Il generale Ugo Zottin, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma, risponde alle nostre domande sulle attività di recupero di oggetti artistici o culturali trafugati. Dal 1969 ad oggi i tanti successi e l’importanza della catalogazione e della “banca dati”, fino alle recenti operazioni nel museo di Bagdad
Di successi significativi ce ne sono stati tanti, basti ricordare quello eccezionale relativo al recupero dei dipinti di Piero della Francesca, la “Madonna di Senigallia”, la “Flagellazione” e la cosiddetta “Muta” di Raffaello, oggetti di furto nel lontano 1975 dal Palazzo Ducale di Urbino. Furono recuperati circa un anno dopo a Locarno in Svizzera.
Sono opere di notevolissimo pregio, così come tante altre: ad esempio la copertina di un nostro volume riproduce un dipinto di Raffaello, la “Madonna Esterhazy”. Questo dipinto, insieme ad altre pregevolissime opere del Tintoretto, di Giorgine e del Tiepolo fu asportato dal Museo statale delle Belle Arti di Budapest nel novembre 1983 da una banda di cui facevano parte alcuni italiani. Noi le recuperammo in Grecia circa due mesi dopo, agli inizi del 1984, a seguito di una complessa ed articolata indagine.
Saltando negli anni e nel tempo, un’opera di pregevolissimo valore sotto l’aspetto artistico-storico, basti pensare che è l’unico gruppo scultoreo di quel soggetto che si conosca, é la “Triade Capitolina”, raffigurante Giove, Giunone e Minerva, asportata da tombaroli nel territorio di Guidonia Montecelio nei pressi di Roma e recuperata, in provincia di Sondrio, nel 1994 circa un anno e mezzo dopo lo scavo clandestino.
In tempi recenti, un episodio che destò particolare preoccupazione non soltanto negli investigatori, ma anche nell’opinione pubblica, fu la rapina alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, avvenuta nel maggio ’98, dove furono asportate tele di notevolissimo interesse: due Van Gogh – “Il Giardiniere” e “L’Arlesiana” - ed un’opera di Cezanne – “Le Cabanon de Jourdan”. Fu un’indagine condotta, con positivo esito, in stretta collaborazione dai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale con la Squadra Mobile di Roma.
Ai giorni nostri, un recupero estremamente importante sotto l’aspetto artistico-storico, definito il recupero archeologico del secolo dagli specialisti, è quello riguardante la cosiddetta maschera di Apollo, ovvero degli acroliti crisoelefantini costituiti da una testa in avorio con una serie di parti delle mani e dei piedi sempre in avorio, che costituisce un’eccezionale rarità, perché se ne conoscono soltanto altri due esemplari, di minore grandezza, e non conservati così bene come questo: presso il museo di Delphi in Grecia e presso i Musei Vaticani.
Per rimarcare l’importanza del recupero si deve tener presente che nell’antichità, secondo ricerche fatte da studiosi, archeologi, esperti del settore, a Roma erano presenti decine di migliaia di statue in marmo, centinaia di statue in bronzo e soltanto 75 o 77 statue che avevano le parti terminali del corpo, cioè il volto, le mani e i piedi, in avorio. Tali reperti provenienti da scavi clandestini fatti nella metà degli anni ’90, nel territorio compreso tra Anguillara Sabazia e Cesano, furono esportati illecitamente all’estero e acquistati da un mercante tedesco; ceduti successivamente, hanno avuto altri passaggi di cui abbiamo seguito le tracce tra la Svizzera, Cipro e, per ultimo Londra, dove è stato possibile recuperarli nel febbraio del 2003.
Quello che vorrei sottolineare è che al di là di queste, che possono essere definite delle opere uniche, dei capolavori, delle eccellenze del mondo dell’arte e della produzione artistica nei vari secoli e periodi, per noi è importante anche recuperare la semplice pittura di “scuola” o quello che può essere definito “il quadro dell’antenato” che si ha in casa e che, in alcuni casi, se non ha un valore artistico, lo ha certamente affettivo.
