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febbraio/2004 - Laboratorio
Laboratorio
La certezza del diritto
di Ferdinando Frachlich

La questione Giustizia è ormai divenuta una diaspora foriera di accesa e sterile disputa politica, per la quale le sentenze non si commentano dal punto di diritto e non si progetta la riorganizzazione dell’apparato magistrale per migliorare l’efficienza e la trasparenza.
Le istituzioni politiche continuano ad urlarsi addosso, al “valletto di corte” spetta il compito di denunciare complotti, di teorizzare l’esistenza di toghe rosse, di annunciare oscuri mandanti ed altri presagi ottenendo ben altri risultati: screditare lo Stato nella sua essenza e unitarietà; cancellare le già poche certezze degli operatori del diritto; favorire il calo della fiducia e l’aumento del disorientamento e sconforto nei cittadini onesti.
Così, anche una vicenda processuale, come quella che ha visto protagonista l’on. Giulio Andreotti, ha scatenato una ridda impressionante di dichiarazioni, repliche, smentite; tutte palesemente finalizzate a trarre un vantaggio per la propria parte e procurare un ingiusto danno per la parte avversa.
Un evento che, in ultima analisi e pur con i dovuti limiti temporali, dimostra oggettivamente che il sistema Giustizia comunque funziona. È importante conoscere, con una sentenza definitiva, che uno statista, non solo di livello nazionale, non fosse colluso con la Mafia.
Affiora, invece, il velato ma diffuso teorema dell’inesistenza della Mafia, la classe politica di debuttanti, senza alcun senso dello Stato, associa Andreotti a Carnevale come vittime del sistema politico antagonista e scatena discredito su un uomo come l’on. Luciano Violante, colpevole di essere un magistrato indefesso, con esperienza professionale nella lotta al terrorismo ed al male affare in generale e, solo successivamente, dalla trincea alle ovattate aule di Montecitorio, dedicarsi con puro senso di servizio allo Stato ed alle istituzioni nonché all’interesse pubblico e della collettività, alla Commissione antimafia per riprendere il lavoro di magistrati morti sul campo come Falcone e Borsellino.
Il potere esecutivo, invece di sputare sentenza, deve trovare le soluzioni concrete per garantire il diritto al giudice naturale e la certezza del diritto e della pena, dedicarsi alla soluzione del delicato equilibrio tra repressione dei reati e garanzia della sicurezza senza cancellare la tutela dei diritti, ridurre la lunghezza del processo penale, definire le funzioni del giudice e del pm e della Polizia giudiziaria e le loro rispettive carriere, cercare la effettiva funzionalità delle pene alternative senza cancellare il fine rieducativo della pena.
Temi cari al cittadino ed al quale la politica, attraverso la funzione legislativa, deve dare una risposta senza urla o declamazioni invane.
È da lungo tempo che i poliziotti sono attenti a questi temi che influiscono funzionalmente sull’attività che svolgono, non condividendo il quotidiano stillicidio tra istituzioni, oggi alla magistratura domani alle Forze di polizia, soprattutto nel momento attuale che il terrorismo mostra una rinnovata vitalità mietendo già le prime vittime tra le Forze dell’ordine e la Mafia sembra un problema superato.
Sarebbe auspicabile che il rispetto ed il senso dello Stato prevalessero sull’appartenenza partitica, sarebbe meglio che non si facesse confusione tra “giudice e imputato”, tra chi fa le leggi e chi le applica, tra chi assicura la giustizia e la sicurezza quotidianamente e chi attenta la pacifica convivenza civile.
Ferdinando Frachlich
Segr. Reg. Siulp - Piemonte

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