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marzo / aprile/2004 - Interviste
Ecomafie
L’ultimo affare è l’ambiente
di Valter Vecellio

Perfino dalla verde Umbria sono emerse nuove aggressioni criminali al territorio. Ora il business che rende meglio è quello dei rifiuti e delle discariche. Ecco una prima mappa nazionale dei traffici illeciti

Oltre 15mila milioni di euro. Secondo l’Istituto Ambiente Italia a tanto ammonta il guadagno che si potrebbe realizzare con un corretto smaltimento dei nostri rifiuti. Una grande opportunità, che, sempre secondo questi calcoli, potrebbe creare 15mila nuovi posti di lavoro diretti, e altre decine di migliaia nell’indotto.
Peccato: in larga misura, è un’occasione persa. Il nostro Paese produce quasi trenta milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani ogni anno. Quasi il 90 per cento di questi rifiuti viene gettato in discarica. La raccolta differenziata rappresenta ancora una soglia piuttosto bassa, tra il 5 e il 10 per cento; esigua anche la percentuale dei rifiuti che viene incenerita.
Sono oltre quattromila le discariche abusive in Italia; di queste, almeno settecento sono altamente tossiche. Siamo il bel Paese coi buchi: l’area più butterata d’Europa. Una grande pattumiera che divora, e spesso senza possibilità di recupero, decine e decine di chilometri quadrati di territorio inquinando anche il sistema delle acque. Il tutto si traduce in un lucrosissimo business dello smaltimento illegale, un terzo del quale in mano ai clan di Cosa Nostra, della camorra e della 'ndrangheta. Per il resto, se ne occupano veri e propri comitati d’affari che si costituiscono nelle singole realtà, e che vedono coinvolti spesso insospettabili manager, imprenditori, amministratori locali.
È soprattutto nel Nord d’Italia, che le fabbriche producono i rifiuti tossici che per legge dovrebbero essere trattati, prima di essere smaltiti; ma qui entrano in gioco le cosche e i comitati d’affari; il trucco è semplice: si creano società apposite, che si aggiudicano gli appalti con offerte vantaggiosissime, e li vincono. Le offerte convenienti sono ovviamente possibili perché per lo smaltimento non spenderanno praticamente nulla, dal momento che i rifiuti saranno semplicemente abbandonati: in pozzi, grotte, stagni, località remote. Se i rifiuti sono pericolosi, non c’è alcun problema: si falsificano i certificati di accompagnamento, li si derubrica in rifiuti non nocivi, e il gioco è fatto: a quel punto si possono anche lasciare nelle discariche normali. Può accadere anche quello che in gergo gli investigatori hanno battezzato “riciclaggio-fantasma”: i rifiuti, grazie a un giro di bolle e formulari di identificazione scambiati, si sottraggono a ogni possibilità di controllo. Così può accadere che finiscano in discariche non autorizzate ad accoglierli nella loro veste originaria, e si evita di sottoporli a necessari trattamenti di bonifica, che pure risultano effettuati, ma solo in modo virtuale.
Denaro garantito, giro inesauribile. Ogni anno si producono un centinaio di milioni di tonnellate tra rifiuti urbani, industriali, ospedalieri e radioattivi. Spesso vere e proprie bombe, e i danni causati all’ambiente e i pericoli per la salute connessi a queste attività illecite non sono neppure immaginabili. È stato calcolato che ogni anno scompaiono nel nulla oltre dieci milioni di tonnellate di rifiuti speciali: dai cosiddetti “inerti” a quelli pericolosi; una vera e propria montagna di immondizia con una base, pensate, di trentamila metri quadrati, più o meno tre campi di calcio uno accanto all’altro, e per oltre un chilometro d’altezza.
Gli investigatori stimano che negli ultimi cinque anni il fiume di denaro ammonti a circa 120mila miliardi di vecchie lire: una cifra di molto superiore all’intero valore del capitale quotato in borsa di molti grandi gruppi industriali.