Molte volte, il nostro lavoro meno conosciuto è proprio questo, cioè quello di frenare il fenomeno del furto di beni non di rilevante interesse artistico, ma che hanno una facile collocazione ed un mercato dell’illecito molto florido. Tutto quello che è il sottobosco del mercato antiquariale e dell’illecito viene alimentato, in gran parte proprio da questi furti che vengono commessi in abitazioni private, ma anche da quelli che vengono commessi nelle chiese, ricchissime di opere d’arte di vario genere ma che sono per lo più sguarnite di idonei sistemi di protezione e d’allarme. Si consideri che in Italia abbiamo tra chiese, conventi, monasteri, abbazie, più di centomila luoghi di culto.
Che tipo di formazione ricevono i Carabinieri destinati a questo settore?
A monte c’è un’esperienza di servizio a carattere generale maturata in altri Reparti: Nucleo Operativo, Stazione, Reparto Operativo ecc. La selezione del personale è effettuata tra coloro che, oltre ad avere una adeguata cultura generale, hanno una predisposizione per l’arte e conoscenze specifiche del settore.
Arrivati al Comando i nostri uomini frequentano un corso di specializzazione di un mese, curato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, presso cui siamo inseriti organicamente dipendendo il Comando funzionalmente dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali.
Il corso si svolge a Roma e concerne materie ed argomenti di interesse per la nostra attività. Viene svolto da funzionari delle soprintendenze, delle direzioni generali, da esperti d’arte, da rappresentanti delle associazioni di categoria degli antiquari, e si qualifica tra l’altro come un utile ed opportuno momento di confronto dei problemi di queste categorie con quelli propri della nostra attività.
Durante l’ultimo corso è stata tenuta anche una conferenza dal prefetto responsabile del Fondo Edifici di Culto, che fa capo al Ministero dell’Interno, e che gestisce un patrimonio di carattere storico, artistico, culturale di straordinario valore.
Questa è la formazione di base, ma questa in sé non basta; fondamentale è l’esperienza, quella che definisco “formazione continua” che si fa sul campo, affiancando i nuovi giunti al personale più anziano. Alcuni infatti, sono diventati dei veri esperti d’arte pur non avendo uno specifico titolo di studio.
Come è strutturato il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale a livello periferico?
La nostra, da piccola struttura accentrata come nacque nel 1969 con circa una ventina tra ufficiali e sottufficiali, è cresciuta nel tempo fino ad essere una realtà che ha una sua articolata organizzazione. All’epoca si chiamava Nucleo Tutela Patrimonio Artistico, oggi è un Comando con alle dipendenze un Reparto Operativo con competenza sul Lazio e l’Abruzzo ma nello stesso tempo con compiti di coordinamento sul territorio nazionale attraverso undici Nuclei strategicamente dislocati.
I primi Nuclei hanno iniziato ad operare nella prima metà degli anni ’90 ed hanno immediatamente dimostrato la loro utilità. Si sono rivelati un valido braccio operativo, hanno un’ottima conoscenza di tutto il territorio e una possibilità di relazionarsi con le altre istituzioni sia del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenze, musei – sia con le istituzioni locali, comprese le altre Forze di Polizia. In futuro ci auguriamo di poter ampliare la nostra presenza in alcune regioni che attualmente sono sprovviste di un nostro presidio e che vengono assorbite dalla competenza di un contiguo Nucleo regionale.
Presso la nostra struttura centrale è stata creata una “banca dati delle opere d’arte rubate”. La banca dati è la memoria principale di tutto quello che avviene nel settore in Italia e all’estero. Se viene commesso un furto, ad esempio ad Avezzano, e viene presentata la denuncia presso quel commissariato di Polizia, il dato relativo a quel furto, con l’auspicabile documentazione, viene trasmessa anche a noi, perché la banca dati è alimentata, non soltanto da tutti i reparti territoriali dei Carabinieri, ma anche da tutti quelli della Polizia di Stato e, in minor modo, anche dalla Guardia di Finanza.
Lo stesso commissariato di Avezzano, citato come esempio, se dovesse fermare un veicolo o durante una perquisizione notare delle opere d’arte, renderà noto anche a noi l’evento per capire se quelle opere possono essere state trafugate o meno. In questa fase, se il dipinto è stato fotografato e ben descritto, i nostri specialisti riescono a ottenere dei brillanti risultati.
La documentazione di un’opera d’arte è importantissima. Notiamo che la maggior parte dei furti di oggetti di antiquariato, di oggetti d’arte, manca purtroppo di una documentazione fotografica e descrittiva. Questo, è fondamentale, giacché come si fa a descrivere un dipinto se non si ha un’esatta immagine dello stesso? Si possono dare al massimo delle indicazioni molto generiche. La fotografia è indispensabile, a maggior ragione se è fatta da un professionista.
