Un funzionario della Polizia di Stato ricorda, con questo scritto, l’incontro con l’insigne studioso recentemente scomparso. Il significato della frase “Vada avanti, sempre”
Lo avevo conosciuto, unitamente alla moglie Valeria, nel 1983 a Parigi in occasione di un Convegno. “Il nostro commissario dell’Interpol”, mi aveva presentato l’organizzatore. Avevamo parlato un po’. Lo ascoltavo rapito mentre pacatamente scolpiva i concetti Diritto, Democrazia, Cultura, che disordinatamente inquieti mi ruggivano dentro. Era interessato a quanto avevamo fatto per costruire un rapporto diverso tra Polizia e cittadini. Un sorriso ne aveva increspato il viso severo alla descrizione dell’incontro semplice e intenso con Sandro Pertini. La signora Valeria era rimasta colpita da quel che facevo per gli italiani che venivano a curarsi a Ville Juif. Rientrato a Roma per l’inspiegabile ordine dell’Amministrazione di lasciare l’Interpol in Francia (peraltro avevo appena arrestato il boss Michele Zazza), qualche tempo dopo avevo telefonato a casa sua per poterlo incontrare. Con la morte nel cuore avevo lasciato la Polizia e cercavo di aggrapparmi a una conferma dell’Utopia democratica per cui duramente pagavo. In notti insonni avevo scritto una sorta di memoriale dell’esperienza di ufficiale dei carabinieri prima e commissario poi. Era come sgorgato dal cuore nel ricordo dei tutori dell’ordine uccisi dalla criminalità comune e terroristica, dei poliziotti che si erano battuti per una Polizia più efficace e democratica. Per strane circostanze, forse di provvidenza, era stato letto da Don Balletto, sacerdote di Genova. Voleva pubblicarlo per la casa editrice Marietti che dirigeva: “ è una testimonianza sociale, per tutti”. Ero indeciso: esporre in pubblico le contraddizioni, con nomi e cognomi, dell’arcipelago Sicurezza? E poi la mia storia in Polizia non era ormai finita?”. La signora Valeria intuendo il profondo bisogno di parlare col Professore, aveva fatto eccezione alla rigida barriera con cui lo schermava “mio marito è lieto di incontrarla, anche se non sta bene”. Dopo un febbrile viaggio, come un trepidante studente ero a Torino nel sobrio studio di via Sacchi. Il Professore carismaticamente assiso dietro una scrivania colma di libri, con un plaid sulle gambe, mi aveva sorriso con affetto. Pur visibilmente pallido e stanco con voce decisa, a tratti amara, dava quasi visibile forma alle idee Diritto e Democrazia, mentre gli occhi accendevano di fervore il viso rugoso ed austero. Dopo un’ora la signora Valeria, carezzandolo dolcemente, mi aveva fatto capire che si stava affaticando troppo. Lo avevo informato del manoscritto che un sacerdote voleva pubblicare per una casa editrice cattolica. “Non posso assicurarle che lo leggerò, non ho mai fatto prefazioni; comunque me lo lasci”. Un abbraccio aveva suggellato il saluto. Ero ripartito commosso e fiero per quell’incontro eccezionale. Giorni dopo ricevetti una lettera con retro stampato Norberto Bobbio: aveva letto il manoscritto, gli era piaciuto; univa una pagina firmata, battuta a macchina da lui stesso. “Ne faccia l’uso che crede. Vada avanti, sempre”. Lacrime liberatorie mi riempirono l’animo. Era stato giusto lottare e pagare per l’Utopia democratica di Polizia! Quelle sofferte pagine, le lotte sociali dei poliziotti, anche le pagine sul vile omicidio Calabresi, avevano corrisposto ai Valori del Professore. Aveva accettato l’idea di una sua introduzione in un libro edito da una casa cattolica. “Un Commissario” venne letto da un vasto pubblico, in uno straordinario passa parola; tanta gente comune conobbe il contraddittorio arcipelago Sicurezza, l’arroganza del potere, la sofferta vita dei tutori dell’ordine. Don Balletto aveva avuto ragione. Ma soprattutto quell’incontro essenziale, catartico, aveva confermato la certezza dei Valori di riferimento. Chiesi di rientrare in Polizia. Non potei ringraziare di persona il professore, le sue condizioni erano peggiorate. Lo feci telefonicamente insieme al comune amico Ernesto Olivero, in occasione di un convegno all’Arsenale della pace a Torino. Rientrare in Polizia sarebbe stato difficile, il Movimento democratico aveva turbato i sottili equilibri del Viminale, alcune mie indagini avevano toccato delicati centri di potere, avevano evidenziato disfunzioni internazionali… e ora c’era quel libro-testimonianza! Dopo anni, mentre colleghi nella stessa situazione giuridica erano stati riammessi con facilità, la mia domanda giaceva inevasa. Ancora una volta il Professore in modo netto e generoso era intervenuto. Nel 1996 giunse un appello al Ministro dell’Interno in cui si chiedeva che il commissario Di Francesco rientrasse in Polizia per continuare a dare il proprio contributo professionale e democratico: era firmato da Norberto Bobbio, Leo Valiani, Antonio Giolitti, Vittorio Foa, Don Riboldi, Antonino Caponnetto, Francesco Cossiga… Solo alla fine del 1997 sarei potuto rientrare, vincendo un ricorso straordinario al Capo dello Stato. Avrei cercato di dare ancora un pur minimo contributo, da ultimo per il semestre di presidenza italiana Ue dell’Accademia Europea di Polizia.
Mai dimenticherò quell’incontro magico, assoluto, col Professore da cui sono stato ancora più ritemprato nei Valori Democrazia, Libertà, Cultura, resi con semplicità, partecipazione, comprensione, coerenza, rispetto, rifiuto dell’ipocrisia. Grazie professor Bobbio, Maestro di diritto e di vita!
“Una pagina interessante...”
Dalla presentazione di Norberto Bobbio al libro di Ennio Di Francesco riportiamo questo passo.
“... Al racconto delle azioni compiute nell’esercizio della propria funzione, l’autore intreccia quella dell’opera coraggiosa e appassionata, svolta in prima persona, per la democratizzazione del Corpo di Polizia, attraverso la smilitarizzazione, la riforma ed il sindacato.
È la storia di una battaglia democratica, condotta con energia e determinazione se pure in mezzo a mille difficoltà, che conosce momenti di grande tensione, scontri fra diverse e opposte posizioni, speranze e delusioni, e ci fa assistere ad animati dibattiti di assemblee, incontri con uomini politici, dei quali alcuni favoriscono, altri frenano il processo di trasformazione: una pagina interessante di storia recente che qui è vista da chi l’ha vissuta dall’interno, e ce ne offre una viva, spesso anche amara, testimonianza...”
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