Ancora: dal 1996 al 2000 sono stati censiti oltre 140mila reati ambientali: una media di tre ogni ora; oltre 75mila le persone denunciate; e più di 20mila i sequestri effettuati. Oltre il 44 per cento dei reati si concentra nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa: Calabria, Campania, Sicilia, Puglia; nel corso di un forum organizzato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, il capo della Procura di Palermo Pietro Grasso ha raccontato di un’intercettazione telefonica tra un boss mafioso e un interlocutore, che aveva dubbi se entrare o no in affari con lui. Tentennamenti superati quando il boss ha detto: “Tranquillo, entra immondizia, esce oro”.
La conferma viene dalle inchieste di numerose Procure, che documentano come personaggi legati ai clan mafiosi operino in questi traffici; e ultimamente, oltre le tradizionali rotte Nord-Sud, se ne segue una tutta settentrionale, e i rifiuti inquinanti del Nord vengono spesso sepolti in discariche abusive in Veneto o in Friuli Venezia Giulia.
“I clan sono molto sensibili all’aria che tira, e si spostano molto rapidamente nel territorio”, spiega Donato Ceglie, magistrato della procura di Santa Maria Capua a Vetere, “E sono in grado di individuare, attraverso i loro osservatori, quali sono i territori, i comuni, le province in cui operare”.
Non ci sono zone franche. Si calcola che per ogni euro che le ecomafie guadagnano, lo Stato ne perde dieci. Per quantificare: secondo rilevazioni del Corpo Forestale, la regione con il più alto numero di discariche abusive scoperte è la Puglia: 599. Seguono la Lombardia, con 541; e la Calabria con 447. Più in generale: nel Nord d’Italia le discariche abusive sono oltre millesettecento, concentrate soprattutto in Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna. Nel centro Italia sono oltre milleseicento le discariche abusive, disseminate tra Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo. Più di milleseicento nel Sud: Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia. Ma sono certamente di più: i dati infatti si riferiscono alle discariche illegali scoperte.
Oltre alla quantità, contano anche le superfici che occupano. Pensate: solo nel Veneto oltre 5 milioni di metri quadrati. Per cui, numericamente in quella regione le discariche non sono tante; in compenso sono tutte molto grandi, e concentrate nell’area di Mestre. Inoltre, questi dati dimostrano come il fenomeno non conosca differenze di rilievo tra Nord, Centro e Sud del Paese.
Residui e polveri tossiche vengono sempre più spesso spacciati per fertilizzanti e venduti a ignari agricoltori; lo si scopre quando ormai è troppo tardi, quando ad esempio diecimila ettari di terreno diventano neri, e muoiono improvvisamente le colture. Come è accaduto in Umbria. Non molto tempo fa, per esempio, in questa regione si è accertata l’esistenza di discariche abusive con accumuli di rifiuti destinati apparentemente alla trasformazione; in realtà erano destinati a smaltimento illecito. “Questo tipo di rifiuti industriali”, dice Manuela Comodi, magistrato della Procura di Spoleto, “non potevano né essere accumulati così alla luce del sole né trasformati in ammendanti, così come invece faceva l’organizzazione scoperta dal Noe, i Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente. Il guadagno di questa organizzazione consiste proprio in questo: la trasformazione di rifiuti pericolosi in fertilizzanti smaltendoli quindi in campo coltivati o coltivabili”.
Solo per bonificare questa zona, secondo il ministero dell’Ambiente occorre un investimento di circa un miliardo e mezzo di euro.
Oltre ai clan mafiosi, esistono, e naturalmente prosperano, società che proprio sulla gestione illecita dei rifiuti fondano la loro attività; in numerosi casi i contatti tra queste società ed elementi e aziende legati direttamente alla criminalità organizzata sono evidenti. “Tutte le organizzazioni criminali mafiose hanno interessi in questo settore”, conferma Enrico Fontana, presidente di Lega Ambiente. “Noi dal 1994 abbiamo censito ben 22 clan della 'ndrangheta, di Cosa Nostra e della camorra, attivi in questo mercato dei traffici dei rifiuti”.
