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febbraio/2004 - Interviste
Pubblicazioni
La Polizia e i suoi Capi
di Valter Vecellio

Un volume di Annibale Paloscia e Maurizio Salticchioli, ripercorre la storia della Pubblica sicurezza italiana: un libro per meglio conoscere i momenti cruciali del nostro passato

Cos’è un poliziotto – o, a scelta – uno “sbirro”, un celerino? Siamo abituati a vederli mentre vegliano sulla nostra sicurezza; chiediamo loro di rassicurarci, quando nessun altro sa rassicurarci. La cronaca quotidiana racconta dei loro sacrifici, di come mettono a repentaglio spesso la loro vita e tante volte sono chiamati a sacrificarla: per salvaguardare noi, la nostra sicurezza, le nostre proprietà. E ci sembra normale, lo mettiamo in conto: in fondo, è per questo che sono pagati, anche se con quattro soldi.
I poliziotti – o, a scelta: gli “sbirri”, i celerini – sono uomini e donne come noi, ma indossano una divisa: per questo a loro chiediamo di più: di non perdere la testa, quando noi la perdiamo, e magari anche loro vorrebbero perderla; di aver fiducia, quando siamo sfiduciati, e magari anche loro vorrebbero piangere o urlare di rabbia; di non essere mai stanchi, anche quando sono a pezzi; di avere una soluzione a ogni problema, e di saper parlare il linguaggio del cuore e dell’intelligenza, anche quando hanno consumato tutte le parole di tutti i vocabolari. Al poliziotto, insomma, chiediamo di poter contare su di loro, quando solo su di loro si può contare. Questo è un poliziotto, o, a scelta: uno sbirro, un celerino.
E tuttavia, un bel paradosso: cosa sappiamo di loro, della loro stessa istituzione: cosa conosciamo? A parte la “riconoscibilità” per via della divisa; il numero telefonico da chiamare, in caso di necessità; la sicurezza o – anche, capita anche questo – il fremito di fastidio quando sono tra noi, che cos’è un poliziotto, cos’è la Polizia stessa?
Per questo è opportuna una pubblicazione come “I capi della polizia”, un volume curato da Annibale Paloscia e Maurizio Salticchioli (Laurus Robuffo editore, pagg.285). È un libro che racconta la storia della sicurezza pubblica, attraverso le strategie del Viminale. Un libro, osserva lo storico e saggista Paolo Mieli, che colma una lacuna della nostra storiografia: “l’assenza di una vera e propria storia della Polizia italiana. Gli storici del nostro Paese non si sono fino a oggi mai applicati ad uno studio organico dell’ordine pubblico e della struttura preposta a garantirlo e a custodirlo dal 1861 ai tempi nostri. Esistono, certo, analisi sintetiche o di periodi specifici. Ma non un testo di riferimento per chi abbia desiderio di occuparsi della materia nel suo insieme”.
In questo libro il lettore troverà schede, dati, racconti, una enorme quantità di informazioni. Si comincia con il “ritratto” di Nicola Amore, “nato nel 1828 nel Regno delle Due Sicilie (a Roccamonfina, in provincia di Caserta), e preposto alla guida della Pubblica sicurezza con il rango di Direttore superiore ai tempi del secondo governo Ricasoli, tra il luglio del 1866 e l’aprile del 1867…”. Uno di quegli alti funzionari, Amore, che “hanno retto l’intelaiatura dello Stato in una stagione di ‘transito’ tra un’epoca e un’altra”. E del resto, sono molti gli “uomini di frontiera” che hanno dato un contributo fondamentale a tenere insieme un Paese squassato da mille spinte e realtà diverse e spesso contrapposte: da Giacomo Vigliani, capo della Polizia tra il 1911 al 1922, a Francesco Crispo Moncada, che ricoprì l’incarico tra il 1924 e il 1926, quando il fascismo divenne regime, e si impegnò personalmente nella lotta alla mafia con “caratteri” interessanti da studiare, e via, fino ai giorni nostri: da Luigi Ferrari ad Angelo Vicari, da Efisio Zanda Loy a Giuseppe Parlato e Vincenzo Parisi…
Un libro per conoscere momenti anche cruciali del nostro passato, e del nostro presente. La nostra storia, insomma.

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