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marzo / aprile/2004 - Interviste
Sardegna
Un processo rumoroso come il “Tuono”
di Alessandro Floris

Confermati in appello i 4 ergastoli per gli omicidi di Barisardo. Gli avvocati di Maria Ausilia Piroddi e dei 3 presunti complici, accusati per una serie di delitti dal 1996 al 1998, ricorreranno in Cassazione

Il cielo grigio. Le campagne verdi, le greggi di pecore, le colline ondulate, le case di campagna. Tutto iniziò quella mattina. Un ragazzo, che percorreva la strada battuta, aveva trovato la macchina, laggiù, con dentro il cadavere. Lungo la carrareccia che si inoltra tra due lembi di vegetazione, ad un tratto, il sentiero scende di livello, andando ad incrociare il letto di un torrente in secca, che quella notte maledetta era evidentemente percorso dalle acque, essendo caduta copiosamente la pioggia.
Appena pochi metri prima, due persone hanno teso un agguato a Pierpaolo Demurtas, lo hanno colpito a morte con un fuoco incrociato.
Dalla strada Barisardo-Buoncammino, diparte sulla destra una via secondaria, con l’asfalto devastato, che si inoltra verso il Consorzio per la frutticoltura sito in località Sa Bellecca, dove era lavoratore dipendente il sindacalista Franco Pintus, che in quel luogo aveva anche la sua abitazione. La stretta stradina attraversa un ponte, costruito tra due curve. Tale conformazione del tracciato stradale fa sì che chi percorre il ponte debba farlo a velocità molto ridotta. Praticamente, a passo d’uomo.
Non v’è anima viva. Il Consorzio è evidentemente chiuso, nulla sembra disturbare la quiete del pomeriggio. Non ci sono altre autovetture che procedono sulla strada dissestata. Osservo la direzione dalla quale arrivava la macchina del povero Pintus. Una prima curva verso destra, poi il ponticello, quindi una seconda curva, immediata, verso sinistra, che il sindacalista non avrebbe mai percorso. Ad attenderlo c’erano i suoi carnefici, appostati in un fosso al di sotto del livello della strada, aspettavano la macchina per far fuoco da posizione frontale.
C’è una palizzata in ferro, cementata sul ciglio del viottolo. Uno dei pali è distorto, bruciato nella sua sporgenza superiore. Gli assassini hanno esploso quattro colpi. Da pochi metri. Colpiscono la parte anteriore della macchina di Pintus. Non centrano neanche il vetro. Tutti tranne uno: forse proprio il colpo che viene deviato da questo paletto. Per Pintus, era la fine della pista.
A Barisardo, Comune dell’Ogliastra che conta tra i quattro ed i cinquemila abitanti, nel periodo intercorso tra il 1996 ed il 1998, una catena di sangue ha imprigionato la vita del paese. Di tali eventi si sono occupati i magistrati in diversi procedimenti penali. Il primo di questi, il cosiddetto “Processo Tuono”, si concludeva con l’assoluzione di Maria Ausilia Piroddi dall’accusa di essere a capo di una associazione a delinquere di stampo mafioso, ma con la condanna di molti coimputati per singoli fatti criminosi di cui risultavano essere gli autori materiali.
La carriera di Maria Ausilia Piroddi inizia, all’interno del sindacato, nell’ormai lontano 1978, quando, “non ancora ventenne, si era affacciata negli uffici della Cgil d’Ogliastra, (...) ed era subito diventata, grazie alla sua grinta e determinazione, una stretta collaboratrice di Peppino Mura, leader indiscusso del sindacato soprattutto dopo quel mitico ’84 che lo vide guidare, insieme al sardista Antioco Dore, la marcia per il lavoro dei disoccupati ogliastrini conclusa a Cagliari da un commovente incontro con il leader nazionale della Cgil Luciano Lama, che accolse i manifestanti insieme ad altri trentamila nelle piazze della Capitale. Un gruppo di giovani sindacalisti uniti vinceva un’importante battaglia, l’Ogliastra balzava all’attenzione dell’opinione pubblica non per torbide ragioni di cronaca nera ma per rivendicazioni di lavoro e di sviluppo”.