Per aiutare i cittadini abbiamo adottato una scheda definita “Documento dell’opera d’arte”, concordandola con l’Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione e pubblicizzandola in ogni occasione, tant’è che è reperibile anche sul nostro sito Internet, www.carabinieri.it, o richiedibile a qualsiasi Stazione dei Carabinieri.
Dallo scorso mese di febbraio per recepire una serie di indicazioni fornite dall’Unesco che, grazie alla nostra collaborazione, ha realizzato una scheda di documentazione a carattere internazionale denominata Object Id, la nostra attuale scheda è stata aggiornata su questa nuova tipologia, e la definizione della scheda è stata ampliata in “Documento dell’opera d’arte Object Id”. Attualmente siamo gli unici a livello internazionale ad averla già adoperata.
Raccomandiamo i cittadini, quando si occupano di curare questo aspetto, di non lasciare la documentazione nella credenza antica che eventualmente viene rubata con tutto quello che vi è dentro, ma di conservarla in un luogo sicuro.
Per ciò che concerne la documentazione, purtroppo molte chiese ne sono ancora sprovviste. Molto si sta facendo con l’appoggio della Conferenza Episcopale italiana e ci auguriamo che al più presto questa operazione possa essere completata.
Come è cambiato (se è cambiato) in questi ultimi anni il mondo dei “ladri d’arte” e dei ricettatori?
È cambiato relativamente. Nelle varie organizzazioni criminali ci sono le specializzazioni: alcuni sono orientati verso i furti nelle chiese, perché hanno quel mercato altri, invece, operano negli appartamenti. Diversa la tipologia di chi punta al museo; tutto quello che è custodito nei musei, in genere di maggior pregio, è chiaramente documentato e fotografato quindi ci sono delle linee di smercio e di commercializzazione molto più complesse.
La tecnologia che aiuta noi, probabilmente aiuta anche loro. Quello che dobbiamo constatare è che vi sono sempre dei flussi di riciclaggio e di commercializzazione sia a livello nazionale che internazionale. Verso l’estero, in particolare, sono indirizzati reperti di grande pregio, come quelli provenienti da scavi clandestini.
Abbiamo un fenomeno diverso da quello di altri paesi. In Francia, ad esempio, si verifica il fenomeno di esportazione più che di riciclaggio interno. La Francia, da quello che mi risulta, ha una serie di furti superiori a quelli che si verificano in Italia, e non è l’unico paese estero che ha questo triste primato.
In Italia il numero dei furti negli ultimi anni è in calo, anche se il dato non soddisfa del tutto. Il calo è sicuramente dovuto alla presenza dei Nuclei sul territorio e a quelle che sono state le attività di contrasto portate avanti nei confronti di queste organizzazioni di ladri e di ricettatori. Abbiamo avuto complessivamente 1293 furti nel 2003, a fronte dei 1539 nel 2002; e il dato del 2002 già era in discesa rispetto a quello del 2001 perché in precedenza ne avevamo avuti 2090. Quello che viene generalmente esportato - si tratta di circa di 18000 oggetti quest’anno - non è di rilevante valore, anzi, nella maggior parte dei casi è di valore molto contenuto.
Ci sono degli “specialisti” per quanto riguarda i ladri d’arte?
Credo che la specializzazione si venga a determinare in ogni attività. In genere, chi fa un certo tipo di furto è uno che si specializza perché ha il suo riferimento, la sua rete di ricettatori, e quindi è difficile imbattersi nel ladro di opere d’arte occasionale.
Generale Zottin, il suo Comando come interagisce con gli altri Stati europei?
Interagisce in maniera certamente straordinaria, dal punto di vista della collaborazione e della conoscenza reciproca. Lavoriamo anche sulla base delle segnalazioni che ci pervengono dall’Interpol e tramite l’Interpol abbiamo una serie di accrediti per quello che possono essere attività di indagini che ci portano all’estero per rogatorie internazionali specifiche.
