home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 14:46

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
febbraio/2004 - Interviste
Criminologia
Nella testa dell’investigatore
di Marco Cannavicci

Nuovi studi psicologici degli Stati Uniti sugli indirizzi delle indagini di Polizia, con nuovi spunti per la formazione

Nelle scuole americane di Polizia, in cui vengono formati i futuri agenti, alla domanda “in quale momento del processo investigativo occorre consultare uno psicologo?” tutti i docenti e gli ufficiali di polizia rispondono “prima che il crimine sia commesso!”. Con questa risposta si vuole significare che le necessarie competenze e le conoscenze di psicologia criminale non devono essere chieste ad un consulente esterno ad indagini in corso, ma devono essere sviluppate e formate direttamente nel personale in divisa, durante il loro tirocinio addestrativo.
La stessa FBI costituisce i propri nuclei investigativi sui delitti di tipo psicopatologico utilizzando solo gli agenti speciali con decennale esperienza sul campo, a cui viene fornita una ulteriore formazione di tipo psicologico. L’orientamento delle Forze di polizia degli Stati Uniti è quindi quello di inserire nel bagaglio professionale di ogni agente la necessaria conoscenza di psicologia criminale da applicare in tutte le fasi investigative.
In questo modo è ridotta al minimo la necessità di ricorrere a consulenze esterne durante le indagini, mentre è massima la spinta alle conoscenze psicologiche durante la formazione didattica.
La materia che viene insegnata nelle scuole americane di Polizia prende il nome di Psicologia Investigativa. Di che si tratta? Di quali tecniche dispone? Cerchiamo di offrire una breve e sintetica panoramica su questa importantissima materia.
La psicologia investigativa riguarda lo studio delle modalità con cui possono essere valutate e comprese le azioni delittuose e criminali, allo scopo di identificarne l’autore. Il presupposto psicologico fondamentale è che il comportamento è l’espressione della personalità e dallo studio delle azioni è possibile risalire alla struttura mentale dell’autore, sia quando queste sono “normali” sia nel caso si tratti di azioni criminali.
La psicologia investigativa inoltre orienta tutto il processo con cui vengono prese le decisioni (decision making) in campo investigativo. Lo studio del decision making investigativo riguarda l’individuazione delle modalità psicologiche con cui vengono effettuate le scelte tra le differenti opzioni di ricerca, come ad esempio la selezione dei possibili sospetti, la restrizione del campo della ricerca, l’elaborazione di ipotesi investigative e la selezione tra di esse. E’ un modo di ragionare secondario, conseguente e correlato al modo di ragionare del criminale (offender).
Nella psicologia investigativa vengono individuati tre fondamentali processi metodologici, caratteristici di una indagine condotta con efficienza ed efficacia: l’informazione, l’azione, l’inferenza.
La metodologia operativa, proposta dalla psicologia investigativa, si basa sullo studio sistematico e scientifico delle informazioni, sulla elaborazione di schemi decisionali a supporto delle decisioni e delle azioni, sulla successiva “inferenza” sull’attività criminale finalizzata all’individuazione di protocolli delinquenziali utili per la stesura dei profiling psicologici. L’obiettivo della psicologia investigativa è dunque l’allestimento e la messa a punto di nuovi strumenti d’indagine, in grado di migliorare l’efficacia delle investigazioni.
1. Le informazioni – La fase dell’informazione si basa sulla raccolta e sulla valutazione di tutte le informazioni tratte dai vari report sul crimine, come ad esempio, i verbali, le registrazioni, le fotografie, l’analisi della scena del crimine. In questa prima fase è importante raccogliere, collegare ed utilizzare tutte le informazioni che si hanno a disposizione. Le informazioni raccolte possono già permettere l’elaborazione di una prima lista dei possibili sospetti.
