Agente della Polizia di Stato Rolando Lanari, 27 anni, ucciso dai terroristi nel corso di una rapina ad un furgone portavalori in via Prati di Papa a Roma, il 14 febbraio 1987
Massa Martana, 9 luglio 1960, in questo luogo e in quella data è nato Rolando Lanari. Un bambino pierno di gioia e di allegria. Aveva solamente 5 mesi quando, per lavoro, noi genitori ci siamo dovuti trasferire a Roma.
Rolando cresceva e, come tutti i papà e le mamme, abbiamo cercato di dargli il meglio.
Aveva le sue passioni, ascoltava la musica e particolarmente i “Pooh”, i suoi cantanti preferiti, ma nel suo cuore già sentiva l’amore per la Polizia, per quella divisa che un giorno, diceva, doveva assolutamente indossare.
E così fece, nell’ottobre 1978, tre mesi dopo aver compiuto la maggiore età, Rolando parte per Vicenza dove per sei mesi frequenta la Scuola Allievi, per poi ritornare a Roma.
Amava il suo lavoro ed è per questo che pochi mesi dopo fece domanda per entrare nelle Volanti. E l’11 dicembre 1980 il suo desiderio si avverò: fu trasferito nel Reparto Volanti di Roma. Ora Rolando era felice, svolgeva un lavoro che lo soddisfaceva appieno, ed aveva una famiglia sempre pronta a sostenerlo. Ma, nello stesso periodo, c’era anche tanta paura: paura degli attentati che si sentivano sempre più spesso; paura di poter perdere la persona che ami. Ma poi pensi che queste cose non possono riguardarti.
Era il 14 febbraio 1987, un giorno come gli altri, qualche timido raggio di sole cominciava a farsi rivedere dopo il lungo inverno, ma io mi sentivo strana, come se da un momento all’altro dovesse accadere qualcosa.
Mi feci accompagnare da Rolando a piazza Buenos Aires. Scesa dalla macchina lo guardai, ma il mio cuore non era tranquillo, mi voltai per salutarlo ma sentivo dentro me qualcosa di strano.
Tornai a casa qualche ora dopo e mio marito mi raccontò quello che era accaduto: l’attentato a via Prati di Papa. Rolando quella mattina era in servizio e il mondo ci crollò addosso.
La televisione ancora non aveva dato i nomi dei poliziotti rimasti uccisi. Era stato tutto così veloce, improvviso.
Il mio quartiere già sapeva cosa era successo, ma io volevo sfuggire alla realtà, non volevo crederci, non volevo immaginare l’atroce scena.
Le urla, il dolore, le lacrime non sono servite a riportare in vita Rolando e Giuseppe, l’altro collega morto insieme con lui. E intanto fuori si fece buio, e da allora tutta la mia vita è al buio.
Sono passati 17 anni ma il mio dolore è sempre come quel giorno.
Dopo soli quattro mesi, il 29 giugno 1987, per il grande dispiacere anche mio marito è venuto a mancare, sono rimasta sola con questo immenso dolore. Eravamo una famiglia felice, serena, avevo un figlio meraviglioso che faceva il suo dovere, ma in un attimo me lo hanno portato via, anche se ora lo sento sempre vicino a me e mi guida come un angelo perché il mio Rolando è e sarà per sempre un angelo.
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