Abbiamo avuto una brillante collaborazione con la Polizia Cantonale Ticinese nel dicembre del 2002. Dopo un periodo di accertamenti e indagini, abbiamo recuperato in Svizzera, un dipinto di Giovanni Bellini, asportato da una abitazione privata nel 1975, all’incirca 28 anni prima. La Polizia Cantonale a seguito del controllo di un’autovettura con a bordo delle persone con precedenti penali, dalla documentazione in loro possesso, era risalita a un un deposito dove c’erano una serie di oggetti, tra cui anche opere d’arte. La fattura tipicamente italiana di un’opera, ha fatto sì che ci contattassero e verificata la provenienza illecita del dipinto si è innescata un’attività di collaborazione che ha portato a questo recupero.
Abbiamo contatti frequenti, con la Polizia francese, con la Guardia Civil e con la Polizia spagnola, con il Nucleo speciale di New Scottland Yard che opera nel settore dei beni culturali.
Voglio citare, al di fuori di quello che è l’ambito europeo, anche quello che avviene a livello extraeuropeo. Si è conclusa in questi giorni a Quito in Equador, un convegno al quale hanno partecipato oltre i rappresentanti dell’Interpol e dei paesi andini dell’America Latina, anche Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale. Questo è un motivo di particolare soddisfazione per noi, e per l’Italia ovviamente.
Abbiamo svolto un ruolo fondamentale nella tutela del patrimonio culturale iracheno. Fino alla fine di gennaio, per circa 7 mesi, un nostro ufficiale distaccato a Bagdad presso il governo provvisorio della coalizione ha operato come esperto governativo, non inquadrato in un contingente militare. Ha lavorato in stretto rapporto ed in stretta intesa con archeologi iracheni, con funzionari del Museo di Bagdad, per fare un censimento di tutto quello che era stato saccheggiato nel momento dell’assalto al museo. È molto meno di quello che in un primo tempo era stato riportato dagli organi d’informazione, perché tantissimi pezzi erano già stati messi in sicurezza. In sostanza, quello che manca, a seguito di una serie di recuperi, è quantificabile in una cinquantina di pezzi di particolare pregio. Alcune stime, fatte dall’attuale direttore del Museo di Bagdad, parlano di circa 12000 reperti in deposito.
Il nostro ufficiale ha fatto da ponte con il mondo intero. In mancanza di un rappresentante Interpol, ha inviato per via telematica tutti questi dati che sono stati, non solo da noi elaborati e messi sulla nostra banca dati e su Internet, quindi consultabile a livello mondiale, ma poi trasmessi alla sede centrale Interpol di Lione.
Le frequenti riunioni svoltesi presso la sede centrale Interpol di Lione hanno consentito di stabilire anche forti legami con l’Unesco. E’ stata costituita una cellula operativa stabile di cui fanno parte due carabinieri del Comando, un ufficiale e un sottufficiale, col compito di seguire i lavori in sede Interpol. Voglio ricordare, a tal proposito, che a Roma, presso la sede del Reparto Operativo è stata organizzata dalla sezione nazionale Interpol, nel giugno scorso, una riunione operativa sul traffico illecito dei beni culturali iracheni.
La nostra presenza in Iraq è importantissima. Nonostante quello che è avvenuto a Nassiriya - dove la squadra operativa che lavorava nel contesto del recupero del patrimonio culturale, costituita da sei persone, ha perso quattro elementi – la nostra attività continua, con tutta una serie di risultati positivi che vanno dal censimento di molti siti - ne sono stati individuati più di una trentina nella sola area di Nassiriya - al recupero di oltre 300 reperti, che erano stati già sottratti e dissepolti. Inoltre molti saccheggiatori sono stati bloccati, tanti altri identificati, ed abbiamo tratto in arresto 43 persone che abbiamo fermato e consegnato alla Polizia irachena.
Questo, a livello internazionale, è uno spaccato di quello che il nostro personale sta facendo.
(Intervista a cura di Ettore Gerardi)
BOX 1
Beni culturali sottoposti a sequesti e recuperati
ANNO 2002 67.047
ANNO 2003 31.565
BOX 2
Furti consumati
2002 2003
Musei 12 17
Enti pubblici e privati 79 88
Chiese 647 515
Privati 801 673
BOX 3
Furti nei musei (dettaglio)
2002 2003
Statali 5 5
Regionali - -
Provinciali - -
Comunali 5 11
Ecclesiastici - -
Privati 2 1
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