per professione si occupano di sicurezza, come i security manager o le società di custodia e portierato.
Si tratta di una rivoluzione a lungo attesa, tenuto conto che l’ultima normativa del settore risale nientemeno che al “Testo Unico leggi di pubblica sicurezza” del 1931.
All’epoca non esistevano i problemi di sicurezza attuali e non si avvertiva l’esigenza di attribuire alla vigilanza privata ruoli e compiti che oggi sembra invece possibile ed opportuno attribuirle. Altri paesi ci hanno preceduto su questa strada ma entro breve anche in Italia ci saranno norme volte a professionalizzare maggiormente le Guardie giurate e ad assegnare loro ufficialmente la qualifica di “incaricato di pubblico servizio” ed anche di “pubblico ufficiale” quando comandate dall’Autorità di Pubblica sicurezza.
Inoltre la licenza per aprire un Istituto di vigilanza potrà essere rilasciata solo previa presentazione ed approvazione da parte del Prefetto di un “progetto organizzativo e tecnico-operativo” con il quale si documenta il possesso delle capacità tecniche e direzionali necessarie a condurre l’attività per la quale si richiede la licenza.
Le licenze saranno di due tipi: una per l’esercizio dei tradizionali servizi di vigilanza ed un’altra per lo specifico servizio di trasporto valori e di scorta valori.
Quest’ultima attività infatti richiede competenze ed attrezzature del tutto particolari, essendo una delle più a rischio. Le società che effettuano trasporto valori possiedono quasi sempre dei caveaux nei quali le banconote ritirate dai clienti sono contate e custodite. È un caso anomalo di tutela dei beni, in quanto viene effettuata, anziché al domicilio del cliente, parte in casa propria e parte “in itinere”. Tutto il rischio viene assunto da chi eroga, questo servizio ed è quindi giusto che costui fornisca un surplus di garanzie rispetto a chi si limita a vigilare i beni altrui nei locali altrui. Inoltre per svolgere questa attività non può essere sufficiente una licenza provinciale (come nel caso dei servizi di piantonamento, di giri di ronda o di teleallarme), ma è necessaria una licenza che copra tutte le provincie in cui il trasportatore intende esercitare la sua attività. Si ritiene pertanto che debba essere direttamente il ministero dell’Interno a concedere la relativa autorizzazione.
Altra importante novità prevista dalla riforma sarà la costituzione presso il ministero dell’Interno di una Commissione consultiva centrale per le attività di sicurezza sussidiaria, che sarà composta da:
- funzionari dei ministeri dell’Interno, delle Attività Produttive, della Giustizia, del Lavoro, delle Comunicazioni e del Dipartimento per l’Innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio;
- rappresentanti delle associazioni di categoria delle aziende che esercitano le attività previste dalla nuova legge;
- rappresentanti dei lavoratori che svolgono le attività previste dalla nuova legge;
- rappresentanti della grande utenza.
A questa Commissione sarà demandata l’analisi di ogni problematica relativa alla cosiddetta “sicurezza sussidiaria” e lo studio delle conseguenti soluzioni, per i successivi interventi del Ministero.
Uno dei primi compiti cui dovrà applicarsi la Commissione è la stesura del Regolamento di attuazione della legge, e non sarà compito da poco, tenuto conto che la differenza tra una legge buona ed una cattiva spesso è fatta proprio dal Regolamento di attuazione.
Ci auguriamo ovviamente che la legge e il relativo Regolamento consentano a tutto il settore della vigilanza di crescere sotto il profilo dimensionale e professionale, in quanto sul territorio c’è un vasto mercato che attende l’offerta di qualificati servizi di prevenzione del crimine e di custodia/trasporto valori.
Il primo manifestarsi dell’ampliamento di questo mercato si è avuto con l’affidamento a privati di servizi di vigilanza per la protezione di siti in precedenza vigilati dalla Forza pubblica, come aeroporti, Tribunali, edifici militari.
È la riprova di ciò che si diceva all’inizio: non è pensabile che poliziotti, carabinieri e soldati (oramai tutti professionisti) siano impiegati in compiti di basso profilo quali il presidio di portinerie o di passi carrai, la vigilanza di obiettivi fissi o l’esecuzione di attività di routine, quando tali compiti possono essere utilmente demandati a società private di vigilanza consentendo agli appartenenti alle Forze dell’ordine e alle Forze armate di specializzarsi ed essere impiegati in mansioni più consone alla loro professionalità.
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