Per avere una validità investigativa le informazioni devono scendere su tutti i possibili dettagli. E’ necessario infatti raccogliere il maggior numero possibile di dettagli, soprattutto per quanto riguarda le interviste e gli interrogatori. Per gli interrogatori è necessario utilizzare i criteri psicologici della “cognitive interview”, criteri che si basano sul riconoscimento dei ricordi e non sul loro semplice richiamo. Nella “cognitive interview” si usano importanti accorgimenti che sono in grado di aiutare i processi mnesici nel riconoscimento di attendibili dettagli, determinati in questa fase di raccolta dei dati.
La memoria infatti funziona come un processo di attiva ricostruzione dei ricordi e non come un semplice e passivo richiamo di dati. Con la “cognitive interview” si facilita anche il riconoscimento degli stimoli e delle sensazioni, utilizzando anche tutte le possibili differenti prospettive con cui è possibile visualizzare la scena del crimine. Appare superfluo sottolineare quanto sia determinante saper stabilire una buona relazione tra interrogante ed interrogato.
Interrogando e riconoscendo i ricordi si ha che più si scende nei dettagli, più si migliora il processo mnemonico del richiamo dei ricordi e maggiormente migliora anche l’accuratezza di questi. Un po’ come avviene, ad esempio, con la ricostruzione del volto al photo-fit.
Nel raccogliere le informazioni è importante anche saper valutare la fonte, cioè l’attendibilità o meno dei testimoni. Per età, stato emotivo e capacità intellettive limitate è necessario individuare da subito quali sono i testimoni psicologicamente “vulnerabili”. Essi, potendo essere oggetto di suggestione, ansia o confusione, possono rendere le loro informazioni non attendibili.
Altrettanta cura deve essere posta nella individuazione e nella valutazione delle false confessioni. Possono esserci confessioni di crimini mai commessi per gli stessi problemi psicologici presenti nei testimoni “vulnerabili”.
È sempre necessario saper valutare la suggestionabilità di un soggetto, in risposta alle costrizioni psicologiche e fisiche, prima di giudicare attendibili le loro dichiarazioni.
Nella fase di raccolta delle informazioni è necessario stabilire il grado di validità delle informazioni raccolte. Molte Polizie usano per questo uno strumento scientifico detto “statement validity assessment” per differenziare le informazioni vere da quelle false. E’ una tecnica, messa a punto in Germania, in cui si struttura un assessment di base con cui è necessario confrontare tutte le informazioni che si raccolgono.
La menzogna infatti è sempre in agguato, soprattutto se la fonte di informazioni è il sospettato stesso. E’ possibile che ciò che lui affermi non si tratti di solo ricordo. Possono essere presenti elementi aggiuntivi verbali e comportamentali che, secondo gli studi di Paul Ekman, sono degli indicatori di menzogna. Per smascherare la menzogna sono utilizzati anche i poligrafi, le famose “macchine della verità”, che si basano sullo studio dei pattern psicofisiologici con cui si esprime la verità e la menzogna.
Recentemente sono state allestite delle prove specifiche giudicate molto attendibili dagli esperti dell’FBI. Tali prove sono dette “Control Question Test” (con differenziazione delle risposte vere da quelle false), oppure si può utilizzare il “Guilty Knoweledge Test” (con la valutazione della conoscenza “colpevole” di dati ed informazioni che solo l’autore del delitto è in grado di sapere).
2. Le decisioni e le azioni – Una volta raccolte ed analizzate tutte le informazioni si passa alla fase successiva della scelta delle decisioni investigative da assumere e quindi al comportamento da mettere in atto. Il processo di decision making e le conseguenti azioni, se corrette, dovrebbero condurre all’individuazione dell’autore del delitto.
Assumere le decisioni può spesso rappresentare un problema rilevante in quanto si tratta di decidere in condizioni soggettive di incertezza, con forti carichi emozionali, con dinamiche ambientali ed organizzative non sempre favorevoli e con informazioni spesso di dubbia attendibilità. In queste condizioni gestire oggettivamente tutti i fattori che influenzano i processi di pensiero degli investigatori non è proprio facile. E’ necessario quindi affidarsi a strumenti oggettivi, per cui possono essere utilizzati degli strumenti psicologici di supporto alle decisioni, come il brainstorming e le tecniche del problem solving, con l’obiettivo di una maggiore oggettività ed efficienza nell’amministrazione delle informazioni.