Forse in omaggio alla bellezza dell’Umbria, verde come l’Irlanda; oppure per amaro umorismo degli investigatori, l’operazione è stata chiamata Green land: terra verde, appunto. Proprio in questa regione, dove mai te lo aspetteresti, si è consumata una violenta, pervicace aggressione all’ambiente.
Si tratta di una delle più grandi inchieste sui traffici illeciti di rifiuti scoperta dal Noe.
Un’inchiesta importante, che per la prima volta ha portato all’arresto di un eco-trafficante, grazie a una nuova tipologia di crimine ambientale: che prevede, appunto, il reato di organizzazione di traffico illecito di rifiuti.
L’inchiesta comincia qualche anno fa, quando numerosi cittadini segnalano esalazioni nauseabonde da alcune strutture e capannoni. Le indagini, coordinate dalla procura di Spoleto, svelano un’articolata organizzazione, impegnata da anni, nello smaltimento illecito di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi. Si tratta di fanghi industriali, reflui conciari, scorie, polveri di abbattimento, e altre sostanze velenose. Vengono da Lombardia, Veneto, Marche e Toscana.
All’interno di enormi capannoni, al riparo da sguardi indiscreti, venivano simulate le operazioni di trattamento e di recupero dei rifiuti per la produzione di concimi: costituiti in realtà da milioni di tonnellate di rifiuti, provenienti da processi industriali con elevatissime concentrazioni di metalli pesanti, come il cromo, il piombo, il nichel.
Questi veleni, trasformati miracolosamente in fertilizzanti venivano poi utilizzati in agricoltura; con buona pace per le falde acquifere e la catena alimentare. Un’inchiesta che alla fine ha portato al rinvio a giudizio di una cinquantina di persone: produttori, intermediari, analisti, trasportatori, titolari di impianti di stoccaggio e smaltimento finale dei rifiuti.
“L’Umbria”, conferma Manuela Comodi, “forse oramai a torto viene considerata porto-franco rispetto alla criminalità anche organizzata. Ma come cuore verde dell’Italia in effetti è stata una sorpresa per tutti. Però credo che ci sia più di una ragione per cui è stata scelta proprio questa regione. Innanzitutto per il territorio favorevole, nel senso che ci sono ampi spazi per raccogliere illecitamente e smaltire questi rifiuti in quanto è terra sostanzialmente agricola. Dal punto di vista investigativo è favorevole perché lontana dalle grandi vie di comunicazione. Quindi anche per i trasporti dei rifiuti dal Nord al Sud, il passaggio per il Centro, per l’Umbria, lontana da autostrade, crediamo che renda più facile eludere gli accertamenti da parte delle Forze dell’ordine”.
Sorprese anche in provincia di Rieti, nell’alto Lazio: zona molto conosciuta per le terme, molto bella dal punto di vista dell’ambiente, interessante anche dal punto del patrimonio culturale e storico; potrebbe essere un piccolo paradiso turistico. Gli eco-criminali sono arrivati anche qui.
In veri e propri canyon disseminati nelle campagne, veniva seppellito di tutto tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici, fanghi industriali, e altri veleni... In breve. oltre sessantamila metri quadrati di terreni inquinati.
Il nostro viaggio prosegue in Friuli Venezia Giulia, dove le emergenze ambientali sono legate ad alcune attività industriali attive o dismesse. In questa regione secondo la Commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti, c’è bisogno di maggiore controllo rispetto agli anni passati perché sta diventando un’area utilizzata per la realizzazione di vere e proprie discariche abusive. In questi traffici sono implicati anche personaggi collegati con la criminalità organizzata, in particolare la 'ndrangheta calabrese. Profitti illeciti, per milioni di euro. Di più: oltre alle discariche abusive, le inchieste delle varie Procure hanno accertato l’esistenza di una quantità di imprese non in regola con la legge: lavoravano i rifiuti pericolosi pur non disponendo delle necessarie autorizzazioni per farlo.