Ma con l’addio di Peppino Mura, si scatena la lotta per la successione. É una partita giocata senza esclusione di colpi, ricorsi alla magistratura compresi. In un primo momento, sembra essere Maria Ausilia a godere dei favori del Palazzo di Giustizia. La sindacalista era vista come un’eroina della stagione di “Mani pulite”. Tutti i suoi avversari interni vennero coinvolti in inchieste giudiziarie, tra le quali la celebre “Operazione Leccio”.
A metà del ’93 Maria Ausilia sembrava aver vinto la partita per la successione a Peppino Mura, andato via dal sindacato nel 1989 designandola come delfino. Ma, come si sa, la fortuna gira… e i tempi cambiano.
Gli anni Novanta, apertisi con la lotta di Maria Ausilia contro il malaffare, si chiudono con la sua stessa incarcerazione. Le accuse sono infamanti: è ritenuta leader di un’associazione mafiosa e mandante di numerosi delitti, tra cui almeno due omicidi.
Come sostenuto dall’avvocato Mario Lai, uno dei difensori di Pischedda nel processo per gli omicidi, durante l’arringa finale del procedimento di primo grado tenutosi a Lanusei, Maria Ausilia si è trasformata, repentinamente, da confidente affidabile e collaboratrice della giustizia, ad accusata di ogni delitto avvenuto in quegli anni. “Chi le si avvicina si brucia, chi le si avvicina è un delinquente!”
Nella notte tra il 23 e il 24 dicembre 1996, undici colpi d’arma da fuoco vengono esplosi contro l’abitazione di Pier Paolo Casu, assessore ai Lavori pubblici e all’Urbanistica del Comune di Barisardo. Questo è il primo attentato, in ordine di tempo, che viene ricondotto dagli inquirenti ad una presunta associazione a delinquere finalizzata alla conquista con la forza del potere nel Comune di Barisardo, in vista delle elezioni del 1998.
Si susseguono 28 attentati, due dei quali colpiscono la stessa Piroddi (e verranno poi ritenuti delle simulazioni, da parte dei magistrati nel processo per gli omicidi Pintus e Demurtas), in un clima di paura ed intimidazione che avviluppa, con le sue spire, tutta l’Ogliastra.
Gli inquirenti hanno le idee chiare sui responsabili di questi atti criminosi, e li individuano in Maria Ausilia Piroddi e nel suo presunto braccio destro, Adriano Pischedda, nonché in numerosi uomini che sarebbero stati incaricati di eseguire direttamente i delitti. Tuttavia, questa impalcatura accusatoria viene rigettata dai magistrati nella sentenza del “Processo Tuono”, conclusosi appunto con il proscioglimento della Piroddi e, sostanzialmente, l’affermazione che nessuna associazione mafiosa abbia mai operato in Ogliastra.
In questo drammatico susseguirsi di episodi violenti debbono essere inquadrati anche gli omicidi di Pintus e Demurtas.
Il 4 giugno 1996, viene trovato morto, in una strada sterrata nei pressi di Barisardo, Pierpaolo Demurtas, un giovane forestale che sembra aver avuto contatti controversi con Maria Ausilia, da mettersi in relazione con il primo attentato subito da quest’ultima. La sera del delitto, secondo la contestata ricostruzione dell’accusa, Maria Ausilia avrebbe telefonato a Pierpaolo per attirarlo in una trappola.
Gli autori materiali sarebbero due uomini di Adriano Pischedda: Mario Cabras e Sandro Demurtas (ha lo stesso cognome della vittima, ma non intercorrono tra i due rapporti di parentela), il primo sarebbe specializzato nel freddare uomini da vicino, il secondo nel tiro dalla lunga distanza.
Franco Pintus, sindacalista della Cgil, viene freddato da due cecchini, appostatisi sul percorso che conduce a “Sa Bellecca”, dove Pintus lavorava e viveva. É il 13 aprile 1997. Atteso al ritorno a casa, contro la sua auto, nella quale si trovavano anche la moglie e le due figlie, vengono esplosi quattro colpi. Uno di questi raggiunge l’uomo, che rimane esanime tra le braccia della moglie. Questo drammatico episodio, viene imputato ancora una volta al disegno criminale di Maria Ausilia Piroddi, coadiuvata da Adriano Pischedda, il quale avrebbe spedito Sandro Demurtas e Mario Cabras sulle tracce di un individuo che si era scontrato duramente in passato con la compagna del sindacato.
Ed ecco che bisogna inserire un ulteriore tassello. E, per farlo, bisogna risalire ancora una volta ad un presunto attentato simulato, subito da Maria Ausilia. Difatti, il fucile che aveva aperto il fuoco sull’autovettura della donna, viene rinvenuto, dopo una soffiata della quale il sindacalista ucciso riteneva essere autrice la Piroddi stessa, mal nascosto sul tetto dell’abitazione di Pintus. Questi viene arrestato, ma la sua estraneità ai fatti è subito palese. Sospettando la Piroddi, Franco Pintus prepara un dossier molto compromettente ed esplicito: un vero atto d’accusa.
Il dossier Pintus veniva consegnato ai Carabinieri di Nuoro il 6 dicembre 1995. Secondo l’accusa Franco Pintus ha firmato, insieme al dossier, la sua condanna a morte. Gli imputati non hanno mai smesso di dichiararsi totalmente estranei ai fatti, ed i loro avvocati hanno indicato ipotesi alternative per spiegare i delitti contestati ai propri assistiti.
Gli avvocati della difesa hanno individuato numerose crepe nella ricostruzione dei fatti approntata dagli inquirenti. Si ritiene che l’accusa abbia voluto dimostrare un teorema: che tutti gli episodi di violenza, di intimidazione e di sopraffazione avvenuti in un dato arco di tempo a Barisardo e dintorni, siano da attribuire ad un’unica mano insanguinata.
Ora, sappiamo bene che fucilate ed esplosioni sono, purtroppo, un elemento che caratterizza da sempre la Sardegna, al pari dei più celebri sequestri. Lotte politiche combattute a suon di tritolo, a Barisardo le hanno conosciute anche negli anni Ottanta. Un ordigno sventrò la casa di Giuseppe Pilia, allora assessore comunale e parecchie auto finirono al rogo. Niente di più facile, quindi, si è sostenuto da parte dei difensori, che anche nell’“Operazione Tuono”, e tra i delitti considerati nel conseguente procedimento penale, ce ne sia più di uno che non si possa in alcun modo attribuire alla mano degli imputati.
Niente di più facile che la sequenza impressionante di episodi violenti sia il frutto di un periodo nel quale chiunque avesse avuto un conto da saldare lo abbia fatto, profittando del caos generale. E dell’impunità. Tuttavia, tutti i tentativi compiuti dai legali degli imputati per dimostrare l’innocenza dei propri assistiti, sono stati frustrati da sentenze pesanti come macigni. Alla condanna in primo grado subita a Lanusei, si è ora sommata la conferma dei quattro ergastoli decretata dalla Corte d’Appello di Cagliari.
Le motivazioni di tale sentenza, di recentissima pubblicazione, analizzano non solo le circostanze inerenti ai due omicidi, ma anche le vicende legate al processo scaturito dall’“Operazione Tuono”, aprendo nuovi scenari per il procedimento d’appello ancora in attesa di essere incardinato.
La partita, in Ogliastra, è ben lungi dall’essere chiusa, ed è lecito attendersi che ogni strada per scagionare i condannati verrà percorsa sino in fondo dai loro legali.



BOX 1

Ultima partita in Cassazione

Appare scontato il ricorso in Cassazione da parte degli avvocati di M. A. Piroddi, A. Pischedda, ed i due complici ritenuti esecutori materiali dei delitti.
La Suprema Corte sarà tenuta a verificare che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendano insindacabile:
1. l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato.
2. l'assenza di illogicità evidenti, e pertanto la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. La motivazione non deve essere affetta da “manifesta illogicità”.


BOX 2

Gli avvocati nel Processo d'Appello

Per Maria Ausilia Piroddi: Angelo e Jacopo Merlini.
Per Adriano Pischedda: Paolo Pilia e Mario Lai.
Per Sandro Demurtas: Fabrizio De Murtas e Agostinangelo Marras.
Per Mario Cabras: Marcella Lepori.
Procuratore Generale: Maria Alessandra Pelagatti.
Parte Civile per la CGIL: Michele Schirò e Dora Magliona.
Parte civile per i familiari di P. Demurtas: Massimiliano Ravenna.
Parte civile per la vedova e le figlie di F. Pintus: Paolo Demuro.
Parte civile per le sorelle di F. Pintus: Giomaria Demuro.

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