E’ importante poter visualizzare, con diagrammi, con grafici, con supporti visivi di ogni tipo, tutti i dati di riferimento dell’indagine in corso. Visualizzare i dati, come spesso accade in grandi bacheche o lavagne, è di particolare utilità nella crime analysis. Per una adeguata oggettività è necessario saper descrivere il crimine attraverso l’identificazione delle caratteristiche salienti dei delitti e dei criminali, come ad esempio avviene con le “mappe” che mostrano i luoghi dove la frequenza dei crimini è più elevata (“crime hot spot”, o profilo geografico del delitto).
3. Le inferenze – I risultati delle scelte investigative devono essere valutati ed analizzati al fine di stabilire le linee generali con cui avviene un certo tipo di delitto, si manifesta un certo tipo di criminale e ci si deve orientare nelle indagini. Le inferenze aiutano a rappresentare gli schemi del comportamento criminale su cui è possibile formare un modello da utilizzare nelle attività di profiling investigativo.
Un esempio di inferenza riguarda l’analisi degli elementi legati al crimine che concorrono o meno in un dato tempo e luogo. Un risultato dell’inferenza di questo tipo è la conoscenza che il vandalismo giovanile è maggiore vicino alle scuole e verso la fine dell’anno scolastico. Un altro esempio potrebbe riguardare l’allestimento di uno schema sull’età e sul profilo geografico di tutti i condannati per un certo tipo di reato.
Attraverso le inferenze è possibile stabilire i pattern comportamentali espressi dai vari tipi di “offender” sulla scena del crimine. In base ai pattern è possibile stilare una classificazione empirica in grado di orientare sia le strategie preventive che quelle investigative e di produrre gli elementi più utili per la stesura di un profiling.
E’ l’analisi dell’inferenza che riesce a stabilire le correlazioni tra gli aspetti diversi di uno stesso crimine o di crimini differenti. Ad esempio stabilire il legame tra luogo di residenza della vittima e luogo di azione del crimine, per produrre successivamente delle ipotesi investigative sul luogo di residenza del criminale, da utilizzare nel profiling.
Inferenze appropriate sono dette le deduzioni che si effettuano in base agli elementi che si incontrano sulla scena del crimine. Il profiling in fondo è una sequenza di deduzioni che si basano sulle osservazioni e sulle analisi effettuate su quel tipo di crimine. Raccogliere quante più informazioni possibili su un ampio numero di casi e verificare come questi elementi concorrono fra loro significa produrre delle inferenze investigative.
Con le inferenze investigative si collega la crime scene action (A) osservabile sul teatro del delitto con le caratteristiche dell’offender (C). Si stabilisce quindi una equazione tra scena ed autore, detta “(A)v(C)”, nota agli investigatori come equazione di profilo. Lo studio di un determinato comportamento, registrato sulla scena del crimine, consente delle inferenze utili ai fini investigativi. Le variabili contenute in (A) sono gli elementi della scena del crimine che sono conosciuti prima che il criminale sia identificato. Le variabili contenute in (C) sono le informazioni sull’offender, la sua storia, il suo stile di vita, la sua carriera criminale e le sue caratteristiche socio-demografiche, raccolte dopo la sua identificazione e cattura.
Per le equazioni di profilo investigativamente valide è essenziale che i due elementi dell’equazione, scena ed autore, siano stabili. La stabilità degli elementi consente la costruzione di modelli inferenziali utili ed in grado di orientare efficacemente le decisioni degli investigatori.
Ogni tipo di delitto possiede caratteristiche di consistenza e di stabilità simili e le equazioni di profilo producono risultati simili in tutti gli offender. Tuttavia la maggior parte dei criminali abituali commette un ampio ventaglio di reati e non può essere considerato specializzato. È necessario quindi saper costruire anche delle inferenze dette “differenziali”, in grado di costruire un modello comportamentale che consideri sia gli aspetti comuni ad altri offender che aspetti caratteristici di uno specifico offender. La peculiarità di un offender costituisce la base produttiva di inferenze differenziali utili a restringere il campo dei sospetti e non disperdere quindi tempi ed energie in ricerche infruttuose.