Più a sud c’è San Giorgio di Nogaro, dove l’impianto di depurazione acque è stato sequestrato dai Carabinieri nell’ambito di un’inchiesta su presunte violazioni delle leggi in materia d’inquinamento ambientale. I Carabinieri avrebbero trovato tracce di rifiuti tossico-nocivi del depuratore che scarica direttamente in mare. Le indagini in corso dovranno accertare se l’impianto è stato costruito correttamente. Secondo gli inquirenti il consorzio che gestisce l’area ha ricevuto anche rifiuti liquidi pericolosi attraverso un impianto abusivo. In pratica sarebbero stati versati in mare, in poco meno di due anni, tonnellate di materiale che avrebbero contaminato gli organismi biologici in acqua in modo irreparabile e con metalli pesanti. Sette persone denunciate per traffico illecito di rifiuti, in un impianto che ha tutto l’aspetto di lavorare secondo le regole.
Il Veneto è una regione che, secondo gli inquirenti, è la base di partenza di molti traffici illeciti diretti al Sud; ma anche qui si registra la presenza di numerose discariche abusive. Un duplice ruolo svolto con disinvoltura e che le ecomafie sfruttano, organizzandosi non tanto per inquinare quanto per vivere di inquinamento. Comitati d’affari che sfruttano discariche abusive compiacenti per risparmiare sui conti dell’azienda. Per fare un esempio: tolti 250 euro a carico destinati al camionista, una fonderia molto nota del nord risparmiava 4 milioni di euro l’anno scaricando in modo illegale rifiuti che avrebbero dovuti essere trattati in modo legale spendendo un massimo di 300 delle vecchie lire al chilo. Ma con la discarica abusiva ne sono state spese 110. Fino a quando non è intervenuta la magistratura, che ha disposto l’arresto di dieci persone.
Racconta ancora il sostituto procuratore Donato Ceglie: “C’è una border line dove esiste una contiguità tra comitati d’affari, comitati dei colletti bianchi, trasportatori e organizzazioni criminali mafiose e camorristiche. C’è da pensare che vi sia stata una grande spartizione con l’affidamento ad un certo tipo di organizzazioni criminali della gestione dei rifiuti pericolosi”.
In Campania, in quella specie di triangolo costituito tra Castelvolturno, Villaricca e il Lago Patria, tra le province di Napoli e Caserta, sono i clan della camorra, a farla da padrone.
La Commissione antimafia conferma: i principali clan sono impegnati nel business dello smaltimento illecito dei rifiuti; in questi ultimi anni hanno ampliato la loro attività passando dal semplice controllo delle discariche abusive al trasporto ed alla commercializzazione del rifiuto estendendo il raggio d’azione su tutto il territorio nazionale. Spesso possono contare sull’appoggio di amministratori collusi per il rilascio delle autorizzazioni e sulle professionalità di imprenditori del settore.
L’interesse della camorra è per la gestione diretta delle discariche illegali realizzate in cave e terreni. Negli ultimi anni ne sono state sequestrate, solo in provincia di Caserta, mille. Ma già nel 1988 gli inquirenti scoprirono che durante i lavori del raddoppio dell’autostrada Roma-Napoli gli scavi venivano trasformati in discariche poi successivamente coperte per nascondere il contenuto. È la mafia imprenditrice: fa leva sui colletti bianchi e riesce a lucrare a danno dell’erario e, soprattutto, della salute pubblica.
“Qui l’attività è cominciata dalla metà degli anni Ottanta con il clan del Casalesi”, spiega Enrico Fontana. “Numerosi collaboratori di giustizia hanno raccontato già tutto in aule giudiziarie. Gli esponenti di questo clan sono segnalati recentemente in imprese attive nel ciclo dei rifiuti”.

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