I fattori dell’equazione di profilo, la scena e l’autore, possono cambiare nel tempo perché il modus operandi può evolvere. Sono state osservate infatti varie forme di sviluppo e cambiamento del modo di agire dell’offender. Il modus operandi può cambiare per contesti o vittime differenti che hanno reso necessario uno stile relazionale diverso, una sorta di richiesta plasticità comportamentale. Ci può essere la “maturazione” dell’offender, per l’acquisizione di competenze dovute all’età, all’esperienza, alla professione. Si possono sviluppare anche delle utili inferenze sulla maturità della persona (da cui è possibile ricavare l’età del criminale) e sulla futura attività criminale, sia sulla scelta delle vittime che i tempi di azione. Il grado di esperienza espresso durante un reato suggerisce lo stadio dello sviluppo criminale ed inferisce sul futuro di questa. L’offender apprende sempre delle informazioni utili per la sua attività sia dall’esperienza che dai propri errori. Uno stesso offender commette errori che producono sempre una modificazione, un miglioramento, del suo comportamento.
Infine il cambiamento può avvenire anche in senso degenerativo, per la crescente ansia di compiere il delitto che inficia la lucidità e la razionalità del comportamento. Studi in questo senso hanno dimostrato che, di norma, i crimini più gravi sono compiuti da persone con alle spalle crimini di minore gravità, tranne che per i reati sessuali gravi.
Da questi studi si possono stabilire anche le caratteristiche della personalità del criminale, cioè è possibile ricostruire le dinamiche costitutive della personalità che esprime atti e comportamenti criminali. Nella personalità del criminale si sviluppa una dinamica di questo tipo:
a - criminogenesi – convinzione di essere sottoposto ad una ingiustizia in grado di generare una forte frustrazione;
b - criminodinamica – un instabile equilibrio psichico che chiede una azione riparatrice dell’ingiustizia o sanatrice della frustrazione;
c - l’azione criminale – l’esecuzione dell’atto delittuoso ed il ristabilimento dell’equilibrio psicologico.
I tratti psicologici determinanti lo sviluppo di questa dinamica sono riconducibili a: egocentrismo, labilità emotiva, aggressività (intesa come capacità di affrontare gli ostacoli), indifferenza affettiva (verso la vittima).
Si è parlato anche della sindrome della personalità criminale, caratterizzata dai tratti antisociali con fantasie di dominio, di potere, di trionfo.
Tuttavia non esiste una tipologia psicologica universalmente riconosciuta per gli autori di reato. I più frequenti, circa nel 50% dei casi, sono quadri psicologici appartenenti alle personalità antisociali (caratterizzate dall’assenza di rimorso), borderline (caratterizzate dall’instabilità e dall’impulsività), narcisistica (caratterizzata dall’egocentrismo). Per tutte le differenti tipologie di personalità si ha sempre che l’atto criminale sia un atto razionale, consapevole e deliberatamente scelto. Non lo è in caso di malattia mentale o per effetto delle sostanze stupefacenti. L’obiettivo dell’atto criminale è scaricare o alleggerire una tensione psicologica, fonte di instabilità affettiva. Serve quindi a compensare un bisogno, appagare un desiderio, fare giustizia di una frustrazione.
L’azione criminale è sempre preceduta da ruminazioni, fantasie, desideri, per cui prima di essere messa in atto viene più e più volte vissuta nella propria mente. Gli atti criminali sono quindi atti studiati e premeditati sulla basi di un pensiero ossessivo e ricorrente che “tutto è fattibile se serve a soddisfare i miei desideri e le mie emozioni”.



Elementi deducibili dall’equazione di profilo (A)v(C)

1. caratteristiche dell’offender

2. informazioni utili all’identificazione del criminale

3. ambito in cui cercare il criminale

4. altri crimini che possono essere stati commessi dalla stessa persona

5. la lista delle persone sospette

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari